È chiamato il maestro dei santi teatini; nacque a Venezia il 25 dicembre 1490 da genitori oriundi bergamaschi, al battesimo ebbe il nome di Francesco che cambiò in seguito alla sua professione religiosa.
Allievo diligente negli studi fu chierico nella Collegiata di s. Pantaleo, universitario a Padova, sacerdote di vita e pietà esemplare, divenne prima sacrista poi canonico della Basilica di S. Marco, cappellano dell’Ospedale degli Incurabili e infine divenne teatino il 9 dicembre 1528, prendendo l’abito dalle mani di Giampietro Carafa che diverrà poi papa con il nome di Paolo IV e facendo la sua professione in quelle di s. Gaetano da Thiene il 29 maggio 1530.
Nell’agosto 1533 Giovanni Marinoni e Gaetano da Thiene, obbedendo alla richiesta di papa Clemente VII, lasciarono Venezia diretti a Napoli; qui dimorò presso gli Incurabili per un certo tempo, finché nel 1538 si fermò alla Basilica di S. Paolo Maggiore nel centro antico di Napoli.
La sua grande spiritualità diede frutti eccellenti, in stretta collaborazione con il fondatore s. Gaetano; ispirò nel 1539 i nobili Aurelio Paparo, Gian Domenico di Lega e Leonardo Palma suoi figli spirituali, nel dare inizio al Monte di Pietà da cui derivò in seguito il Banco di Napoli.
Altre figlie spirituali si prodigarono in opere meritorie, Giovanna Scorziata, fondava il pio luogo “Il Tempio” per l’educazione delle giovinette, le quattro sorelle Palescandolo fondarono il monastero di S. Andrea delle Dame. Lavorò alacremente insieme a s. Gaetano per preservare la Fede, in parte avvelenata da movimenti non ortodossi sorti in quel periodo.
Fu nominato nell’aprile 1540 superiore della casa di S. Paolo Maggiore e direttore spirituale del monastero delle monache domenicane della Sapienza. Con la sua mitezza e forza guidò e formò le prime leve del nuovo Ordine teatino ad una vita interiore intensa, apostolica attività, distacco dai beni terreni e fiducioso abbandono in Dio. Fu maestro di santi come s. Andrea Avellino, beato Paolo Burali cardinale, venerabili Giacomo Torno e Salvatore Caracciolo e altri insigni vescovi e uomini di Dio che tennero alta la spiritualità teatina di cui Giovanni fu insigne guida spirituale.
S. Andrea Avellino fu il primo biografo del beato Marinoni e di lui dice: “Era sempre di natura amabile, che da tutti i secolari buoni e cattivi, era amato, riverito, honorato e stimato. Il che con gl’occhi proprij ho visto, perché spesso l’accompagnava per Napoli e vedeva l’honore che da tutti gli era fatto; che lo tenevano per santo”.
Ottimo predicatore fu seguito ed ascoltato da folte e anche dotte schiere di fedeli fra cui alcuni, divenuti vescovi e partecipanti al Concilio di Trento lo additarono come esempio di autentica predicazione evangelica. Rifiutò la sede arcivescovile di Napoli che il papa teatino Paolo IV voleva affidargli; nel 1558 iniziò dalle fondamenta la costruzione del nuovo convento di S. Paolo Maggiore che sotto la direzione del dotto padre Gerolamo Ferro terminò nel 1565, tre anni dopo la morte del Marinoni.
L’età avanzata e le malattie ne avevano minato la salute, mentre lui continuava intensamente il lavoro e lo zelo per la salute del prossimo, in quel tempo di epidemie di colera che funestavano la città di Napoli e fu una epidemia che lo stroncò in pochi giorni, il 13 dicembre 1562.
Le sue spoglie si venerano nella cripta della basilica di S. Paolo Maggiore che è poi diventata una vera e propria chiesa con ingresso diretto nella piazza antistante e dove sono anche le spoglie di s. Gaetano da Thiene, del beato Paolo Burali e altri venerabili confratelli, quelle di s. Andrea Avellino sono invece nella sovrastante basilica.
