Nascita e famiglia
Angelo Giuseppe Roncalli nacque a Sotto il Monte, precisamente nella frazione Brusicco, in provincia e diocesi di Bergamo, il 25 novembre 1881. Era il quarto dei tredici figli, nonché il primo maschio, di Giovanni Battista Roncalli e Marianna Mazzola, contadini. Fu battezzato la sera stessa del 25 novembre nella chiesa di Santa Maria, vicina alla casa della sua famiglia.
Oltre ai genitori, fu fondamentale nella sua educazione alla fede il prozio Zaverio Roncalli, primo degli zii del padre. Rimasto celibe, si dedicò alla cura dei numerosi pronipoti: di Angelo Giuseppe fu anche padrino di battesimo.
Il bambino trascorse i primi anni nel cascinale detto “Palazzo” perché molto ampio, mentre i genitori lavoravano come mezzadri per i conti Morlani di Bergamo. Nel 1893, anche a causa dell’aumento dei figli, la famiglia Roncalli, che comprendeva anche il nonno Angelo e altri parenti, traslocò nella cascina “La Colombera”.
La prima istruzione
Angelo iniziò a frequentare le elementari nell’ottobre 1887, prima a Ca’ Maitino, poi a Bercio, in una pluriclasse maschile. Negli stessi anni cominciò a seguire le lezioni di catechismo tutte le domeniche. Il 13 febbraio 1889, a Carvico, ricevette la Cresima e il 31 marzo 1889 la Prima Comunione, nella chiesa di Santa Maria a Brusicco.
Sia perché mostrava una notevole capacità negli studi, sia per la sua inclinazione verso la religione, i genitori decisero di fargli prendere lezioni private a Carvico da don Luigi Bonardi e don Pietro Bolis, due sacerdoti amici del suo parroco, don Francesco Rebuzzini.
Con quel bagaglio di conoscenze, Angelo affrontò la terza ginnasiale nel Collegio vescovile di Celana, nell’anno scolastico 1891-’92. Trovandosi lontano da casa, in mezzo a ragazzi maggiori d’età e di condizione sociale più elevata, incontrò le prime difficoltà: nel luglio 1892, perciò, non si presentò agli esami finali. Si diede quindi a uno studio ancora più intenso sotto la guida di don Rebuzzini, così da poter essere ammesso nel Seminario di Bergamo.
In Seminario a Bergamo
Negli esami sostenuti il 5 e il 6 ottobre 1892, Angelo riuscì molto bene e venne ammesso a frequentare la terza ginnasiale nel Seminario di Bergamo. Entrò ufficialmente il 7 novembre 1892, anche grazie agli aiuti economici che gli fornirono il suo parroco e uno dei proprietari dei campi lavorati dalla famiglia Roncalli, don Giovanni Morlani.
Gli inizi non furono facili, ma Angelo si fece presto notare sia per l’impegno sui libri, sia per la propensione alla preghiera. Nel giugno 1895 ricevette l’abito talare e fu ammesso tra i candidati agli Ordini minori.
Studi teologici e servizio militare
Il 4 gennaio 1901 iniziò la II Teologia, ma non a Bergamo, bensì a Roma: era stato scelto, con altri due compagni, come beneficiario di una borsa di studio per chierici poveri. Divenne quindi allievo del Pontificio Seminario Romano dell’Apollinare.
A causa del servizio militare, tuttavia, dovette interrompere gli studi: nel luglio 1901 chiese volontariamente che gli venisse anticipato il periodo del servizio in modo che il fratello Zaverio non lasciasse il lavoro nei campi. Per dodici mesi, quindi, fu arruolato nel 73° reggimento fanteria e destinato nella caserma Umberto I di Bergamo: il 30 novembre 1902 fu congedato.
Ordinazione sacerdotale e primi incarichi
Il 13 luglio 1904 conseguì il dottorato in Sacra Teologia. Quasi un mese dopo, il 10 agosto 1904, fu ordinato sacerdote nella chiesa di Santa Maria in Montesanto, in piazza del Popolo a Roma. Gli fu chiesto dal rettore del Seminario Romano di restare per approfondire gli studi di Diritto Canonico, ma dovette interromperli: nel febbraio 1905, infatti, fu scelto come segretario da monsignor Giacomo Maria Radini Tedeschi, vescovo di Bergamo.
