Brno, Repubblica Ceca, 1° maggio 1894 - Vienna, Austria, 30 marzo 1943
Helene è la sesta dei sette figli di Anton e Maria Kafka, che nel 1896 si sono trasferiti dalla Moravia a Vienna, capitale dell’Impero. Helene si avvia alla professione di infermiera e vuole anche farsi suora. I genitori dicono di no, lei si rassegna ad aspettare i vent’anni, e infine la accolgono le Francescane della Carità Cristiana in Vienna. Qui, come religiosa, prende il nome di sua madre e quello di una martire dei primi secoli. Si chiamerà dunque suor Maria Restituta. Abbastanza presto, però, molti cominciano a chiamarla suor Resoluta, per i modi cordiali e decisi e per la sua sicurezza e capacità come infermiera di sala operatoria e come anestesista. Nell’ospedale regionale di Mödling, presso Vienna, la religiosa diventa un’istituzione: per i medici, per le altre infermiere, ma soprattutto per i malati, ai quali sa comunicare con straordinaria efficacia il suo amore per la vita, la sua e quella degli altri, nella gioia e nella sofferenza. Una donna, diremmo oggi, splendidamente realizzata. Nel marzo 1938, Hitler manda il suo esercito a occupare l’Austria, a tradimento. Vienna, già capitale di un Impero multietnico e multilingue, si ritrova capoluogo di una provincia del Reich tedesco, sottoposta a brutale nazificazione. Suor Restituta si trova naturalmente, fisiologicamente avversa a tutto questo: non vuole, non può nasconderlo. Essendo per la vita è contro il nazismo. Quando i nazisti tolgono il Crocifisso anche dagli ospedali, lei tranquillamente lo va a rimettere, a testa alta, sfidando comandi e comandanti. Non potendola piegare, i nazisti la sopprimono. Arrestata il mercoledì delle Ceneri 1942, è condannata a morte nell’ottobre, poi trascorre 5 mesi nel braccio della morte, e il 30 marzo 1943 muore decapitata. Alle consorelle ha mandato un messaggio: "Per Cristo sono vissuta, per Cristo voglio morire". In faccia agli assassini, prima che il carnefice alzi la mannaia, suor Restituta dice al cappellano: "Padre, mi faccia sulla fronte il segno della Croce". San Giovanni Paolo II l’ha beatificata il 21 giugno 1998 a Vienna.
Martirologio Romano: A Vienna in Austria, beata Maria Restituta (Elena) Kafka, vergine delle Suore Francescane della Carità Cristiana e martire, che, originaria della Moravia, svolse servizio di infermiera e, arrestata durante la guerra dai nemici della fede, morì decapitata.
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La sua è l’umile famiglia di un calzolaio con sette figli; lei è povera e perdipiù balbuziente. Anche un po’ testarda, a giudicare almeno dal carattere forte e dal suo modo di fare, sbrigativo e risoluto, che l’accompagnerà per tutta la vita. A 15 anni vorrebbe continuare a studiare, ma la mandano a far la cameriera; a 18 vorrebbe farsi suora, ma i suoi sono decisamente contrari. Si rassegna così ad aspettare i 20 anni e, quando li raggiunge, scappa di casa per andare in convento. Le Suore Francescane della Carità Cristiana di Vienna le danno il nome di Suor Restituta e la mandano a fare l’infermiera: è sempre stato quello il suo desiderio più grande, perché le piace servire Gesù nei malati. Come infermiera ci sa davvero fare: medici e colleghi l’apprezzano e la stimano sia come infermiera di sala operatoria che come anestesista. Qui e là continua a far capolino quel suo carattere cordiale ma deciso, tanto che suor Restituta viene presto ribattezzata “suor Resoluta” . Al letto dei malati, però, nessuno la può superare, perché è di una delicatezza e di una amorevolezza uniche. Scoppia la prima guerra mondiale e suor Restituta è accanto ai feriti , sollecita ad ogni chiamata, pronta per ogni emergenza. Nel 1938 i nazisti invadono Vienna e sono due tra le prime disposizioni di Hitler che cercano di applicare: far sparire i crocifissi dai luoghi pubblici e allontanare le suore dalle corsie degli ospedali. Suor Restituta, però, è così indispensabile per la sua indiscussa competenza, che più o