Papa Clemente XIII, l’11 settembre 1762 ne confermava il culto che già da due secoli gli veniva tributato. Viene raffigurato con in mano il Crocifisso per la sua grande devozione alla Passione di Cristo.
Autore: Antonio Borrelli
Giorno di nascita: il Natale. Nome di battesimo: Francesco. I suoi genitori provengono dal Bergamasco, all’epoca dominio veneziano. Si orienta senza problemi verso la vita ecclesiastica, va a Padova per gli studi universitari e, di ritorno, arriva al sacerdozio, prestando poi servizio nella basilica di san Marco. Giorno della “seconda nascita”: 29 maggio 1528. Nuovo nome: Giovanni. A 38 anni, lo accoglie l’Ordine dei Chierici regolari, che è nato poco tempo prima, nel 1524, per opera di Gaetano da Thiene, del vescovo di Chieti Gian Pietro Carafa (poi papa PaoloIV) e dei sacerdoti Bonifacio Colli e Paolo Consiglieri. (Saranno chiamati Teatini in onore di “Theates”, Chieti, sede vescovile del Carafa).
Nati nello stesso anno in cui Martin Lutero abbandonava la sua tonaca di frate agostiniano, i Teatini vogliono lavorare alla riforma della Chiesa dall’interno, senza rivolte; e incominciando dal clero, che in troppi casi rinnega con la sua condotta il Vangelo che predica (quando lo predica). Giovanni Marinoni ritrova nella comunità teatina lo stile di vita cristiano modellato sulla prima comunità di Gerusalemme, descritta negli Atti degli Apostoli. Nel 1533, papa Clemente VII manda Gaetano da Thiene e Giovanni Marinoni a Napoli, la grande capitale del Sud, la città dei viceré spagnoli, dei vivaci fermenti riformatori, anti-romani, dei molti poveri, delle rivolte. Il fondatore dei Teatini deve però assentarsi più volte da Napoli, per le sue responsabilità di capo dell’Ordine. E Giovanni Marinoni lo sostituisce, fino a succedergli dopo la morte (1547).
Uno dei suoi compiti fondamentali è la formazione culturale e spirituale di una nuova generazione teatina nel Sud. A questi giovani egli riesce a trasmettere il contagio del vivere poveri – senza il “beneficio”, le rendite, le terre, le eredità – e insieme allegri dentro e fuori, secondo il detto evangelico: "Non prendete mai un’aria melanconica come gli ipocriti, i quali sfigurano la loro faccia, per far vedere agli altri che digiunano" (Matteo 6,16). Dice di lui uno di questi discepoli e futuro santo, Andrea Avellino: "Era sempre di natura amabile che da tutti i secolari, buoni e cattivi, era amato e riverito, onorato e stimato". E molto aiutato per le iniziative che intraprende o incoraggia, nella metropoli malata di indigenza.
È amabile, è colto, piace. Ma a tutto questo si accompagna un rigore personale di vita che incute rispetto, e certo contribuisce ai suoi successi di predicatore in difesa della fede cattolica, e nell’incoraggiamento a iniziative contro la povertà e contro l’analfabetismo, specialmente femminile. (Si ritiene che anche la nascita del Monte di Pietà in Napoli abbia avuto il primo impulso da Gaetano da Thiene e da lui).
Al concilio di Trento si parla spesso di lui, tra vescovi che lo conoscono o che l’hanno avuto per maestro. Il papa teatino Paolo IV pensa di nominarlo arcivescovo di Napoli. Ma lui dice di no. Prete e basta, fino alla morte. Una morte anch’essa da povero: di colera, durante una delle tante epidemie che flagellano Napoli. Papa Clemente XIII nel 1762 ha confermato il culto per lui come beato. I resti si trovano in San Paolo Maggiore di Napoli, accanto a quelli di Gaetano da Thiene, di sant’Andrea Avellino e del beato Paolo Burali.
Autore: Domenico Agasso
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