Boretto, Reggio Emilia, 12 ottobre 1880 – Viedma, Argentina, 15 marzo 1951
Artemide Zatti nasce a Boretto, in provincia e diocesi di Reggio Emilia, il 12 ottobre 1880. Nel 1897 emigra con la famiglia in Argentina come - in quei decenni - milioni di italiani. A Bahia Blanca frequenta la parrocchia salesiana. E s'innamora di don Bosco. Vuole farsi religioso, entra nella casa di formazione di Bernal; ma curando un malato di tubercolosi resta contagiato. Viene quindi mandato a Viedma, avamposto dell'evangelizzazione della Patagonia. Accetta di non diventare sacerdote: emette quindi la sua prima professione l'11 gennaio 1908 e quella perpetua l'8 febbraio 1911, come Salesiano Coadiutore (ossia religioso non sacerdote). A Viedma scopre la sua definitiva vocazione: lì inizierà a dedicarsi tutto ai malati, assumendo la responsabilità dell'ospedale avviato dai salesiani (che lui rifonderà), poi anche della farmacia, e diplomandosi farmacista e infermiere. Come don Bosco, mette tutta la sua fiducia in Dio e in Maria Ausiliatrice, anche per questioni economiche. Muore a causa di un tumore, che lui stesso aveva diagnosticato, il 15 marzo 1951. È stato beatificato dal Papa san Giovanni Paolo II il 14 aprile 2002: primo Salesiano Coadiutore non martire a essere elevato agli onori degli altari. Il 9 aprile 2022 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo a un secondo miracolo riconosciuto per sua intercessione, aprendo la via alla sua canonizzazione, poi celebrata il 9 ottobre seguente. I suoi resti mortali sono venerati nella chiesa di San Giovanni Bosco a Viedma. La Famiglia Salesiana celebra la sua memoria liturgica il 13 novembre.
Martirologio Romano: A Viedma in Argentina, beato Artemide Zatti, religioso della Società di San Francesco di Sales, che rifulse per lo zelo missionario e, partito per le impervie regioni della Patagonia, per tutta la vita si dedicò nell’ospedale di quella città con somma generosità, in tutta pazienza e umiltà, alle necessità dei bisognosi.
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Artemide Zatti nacque a Boretto (Reggio Emilia) il 12 ottobre 1880. Non tardò ad esperimentare la durezza del sacrificio, tanto che a nove anni già si guadagnava la giornata da bracciante. Costretta dalla povertà, la famiglia Zatti, agli inizi del 1897, emigrò in Argentina e si stabilì a Bahìa Blanca. Il giovane Artemide prese subito a frequentare la parrocchia retta dai Salesiani, trovando nel Parroco Don Carlo Cavalli, uomo pio e di una bontà straordinaria, il suo direttore spirituale. Fu questi ad orientarlo verso la vita salesiana. Aveva 20 anni quando si recò nell'aspirantato di Bernal.
Assistendo un giovane sacerdote affetto da tbc, ne contrasse la malattia. L'interessamento paterno di Don Cavalli – che lo seguiva da lontano – fece sì che si scegliesse per lui la Casa salesiana di Viedma dove c'era un clima più adatto e soprattutto un ospedale missionario con un bravo infermiere salesiano che in pratica fungeva da «medico»: Padre Evasio Garrone. Questi invitò Artemide a pregare Maria Ausiliatrice per ottenere la guarigione, suggerendogli di fare una promessa: «Se Lei ti guarisce, tu ti dedicherai per tutta la tua vita a questi infermi». Artemide fece volentieri tale promessa e misteriosamente guarì. Dirà poi: «Credetti, promisi, guarii». La sua strada ormai era tracciata con chiarezza ed egli la intraprese con entusiasmo. Accettò con umiltà e docilità la non piccola sofferenza di rinunziare al sacerdozio. Emise come confratello laico la sua prima Professione l'11 gennaio 1908 e quella Perpetua l'8 febbraio 1911. Coerentemente alla promessa fatta alla Madonna, egli si consacrò subito e totalmente all'Ospedale, occupandosi in un primo tempo della farmacia annessa, ma poi quando nel 1913 morì Padre Garrone, tutta la responsabilità dell'ospedale cadde sulle sue spalle. Ne divenne infatti vicedirettore, amministratore, esperto infermiere stimato da tutti gli ammalati e dagli stessi sanitari che gli lasciavano man mano sempre maggiore libertà d'azione.
Il suo servizio non si limitava all'ospedale ma si estendeva a tutta la città anzi alle due località situate sulle rive del fiume Negro: Viedma e Patagones. In caso di necessità si muoveva ad ogni ora del giorno e della notte, con qualunque tempo, raggiungendo i tuguri della periferia e facendo tutto gratuitamente. La sua fama d'infermiere santo si diffuse per tutto il Sud e da tutta la Patagonia gli arrivavano ammalati. Non era raro il caso di ammalati che preferivano la visita dell'infermiere santo a quella dei medici.