Fu al suo fianco per dieci anni, durante i quali ebbe altri compiti: docente in Seminario di Storia ecclesiastica, Patrologia e Apologetica, direttore e fondatore nel 1909 del periodico “La vita diocesana”, responsabile del movimento cattolico femminile. Imparò quindi a conoscere nuove realtà della Chiesa, ma dovette difendersi anche dalle accuse di modernismo.
Cappellano militare e direttore spirituale
Monsignor Radini Tedeschi morì nel 1914: l’anno seguente, don Roncalli fu arruolato nell’esercito per la prima guerra mondiale. Come accadeva ai sacerdoti, fu inserito nei reparti di Sanità: inizialmente come sergente, poi, dal 1916, come tenente cappellano. Riusciva però a seguire ugualmente le attività di cui era responsabile in quanto fu inviato a Bergamo, che era stata dichiarata città ospedaliera.
Alla fine del conflitto, curò l’apertura di diverse Case dello studente, legate alla nuova responsabilità verso i giovani studenti bergamaschi. In più, dal 1919, fu direttore spirituale in Seminario.
Alla guida dell’Opera per la Propagazione della Fede in Italia
Nel dicembre 1920 papa Benedetto XV lo rivolle a Roma, come presidente del Consiglio centrale dell’Opera per la Propagazione della Fede in Italia. Don Roncalli inizialmente era sul punto di rifiutare: aveva tanti compiti a Bergamo e, peraltro, non si sentiva all’altezza. Alla fine accettò, in ubbidienza al Pontefice e alla volontà di Dio, che parlava attraverso di lui.
Per far conoscere l’Opera e raccogliere fondi, viaggiò per i vari centri di animazione missionaria, italiani ed esteri: visitò più della metà delle diocesi italiane. In vista dell’Esposizione missionaria vaticana allestita per l’Anno Santo 1925, fu incaricato della stampa di propaganda. Nel novembre 1924, poi cominciò a insegnare Patrologia al Seminario del Laterano.
Vescovo e Visitatore apostolico in Bulgaria
Nel febbraio 1925 fu nominato Visitatore apostolico in Bulgaria: il 19 marzo seguente fu ordinato vescovo, col titolo di Areopoli. Scelse come motto episcopale «Oboedientia et pax», “Obbedienza e pace”.
La sua permanenza in Bulgaria doveva essere a breve termine, ma le difficoltà che dovette incontrare la protrassero per circa dieci anni. La situazione dei cattolici bulgari, sia di rito latino, sia di rito orientale, lo richiedeva: era segnata da una povertà diffusa e dalla tensione con la vicina Turchia.
Monsignor Roncalli fece del suo meglio per riallacciare i rapporti tra la Chiesa, il governo e la casa reale bulgara, mentre imparava a conoscere la varietà dei riti e cercava di alleviare le miserie della popolazione.
In Turchia
Il 27 novembre 1934 segnò una nuova destinazione per monsignor Roncalli: venne inviato alla Delegazione apostolica di Turchia e Grecia, che aveva contribuito a fondare nel 1931. Allo stesso tempo, fu nominato amministratore apostolico dei latini di Costantinopoli.
Nella Turchia proclamata “Stato aconfessionale” si adoperò perché i cattolici non si sentissero esclusi dalla vita della società e cercò di mediare con il governo. In Grecia, invece, riuscì dopo molto tempo a migliorare le relazioni col Patriarca e coi metropoliti ortodossi, organizzando i primi passi per il cammino ecumenico, incoraggiato da Pio XI e Pio XII.
Durante la seconda guerra mondiale, in Turchia, rimasta neutrale, affluirono numerosi profughi, ebrei e non solo. Monsignor Roncalli intervenne spesso in loro favore, sia chiedendo aiuti alle organizzazioni internazionali e alla Santa Sede, sia, per quanto possibile, agendo di persona.
Nunzio apostolico a Parigi
Un ulteriore incarico di grande responsabilità fu quello a cui venne chiamato da papa Pio XII: il 6 dicembre fu nominato Nunzio apostolico a Parigi. La Francia dell’epoca era appena uscita dalla Liberazione e stava avviando un processo di laicizzazione dello Stato.