meno segretamente può continuare la sua opera di carità al letto dei malati. Il crocifisso nelle stanze e nelle corsie dell’ospedale diventa invece quasi una questione personale: Suor Restituta, risoluta come sempre, si prende l’incarico di personalmente andare a rimpiazzarli là dove sono stati tolti: sa di rischiare parecchio con quel suo gesto provocatorio, ma intanto più crocifissi vengono eliminati e più lei ne risistema. Tanto, tra lei e il nazismo c’è un’incompatibilità dichiarata, perché non può condividere l’ideologia di morte e di razzismo che Hitler va professando. E così la furia nazista si scatena anche su di lei: viene arrestata il mercoledì delle Ceneri del 1942 e messa in prigione, ma nella sua cella continua ad aiutare donne incinte e compagni deperiti, oltre a consolare e sostenere i condannati a morte. Per lei la condanna a morte arriva quasi un anno dopo e viene decapitata il 30 marzo 1943. Prima di morire chiede al cappellano di tracciarle in fronte il segno della croce: quasi il timbro di autenticità su una vita che si è sempre ispirata al crocifisso. Il 21 giugno 1998 il Papa proclama beata Suor Restituta Kafka, la martire del crocifisso, fissando al 29 ottobre la sua memoria liturgica.
Autore: Gianpiero Pettiti
Non c'è dubbio: il secolo XX è stato un grande secolo per l'umanità, con molteplici luci ma anche con grandi zone d'ombra. Tra le prime ricordiamo i progressi nel campo dei diritti civili e del rispetto della persona, e, in Europa il superamento di tante inimicizie fra le nazioni con la conseguente nascita della Unione Europea (ancora 'in progress'); in campo tecnologico, l'avvento della rivoluzione informatica, con l'invenzione del computer che è stato veramente il motore di questo travolgente progresso che ha rivoluzionato la nostra vita di tutti i giorni. Ma non mancano anche le ombre, e che ombre! E' stato il secolo delle ideologie (fascismo, comunismo e nazismo) a carattere onnicomprensivo (volevano dare ogni risposta all'uomo e sull'uomo), ma anche aggressivo e repressivo. Ed è anche un secolo che ha visto, a causa di queste ideologie, ben due guerre mondiali con uno spaventoso bilancio di distruzione e morte.
Non dimentichiamo che è stato anche il "Secolo dei Martiri" della fede cristiana, a causa proprio dell'ideologia comunista, con le sue scuole di ateismo ed i corsi di rieducazione che miravano di estirpare "la superstizione della religione" dalla testa della gente. E di quella nazista, di stampo antisemita, anticristiana e antiumana (mito della razza e della eugenetica). Il nazismo fu anche fautore del neopaganesimo. Sulla propria bandiera aveva la 'croce uncinata' (o svastica) che, secondo loro, doveva soppiantare la croce di Cristo dal cuore dei cristiani con la propaganda e con il terrore della persecuzione.
Il papa Giovanni Paolo II nell'anno del Giubileo 2000, in una memorabile cerimonia al Colosseo di Roma, ha parlato proprio di Secolo dei Martiri, invitando tutti a ricordare i tantissimi cristiani, testimoni fino a donare la propria vita per la loro fede in Cristo.
L'idea di martirio è sempre stata presente nella storia della Chiesa, ed è tornata alla ribalta, prepotentemente, proprio nel secolo scorso. Gesù stesso aveva messo in guardia i suoi discepoli con le famose parole: "Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome" (Gv 15,20). Il destino dei discepoli è dunque quello di Gesù: la persecuzione. Perché questo? Perché la Chiesa continua nella storia umana quello che ha fatto Gesù, la sua missione che non fu soltanto quella di annunciare il regno di Dio e chiamare gli uomini alla conversione, ma anche quella della suprema testimonianza della propria vita sulla croce per la salvezza del mondo. Ed i martiri di tutti i secoli avevano questa coscienza di seguire il Cristo, di portare il peso della croce dell'umanità insieme a lui, di continuare la sua passione a beneficio dell'umanità intera. Vissero per Cristo, morirono martiri per Cristo e con Cristo.