Artemide Zatti amò i suoi ammalati in modo davvero commovente. Vedeva in loro Gesù stesso, a tal punto che quando chiedeva alle suore un vestito per un nuovo ragazzo arrivato, diceva: «Sorella, ha un vestito per un Gesù di 12 anni?». L'attenzione verso i suoi ammalati era tale che raggiungeva delicate sfumature. C'è chi ricorda di averlo visto portar via sulle spalle verso la camera mortuaria il corpo di un ricoverato morto durante la notte, per sottrarlo alla vista degli altri malati: e lo faceva recitando il De profundis. Fedele allo spirito salesiano e al motto lasciato in eredità da Don Bosco ai suoi figli – «lavoro e temperanza» – egli svolse un'attività prodigiosa con abituale prontezza d'animo, con eroico spirito di sacrificio, con distacco assoluto da ogni soddisfazione personale, senza mai prendersi vacanze e riposo.C'è chi ha detto che gli unici cinque giorni di riposo furono quelli trascorsi... incarcere! Sì, egli conobbe anche la prigione a causa della fuga di un carcerato ricoverato in Ospedale, fuga che si volle attribuire a lui. Ne uscì assolto e il suo ritorno a casa fu un trionfo.
Fu un uomo di facile rapporto umano, con una visibile carica di simpatia, lieto di potersi intrattenere con la gente umile. Ma fu soprattutto un uomo di Dio. Egli Lo irraggiava. Un medico dell'Ospedale piuttosto incredulo, dirà: «Quando vedevo il signor Zatti la mia incredulità vacillava». E un altro: «Credo in Dio da quando conosco il signor Zatti».
Nel 1950 l'infaticabile infermiere cadde da una scala e fu in quella occasione che si manifestarono i sintomi di un cancro che egli stesso lucidamente diagnosticò. Continuò tuttavia ad attendere alla sua missione ancora per un anno, finchè dopo sofferenze eroicamente accettate, si spense il 15 marzo 1951 in piena coscienza, circondato dall'affetto e dalla gratitudine di un'intera popolazione.
Fonte: Santa Sede
Patisce la fame e, dalla pianura padana, emigra in Argentina, alla ricerca di pane e lavoro. Rischia di morire, ma si salva e promette alla Madonna di curare per tutta la vita gli ammalati poveri. Questa è la commovente storia di Artemide Zatti, “parente dei poveri”. Nato nel 1880 a Boretto (Reggio Emilia) sulle sponde del fiume Po, Artemide a quattro anni va nei campi della Bassa emiliana ad aiutare i genitori. Frequenta un po’ di scuola elementare e a nove anni è bracciante “sotto padrone”. Torna a casa una volta alla settimana. Oltre alla poca paga, al ragazzino viene regalato un dolce fatto in casa che Artemide divide con i sette fratelli. Arriva la miseria e, a causa della malnutrizione, imperversa la pellagra.
La famiglia Zatti emigra a Bahia Blanca, in Argentina. Artemide lavora in un albergo e poi in una fabbrica di piastrelle. Frequenta l’oratorio salesiano dove conosce la vita di Don Bosco. Ne rimane affascinato e anche lui vuole diventare sacerdote. Purtroppo contrae la tubercolosi e rischia di morire. Si trasferisce nella più salubre Viedma (Patagonia). Qui diventa amico del salesiano Don Garrone, direttore di un ospedale di fortuna, ricavato da una stalla. Artemide prega per la propria salute e promette a Maria Ausiliatrice (la Madonna venerata da San Giovanni Bosco) di dedicare la sua vita a curare gli ammalati.
Il giovane guarisce, rinuncia al sacerdozio, si diploma infermiere e inizia subito ad occuparsi degli ammalati, come coadiutore salesiano. Alla morte di Don Garrone, Zatti prende il suo posto: si occupa della farmacia, cura i ricoverati, fa le pulizie, raccoglie fondi da banche e ricchi caritatevoli, si reca nelle capanne e nei tuguri in bicicletta, a qualsiasi ora del giorno e della notte, a curare i poveri gratuitamente (ai più disperati regala anche qualche spicciolo). E tutti i giorni sveglia all’alba per recarsi in chiesa a pregare. Zatti “parente dei poveri” per sé non vuole nulla. Ha un solo cappello e la bicicletta per spostarsi. Se mancano i letti in ospedale non esita ad offrire il suo e dorme su una sedia. «Il denaro serve solo a fare del bene» ripete sempre. Molto amato, tutti vogliono farsi curare da lui, ritenuto più bravo degli stessi medici. Zatti cura con le preghiere ma anche con il sorriso, l’allegria, le battute scherzose, canticchiando. Muore nel 1951 a Viedma (Argentina). Al suo funerale i poveri, con gratitudine, raccolgono per lui semplici e umili fiori di campo.
Autore: Mariella Lentini
Fonte:
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Note:
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