Monsignor Roncalli dovette mettere in campo tutte le sue doti umane e le sue competenze per affrontare questioni spinose come l’ingerenza statale nelle nomine dei vescovi, la richiesta di sussidi statali da parte delle scuole cattoliche e l’esperienza dei preti operai.
Visitò molte diocesi francesi, anche nelle colonie come all’epoca era l’Algeria, unendo all’abilità diplomatica un’attenta azione pastorale.
Cardinale
Nell'ultimo Concistoro tenuto da Pio XII, il 12 gennaio 1953, monsignor Roncalli fu creato cardinale prete del titolo di Santa Prisca e, contemporaneamente, nominato Patriarca di Venezia.
Secondo un’antica prerogativa, ora non più in vigore, se un Nunzio chiamato a essere cardinale aveva prestato servizio per l’ultima volta in un paese cattolico per tradizione, il capo dello Stato avrebbe potuto sostituire il Papa nell’imporre la berretta cardinalizia. Nel caso di monsignor Roncalli, fu il presidente francese Vincent Auriol.
Patriarca di Venezia
Il cardinal Roncalli giunse a Venezia il 15 marzo 1953. Nella prima omelia tenuta nella Basilica di San Marco fece subito capire ai suoi nuovi fedeli come avrebbero dovuto considerarlo: “Non guardate dunque al vostro Patriarca come a un uomo politico, a un diplomatico, cercate il sacerdote, il pastore d’anime, che esercita tra voi il suo ufficio in nome del Signore”.
Effettivamente s’impegnò realmente come pastore: ricercò l’incontro con ogni categoria di fedeli, compì una visita pastorale negli anni 1954-1957 e indisse il Sinodo diocesano dal 25 al 27 ottobre 1957. Pur restando fedele alle indicazioni della Santa Sede, osservò con attenzione i mutamenti sociali ed ecclesiali, favorendo un confronto autentico grazie al suo carattere al tempo stesso equilibrato e disponibile.
Giovanni XXIII, 261° Papa
Nel Conclave seguito alla morte di papa Pio XII, gli succedette, il 28 ottobre 1958, proprio il cardinal Roncalli, settantasettenne: assunse, ventitreesimo tra i Pontefici legittimamente eletti, il nome di Giovanni. Come già a Venezia, così il giorno dell’incoronazione, il 4 novembre, ribadì che la sua missione da Papa doveva essere soprattutto pastorale.
Più nel concreto, sia in centro, sia in periferia visitò parrocchie, ospedali e carceri: quel suo stile di vicinanza gli valse da parte prima dei soli romani, poi di tutto il mondo, l’appellativo di “Papa della bontà” o di “Papa buono”.
Il Concilio Vaticano II
Dopo aver a lungo pregato ed essersi consultato, tra gli altri, col Segretario di Stato, il cardinal Domenico Tardini, papa Giovanni XXIII prese una decisione inaspettata. Il 25 gennaio 1959, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, annunciò l’indizione del Concilio Ecumenico Vaticano II. In contemporanea, comunicò anche l’indizione di un Sinodo diocesano per Roma, dal 24 al 31 gennaio 1960, e l’aggiornamento del Codice di Diritto Canonico, con un’apposita commissione.
Lo scopo del Concilio Vaticano II, come fece presente il Pontefice nel discorso d’apertura, l’11 ottobre 1962, doveva essere che la Chiesa desse nuove risposte di fronte ai problemi e alle sfide della società contemporanea. La dottrina non doveva variare, né dovevano essere definite nuove verità di fede: bisognava invece ripresentare il contenuto della fede agli uomini del tempo.
Deciso a opporre ad atteggiamenti di condanna e di contrapposizione quelli improntati al dialogo e alla comprensione, volle che tra gli osservatori del Concilio ci fossero anche esponenti delle varie confessioni cristiane.
Il suo messaggio nelle encicliche
Otto furono le lettere encicliche di Giovanni XXIII. In quelle del 1959 appaiono evidenti i temi della conoscenza della verità («Ad Petri cathedram»), della preghiera, anche tramite la devozione del Rosario («Grata recordatio), della fedeltà nel sacerdozio («Sacerdotii nostri primordia», per il primo centenario della morte del Santo Curato d’Ars), delle missioni («Princeps pastorum»).