Tra questi testimoni ricordiamo una Suora Francescana della Carità Cristiana, morta martire per la propria fede, (conosciuta anche come "Martire per il Crocifisso") per mano dei nazisti, a Vienna nel 1943: Sr. Maria Restituta, al secolo Elena Kafka, dichiarata beata nel 1998 proprio nella capitale austriaca da Giovanni Paolo II.
"Per aiutare quelli che soffrono…."
Elena Kafka, questo era il suo nome, nacque nel 1896 a Brno, città nell'odierna Cekia (allora faceva parte dell'impero austro-ungarico), ma visse a Vienna, dove la famiglia era emigrata, fin da bambina. A sei anni Elena era balbuziente… e la sua maestra con una 'cura' originale che si usava allora, non sappiamo se con qualche fondamento scientifico, le impose il silenzio per tre mesi. Per una bambina un ordine…. tremendo. Ma la cura riuscì. Ed Elena, felicissima come non mai, cominciò ad esprimersi con fierezza e con correttezza di pronuncia, come gli altri bambini di pari età.
A 15 anni dovette lasciare la scuola per lavorare come cameriera e così aiutare la propria famiglia. Proprio in quegli anni cominciò a maturare l'idea che realizzerà con costanza e coraggio, di farsi religiosa ed infermiera così da poter "aiutare quelli che soffrono e hanno bisogno di aiuto". Ideale questo che cresceva sempre di più nel suo cuore, fortemente voluto e perseguito da lei ma anche ostacolato dai genitori. Forse avevano paura di perdere una preziosa fonte di sostentamento per la famiglia e anche la constatazione di non poterle pagare o dare la dote per tale scelta. Sua madre specialmente cercò con forza di farle cambiare idea. Ma Elena, come farà anche in seguito da adulta e infermiera, perseverò con risolutezza. Fino a scappare di casa all'età di 19 anni (per quegli anni ancora minorenne). Il rifugio scelto fu la Casa Madre delle Suore della Carità Cristiana sempre a Vienna.
Anche con questa decisione i suoi genitori si convinsero che non si trattava di un capriccio adolescenziale o di una semplice infatuazione passeggera. Elena aveva le idee chiare e faceva sul serio. E le diedero il permesso. E così entrò nel noviziato il 23 ottobre 1915 prendendo il nome, da religiosa, di Maria Restituta, in ricordo di una martire dei primi secoli.
Erano gli anni della Prima Guerra mondiale, e ben presto anche Elena dovette fare esperienza della sofferenza umana e delle tragedie che il conflitto portava e fu chiamata a dare il proprio contributo in un ospedale che operava e curava i soldati feriti in guerra. Erano giovani traumatizzati dall'esperienza bellica, ed avevano bisogno di aiuto psicologico, di una parola buona, di molta pazienza… e lei dava tutto questo. Sentiva che quella era la sua missione, e la stava svolgendo con impegno e dedizione.
Da Sr. Maria Restituta… a Sr. Risoluta!
Questa sua totale carità e donazione di servizio nel contatto con i malati la attuò anche nell'ospedale di Moedling dove fu trasferita nel 1919, e che sarà la sua ultima destinazione. Qui lavorò certo con dedizione, con pazienza ma anche con risolutezza: era sicura di sé e risoluta nel portare avanti le decisioni. Tanto da essere talvolta chiamata… Sr. Risoluta! Fu chiamata a lavorare come infermiera in sala operatoria, ed in questo compito dimostrò eccezionali qualità professionali, molto apprezzate, come testimonieranno persone che la conobbero. "Era una persona buona e caritatevole…Una volta doveva essere trasferita; il primario Stoehr disse: "Se Sr. Restituta se ne va me ne andrò anch'io. Allora non venne trasferita. Ella era risoluta, sicura di sé".
Professionalmente era diventata un'eccellente anestesista. Disse un altro testimone: "Era assoluta padrona del suo mestiere. Nelle operazioni in cui non operava il primario, ma uno dei medici più giovani, si aveva l'impressione che ella dirigesse l'operazione. Ella porgeva già il bisturi ancor prima che l'operatore l'avesse chiesta. Si poteva imparare molto da lei. Maria Restituta era pienamente impegnata nel suo lavoro, irradiando grande calma e sicurezza".