NellL’enciclica «Mater et magistra» del 1961, invece, ripresentava il magistero sociale della Chiesa a settant’anni dalla «Rerum novarum» di Leone XIII. Nello stesso anno, in occasione del quindicesimo centenario della morte di san Leone Magno, scrisse l’«Aeterni Dei sapientia».
Con l’enciclica «Paenitentiam agere» del 1962 raccomandò a tutti i fedeli di offrire preghiera e penitenza per il buon esito dei lavori del Concilio Vaticano II. Infine, con la «Pacem in terris» del 1963, prima enciclica indirizzata anche «a tutti gli uomini di buona volontà», espresse i concetti della pace e del giusto ordine sociale.
I Santi, i Beati e i Cardinali di Giovanni XXIII
Nel corso del suo pontificato, papa Giovanni XXIII ha beatificato cinque candidati agli altari nel corso di altrettante cerimonie. Particolarmente significativa fu quella del 19 marzo 1963, nella quale beatificò don Luigi Maria Palazzolo, sacerdote bergamasco e fondatore delle Suore delle Poverelle: per lui nutriva da tempo una grande devozione.
Quanto ai Santi da lui proclamati, sono nove nel corso di sei cerimonie. A essi va aggiunta la canonizzazione equipollente, voluta dallo stesso Pontefice, di Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova, una figura che gli era molto cara sin dai primi tempi del suo sacerdozio.
Ha poi attribuito il titolo di Dottore della Chiesa a san Lorenzo da Brindisi («Doctor apostolicus»), con la Lettera apostolica «Celsitudo ex humiltate» del 19 marzo 1959, mentre il 2 marzo 1962 ha proclamato santa Bona da Pisa patrona delle assistenti dei viaggiatori (o hostess) italiane. Infine, con il decreto «Novis hisce temporibus» della Sacra Congregazione dei Riti, datato 13 novembre 1962, alla fine del primo periodo del Concilio Vaticano II, ha stabilito l’introduzione del nome di san Giuseppe, sposo della Vergine Maria, nel Canone Romano o Preghiera Eucaristica I.
Nel corso di cinque distinti concistori, ha poi creato cinquantadue nuovi Cardinali, eliminando anche il numero chiuso per il Collegio cardinalizio.
Gli ultimi anni e la morte
Il riconoscimento del suo impegno arrivò, nella primavera del 1963, con l’attribuzione del Premio Balzan per la pace. Era una conseguenza, tra l’altro, del suo intervento durante la crisi di Cuba, nell’ottobre precedente.
Tuttavia, già dal novembre 1962, Giovanni XXIII era gravemente malato: gli era stato diagnosticato un tumore allo stomaco. Credenti e non in tutto il mondo seguirono con apprensione l’avanzare della malattia, fino al giorno della morte, il 3 giugno 1963.
La causa di beatificazione
Già il 18 novembre 1965 il suo successore, papa Paolo VI (Beato dal 2014), annunciò di voler procedere all’avvio della sua causa di beatificazione: accoglieva così la proposta di alcuni Padri conciliari, che avrebbero voluto canonizzarlo per acclamazione.
Il processo informativo cominciò nel 1967 e si concluse nel 1974; il 6 maggio 1988 fu emesso il decreto di convalida. La “Positio super virtutibus”, consegnata nel 1997, fu esaminata il 15 marzo 1999 dai Consultori teologi e, il 19 ottobre seguente, dai Cardinali e Vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi, con valutazioni positive in entrambi i casi. Così, il 20 dicembre 1999, papa Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto con cui papa Giovanni XXIII veniva dichiarato Venerabile.
Il miracolo e la beatificazione
Come potenziale miracolo per ottenere la beatificazione fu preso in esame il caso di suor Caterina Capitani, Figlia della Carità di San Vincenzo de’ Paoli. Molto grave a causa di una gastrite ulcerosa emorragica, aveva subito quattordici operazioni chirurgiche. Le consorelle, sapendo della sua grande venerazione per papa Giovanni XXIII, le posero una sua immagine sullo stomaco e iniziarono una novena a lui.
Il 25 maggio 1966, terzo giorno della novena, a suor Caterina parve di vedere proprio papa Giovanni davanti a sé. La rassicurò, poi aggiunse: «Me l’avete strappato dal cuore questo miracolo». Immediatamente, la suora si sentì meglio e ben presto fu dichiarata guarita; è morta nel 2010, per cause estranee alla precedente malattia.
L’inchiesta diocesana sull’asserito miracolo fu celebrata a Napoli, dov’era accaduto il fatto, dal 1968 al 1971; fu confermata nella sua validità il 20 marzo 1993. La Consulta medica della Congregazione delle Cause dei Santi, il 22 aprile 1999, stabilì con voto unanime l’inspiegabilità scientifica della guarigione, mentre i consultori teologi, l’8 gennaio 2000, confermarono il nesso tra l’accaduto e l’intercessione di papa Roncalli.
Dopo che anche i Cardinali e i Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi ebbero dato il loro parere positivo, il 18 gennaio 2000, papa Giovanni Paolo II autorizzò, il 27 gennaio 2000, la promulgazione del decreto con cui la guarigione di suor Caterina Capitani era dichiarata inspiegabile, completa, duratura e ottenuta per intercessione di papa Giovanni XXIII.
La sua beatificazione fu celebrata in piazza San Pietro a Roma il 3 settembre 2000, nel corso del Grande Giubileo. La memoria liturgica fu quindi fissata al 3 giugno, giorno della sua nascita al Cielo. Nelle diocesi di Milano e Bergamo, invece, fu spostata all’11 ottobre, giorno d’apertura del Concilio Vaticano II.
La canonizzazione
Il 2 luglio 2013 l’assemblea plenaria dei Cardinali e dei Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi affrontò la questione se fosse possibile canonizzare il Beato Giovanni XXIII senza la dimostrazione, come da prassi, di un ulteriore miracolo: è la procedura detta “pro gratia”.
Tre giorni dopo, il 5 luglio, papa Francesco dava l’autorizzazione a procedere in tal senso, per via dell’attualità dell’esempio e dell’insegnamento di quel suo predecessore. Il 30 settembre 2013 è stata annunciata la data della canonizzazione, celebrata quindi il 27 aprile 2014, unitamente a quella del Beato Giovanni Paolo II.
Il culto e il ricordo
Le spoglie mortali di san Giovanni XXIII, sepolte dopo la morte nelle Grotte Vaticane, sono state traslate il 3 giugno 2001 all’interno della Basilica di San Pietro a Roma, precisamente nella navata destra, sotto l’altare di San Girolamo.
Anche i luoghi delle sue radici, ossia Sotto il Monte (ora Sotto il Monte Giovanni XXIII) e Ca’ Maitino (dove trascorreva le vacanze negli anni in cui era in servizio in Bulgaria), sono diventati da tempo mete di pellegrinaggi.
Sin dopo la sua morte gli sono state dedicate vie, piazze, scuole in tutta Italia, sia col nome da Pontefice, sia, più raramente, con quello al secolo. Nel 1968 don Oreste Benzi, sacerdote della diocesi di Rimini (per il quale è in corso il processo di beatificazione), ha dato il suo nome alla Comunità Papa Giovanni XXIII, impegnata nel contrastare le varie forme di emarginazione e di povertà.
Con decreto del 17 giugno 2017, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, in virtù delle facoltà concesse da papa Francesco, ha dichiarato san Giovanni XXIII Patrono presso Dio dell’Esercito Italiano. La ragione di quest’attribuzione risiede nell’impegno che, da cappellano militare, lui impiegò per promuovere le virtù cristiane tra i soldati, insieme alla dedizione per la causa della pace e all’esempio costituito da tutta la sua vita.
Autore: Emilia Flocchini
Nell’aria c’era già l’odore dell’estate, ma il giorno era triste. Quel 3 giugno 1963 una luce si spegneva nel mondo: il “Papa buono” era morto. Calde lacrime solcavano il viso delle tante persone che appresero in quei momenti la notizia della sua scomparsa. Nel suo breve ma intenso pontificato, durato poco meno di cinque anni, Papa Giovanni era riuscito a farsi amare dal mondo intero, che adesso ne piangeva la perdita.