Dato il suo carattere deciso e sicuro di sé, pur essendo piccola e piuttosto grassa non era consigliabile a nessuno contraddirla quando aveva deciso qualcosa che riteneva giusta. Sapeva però anche essere affettuosa e piena di premure materne. Ed era dotata perfino di un fine senso dell'umorismo, qualità apprezzata nelle corsie dell'ospedale e non solo nella sua comunità religiosa. Quando tornava a casa dal lavoro ordinava la cena ed anche "una pinta della solita birra". E le consorelle, sorridenti, capivano perfettamente.
"Padre, mi faccia il segno di croce in fronte"
Il nazismo era salito al potere in Germania nel 1933, e per gli Ebrei cominciarono le persecuzioni e le deportazioni nei campi di concentramento (l'Olocausto). Anche per la Chiesa Cattolica (e protestante) incominciarono i giorni difficili, che sfoceranno in migliaia di sacerdoti e (in numero minore di pastori ) deportati e uccisi nei campi di concentramento durante la guerra.
Questa persecuzione religiosa fu estesa anche all'Austria nel 1938 con l'annessione (o Anschluss) alla Germania nazista. Hitler stesso non voleva assolutamente la presenza delle suore negli ospedali. E arrivò anche l'ordine di togliere il Crocifisso dai luoghi pubblici. Un'altra conseguenza fu la proibizione di ogni attività di tipo religioso all'interno degli ospedali.
La situazione per sr. Maria Restituta si fece estremamente difficile e pericolosa per la propria vita. Ella continuò ad assistere religiosamente i morenti, e anche a far avere l'Unzione degli infermi. Era anche sorvegliata da due spie all'interno dell'ospedale.
Il medico chirurgo, un fanatico nazista, sapeva bene delle sue convinzioni religiose… ma non la denunciò, non per rispetto o per un improvviso soprassalto di coscienza, che non aveva… ma semplicemente perché aveva bisogno di lei in sala operatoria. Puro opportunismo pragmatico il suo. Ma un giorno la vide appendere il Crocifisso in ogni stanza di un nuovo reparto e venne anche scoperta a fare delle copie di un volantino antinazista. La denunciò alla polizia, la Gestapo, e il 18 febbraio 1942 venne arrestata e messa in prigione. Accusa: alto tradimento. Prospettiva: la condanna a morte. Era solo una questione di tempo.
L'anno passato in prigione lo visse nella preghiera, nella pazienza e nella carità, a parole ed in opere. Era anche solita dare buona parte della sua razione di cibo ad una donna incinta che ne aveva bisogno. Aiutava i condannati nel braccio della morte, i prigionieri, i compagni di prigionia, donando a tutti un po' di incoraggiamento, una buona parola, un sorriso… e talvolta anche un po' del suo umorismo.
Dopo un anno, nel marzo 1943, arrivò per ordine dello stesso Martin Bormann, un gerarca molto importante del nazismo, la condanna a morte: esecuzione il 30 marzo. Al cappellano che l'accompagnava al patibolo per la decapitazione chiese un ultimo desiderio: "Padre, mi faccia il segno della croce sulla fronte".
Precedentemente aveva scritto alle consorelle un ultimo messaggio: "Non vi mortificate, perché quel che Dio fa è sempre ben fatto. Personalmente non mi sento colpevole e, se devo lasciare la mia vita volentieri faccio questo sacrificio, perché spero che sarò accolta benevolmente dal mio Salvatore. Ho perdonato di cuore a tutti coloro che hanno contribuito alla mia condanna. Vi prego di non serbare rancore a nessuno, ma perdonate a tutti di cuore, come anch'io lo faccio".
Scrisse anche quelle parole che riassumono tutta la sua vita: "Per Gesù sono vissuta, per Gesù voglio morire".
E così moriva martire l'unica suora uccisa dai nazisti in Austria, in odio alla sua fede cristiana, e per aver difeso il suo amore a Cristo e alla sua Croce.
Autore: Mario Scudu sdb
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