Ma già subito dopo la sua morte incominciava il fervore della devozione popolare, che doveva avvolgere la sua figura di una precoce quanto indiscussa aureola di santità, e prendeva avvio il processo di beatificazione: un lavoro ciclopico, durato ben 34 anni, con l’avvicendarsi di diversi Postulatori e montagne di documenti da vagliare prima di pronunciarsi sulla sua eroicità. (…)Il 12 ottobre 1958 Angelo Roncalli era partito alla volta di Roma per partecipare insieme agli altri cardinali al conclave, ma non immaginava assolutamente di essere eletto Papa. Il suo desiderio era sempre stato quello di essere un pastore di anime, modesto e semplice come un parroco di campagna.
Era nato a Sotto il Monte, piccolo borgo del bergamasco, il 25 novembre 1881, figlio di poveri mezzadri che lo battezzarono il giorno stesso della sua nascita nella locale Chiesa di S. Maria; la stessa dove, divenuto prete, avrebbe celebrato la sua prima Messa, il 15 agosto 1905, festa dell’Assunzione.
Angelino era molto intelligente e terminò le scuole in un lampo, tanto che in seminario era il più giovane della sua classe. A 19 anni aveva completato i corsi, ma per la legge ecclesiastica non poteva essere ordinato sacerdote prima dei 24 anni, così fu mandato a Roma per laurearsi alla Gregoriana.
Divenuto prete, rimase per quindici anni a Bergamo, come segretario del vescovo e insegnante al seminario. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi come cappellano militare. Nel 1921 Roncalli è a Roma e, successivamente, viene inviato in Bulgaria e in Turchia come visitatore apostolico: iniziava così la sua carriera diplomatica. Nominato Nunzio a Parigi nel 1944, diventa Patriarca di Venezia nel 1953.
Un’esistenza piuttosto appartata, senza fatti eclatanti, fino all’elezione al soglio di Pietro. Aveva allora 77 anni ed aveva già fatto testamento. Intendeva essere sepolto a Venezia e si era fatto costruire la tomba, nella cripta di S. Marco. Era naturale che ritenesse ormai imminente il suo commiato dal mondo. L’anno prima, 1957, aveva scritto infatti nel suo diario: “O Signore, siamo a sera. Anni settantasei in corso. Grande dono del Padre celeste la vita. Tre quarti dei miei contemporanei sono passati all’altra riva. Dunque anch’io mi debbo tener preparato al grande momento…”. Ma le vie del Signore sono sovente imprevedibili. Il 28 ottobre 1958 l’allora cardinale e patriarca di Venezia salì al soglio pontificio, come successore di Pio XII, e molti ne restarono sorpresi. Un vecchio avrebbe dovuto reggere la Chiesa? I giornali presto ci ricamarono su perché veniva da una famiglia di contadini. “Il papa contadino”, cominciarono a chiamarlo. Ma Roncalli aveva ben chiara la propria missione da compiere.
“Vocabor Johannes…”. Mi chiamerò Giovanni, esordì appena eletto. Era il primo punto fermo del suo pontificato. Un nome che era già tutto un programma. E non si smentì.
Nel 1959, un anno soltanto dopo la sua elezione, “tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito”, come disse ai cardinali riuniti, annunciò il Concilio Vaticano II. Un evento epocale, destinato a cambiare il volto della Chiesa, a segnare un netto spartiacque nella storia della cristianità.
(…) Fu il leit-motiv della sua vita e del suo pontificato. Dopo la S. Messa, nulla era per lui più importante del Rosario. Ogni giorno lo recitava per intero, meditando su ogni mistero. “Sono entusiasta – egli diceva - di questa devozione, soprattutto quando è capita ed appresa bene. Il vero Rosario è il cosiddetto Rosario meditato. Questo supplisce a molte altre forme di vita spirituale. È meditazione, supplicazione, canto ed insieme incantesimo delle anime. Quanta dolcezza e quanta forza in questa preghiera!”.
Mons. Loris Capovilla, suo segretario e fedele custode di memorie, ha detto che Papa Giovanni “durante tutta la sua esistenza si comportò con Maria di Nazareth come un figlio con la madre, uno di quei figli che un tempo davano del lei o del voi alla propria genitrice, manifestando amore dilatato dalla venerazione e rispetto alimentato dall’entusiasmo”.
Una venerazione tenera e forte, delicata e incrollabile, in cui possiamo vedere racchiuso il segreto della sua santità.
Durante il suo pontificato fu pubblicato su “L’Osservatore Romano” un suo “Piccolo saggio di devoti pensieri distribuiti per ogni decina del Rosario, con riferimento alla triplice accentuazione: mistero, riflessione ed intenzione”: in una scrittura limpida e chiara c’è il succo delle riflessioni che egli veniva maturando nella personale preghiera del S. Rosario. “Nell’atto che ripetiamo le Avemarie, quanto è bello contemplare il campo che germina, la messe che s’innalza…”, diceva con efficace metafora presa da quel mondo contadino a lui così familiare. “Ciascuno avverte nei singoli misteri l’opportuno e buon insegnamento per sé, in ordine alla propria santificazione e alle condizioni in cui vive”.
Papa Giovanni auspicava che il Rosario venisse recitato ogni sera in casa, nelle famiglie riunite, in ogni luogo della terra. Ma quanti oggi si radunano per fare questo? Il vento gelido della secolarizzazione ha finito per spazzare via questa antica consuetudine. Le case assomigliano oggi a isole di solitudine e incomunicabilità e se ci si riunisce è per celebrare i rituali del “caminetto” televisivo che mescola con la stessa indifferenza massacri etnici e telequiz, futilità e orrori.
(…)Il suo paese natale da oltre un trentennio è meta incessante di pellegrinaggi. Lo si era immaginato come un papa di transizione, che sarebbe passato in fretta, presto dimenticato, ma non è stato così. Per un disegno provvidenziale di Dio la giovinezza della Chiesa si è realizzata attraverso l’opera di un vecchio. Fu veramente un dono inatteso del Cielo.
Attento ai segni dei tempi, Papa Giovanni promosse l’ecumenismo e la pace. Uomo del dialogo e della viva carità, fece sentire a tutti gli uomini, anche ai non cattolici e ai lontani, l’amicizia di Dio. La sua spiritualità, delicata e robusta al tempo stesso, aveva, come abbiamo visto, le sue radici in Maria. A Lei sempre si rivolgeva, in Lei confidava. Non si staccava mai da Lei, né mai si macerava nel dubbio: la sua fede era limpida e sorgiva, riposava in Maria, attraverso il Rosario.
Anche il miracolo, la guarigione “clinicamente inspiegabile” di una suora malata di cancro, grazie a cui è ora elevato alla gloria degli altari, si è realizzato nel segno di Maria. Suor Caterina Capitani, delle Figlie della Carità, era affetta da un tumore allo stomaco che l’aveva ridotta in fin di vita. Papa Giovanni era morto da soli tre anni e la suorina con le consorelle l’aveva pregato a lungo, con grande insistenza e fiducia. Quel giorno, era il 25 maggio 1966, il “Papa buono” le apparve e le disse di non temere, perché sarebbe stata guarita, aggiungendo: “Me l’avete strappato dal cuore questo miracolo”.
Prima di scomparire però le fece una grande raccomandazione: di pregare sempre il rosario. Era il suo chiodo fisso durante la vita, era il segreto della sua santità nell’alba eterna che non conosce tramonto.
Il Martirologium Romanum ricorda il suo nome al 3 giugno, mentre il Calendario Romano generale pone la sua memoria facoltativa all'11 ottobre, anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II avvenuta nel 1962.
Autore: Maria Di Lorenzo
“Papa buono”, “papa contadino” ma, soprattutto, papa molto amato. Alcuni eventi del suo breve pontificato (1958-1963) sono rimasti impressi nella memoria di chi ha vissuto quei momenti, come il “discorso alla luna” e la visita ai carcerati di Regina Coeli. Nato nel 1881 a Sotto al Monte, nel bergamasco, Angelo Giuseppe Roncalli è il quarto di tredici fratelli. La sua famiglia è poverissima. Sono contadini a mezzadria. Polenta e fagioli o solo polenta sono l’unico cibo per tutti, la carne si mangia due volte all’anno. Eppure in questa famiglia i valori cristiani sono solidi: si recita il Rosario e la speranza e la letizia non vengono mai meno. Il piccolo Angelo è intelligentissimo. A undici anni entra in seminario. Diventa sacerdote e segretario del vescovo di Bergamo, nel mentre insegna in seminario. Parte come cappellano militare durante la Prima guerra mondiale. Successivamente, nominato vescovo, come diplomatico viene inviato in Bulgaria, Turchia, Grecia e Francia. Durante la Seconda guerra mondiale si attiva a favore degli ebrei in fuga dai nazisti. Nel 1953, nominato cardinale, si stabilisce a Venezia.
Il piccolo Angelo non poteva immaginare quello che sarebbe successo il 28 ottobre 1958. All’età di 77 anni Angelo viene eletto papa con il nome di Giovanni XXIII. Nel suo pontificato assume subito decisioni epocali: convoca il Concilio Vaticano II riunendo, in pochi mesi, vescovi e cardinali provenienti da tutto il mondo insieme a religiosi di altre confessioni, come ortodossi e protestanti. L’intenzione di Giovanni XXIII è quella di lanciare un messaggio di pace e modernità alla Chiesa. La Messa non si celebra più in latino e la Bibbia viene tradotta in varie lingue. Angelo Roncalli si fa amare per il suo carattere allegro: il sorriso, la simpatia, ma anche l’umiltà.
Il giorno di Natale del 1958 visita i bambini ricoverati al Bambin Gesù di Roma e viene scambiato da qualche piccolo per Babbo Natale. Il giorno dopo, festa di Santo Stefano, avviene un commovente incontro con i carcerati al Regina Coeli di Roma. Le parole di speranza e fratellanza, rivolte ai detenuti, arrivano al cuore di tutti. Tra di loro uno corre verso il pontefice e gli chiede, piangendo, se il suo discorso vale anche per lui, pur avendo commesso un grave reato. Giovanni XXIII ammutolisce e lo abbraccia stringendolo a sé. Un’ultima raccomandazione ai detenuti: «Scrivete a casa e raccontate che il papa è venuto a trovarvi».
Il “discorso della luna”, piena e splendente su Roma la sera dell’11 ottobre 1962, improvvisato dal balcone davanti a Piazza San Pietro gremita di fedeli, accorsi per l’apertura del Concilio Vaticano II, rimane memorabile: «Cari figlioli sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume tutte le voci del mondo [...], persino la luna questa sera si è affrettata a guardare questo spettacolo [...], tornando a casa date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del papa».
Il “papa contadino” muore il 3 giugno 1963. Tanti i miracoli di guarigione a lui attribuiti, come quello di suor Caterina Capitani risanata da una grave malattia allo stomaco, grazie alle preghiere rivolte al “papa buono” morto da tre anni. Il suo borgo natale, Sotto al Monte, è meta di continuo pellegrinaggio. Papa Giovanni XXIII è patrono dei cappellani militari.
Bellissimo il Decalogo della quotidianità da lui composto:
SOLO PER OGGI
1. Solo per oggi cercherò di vivere alla giornata, senza voler risolvere il problema della mia vita tutto in una volta.
2. Solo per oggi avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà; non alzerò la voce; sarò cortese nei modi; non criticherò nessuno; non pretenderò di migliorare o disciplinare nessuno tranne me stesso.
3. Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell’altro mondo, ma anche in questo.
4. Solo per oggi mi adatterò alle circostanze, senza pretendere che le circostanze si adattino tutte ai miei desideri.
5. Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a qualche lettura buona, ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così la buona lettura è necessaria alla vita dell’anima.
6. Solo per oggi compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.
7. Solo per oggi farò almeno una cosa che non desidero fare, e se mi sentirò offeso nei miei sentimenti, farò in modo che nessuno se ne accorga.
8. Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò a puntino, ma lo farò. E mi guarderò da due malanni: la fretta e l’indecisione.
9. Solo per oggi crederò fermamente, nonostante le apparenze, che la buona provvidenza di Dio si occupa di me come di nessun altro esistente al mondo.
10. Solo per oggi non avrò timori. In modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere alla bontà. Posso ben fare, per dodici ore, ciò che mi sgomenterebbe, se pensassi di doverlo fare per tutta la vita.
Autore: Mariella Lentini
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