I primi anni
Luigi Monza nacque a Cislago, in provincia di Varese e diocesi di Milano, il 22 giugno 1898. I suoi genitori, Giuseppe e Luigia, erano contadini. In tutto ebbero sei figli: Luigi era il penultimo. Le loro uniche ricchezze erano costituite dal lavoro, dal coraggio e dalla fede.
Alla nascita, Luigi apparve molto gracile, per cui fu battezzato dopo poche ore dalla nascita, nella chiesa di Santa Maria Assunta del suo paese. Per la stessa ragione, il 23 luglio 1899, fu cresimato dall’arcivescovo di Milano, il cardinal Andrea Carlo Ferrari (beatificato nel 1987), venuto in visita pastorale.
Nel 1904 fu iscritto alla prima elementare. Nel maggio dell’anno dopo fece la Prima Comunione: da allora si accostò all’Eucaristia quasi tutti i giorni. Interruppe la frequenza scolastica con la terza elementare: cominciò quindi a lavorare come incannatore e come garzone di calzolaio, ma intanto studiava per conto proprio.
La vocazione
Un giorno, dopo la Messa, il parroco di Cislago, don Luigi Vismara, chiese a Luigi se volesse farsi prete. La reazione del ragazzino (aveva tra i dieci e i quattordici anni) fu, secondo le parole del sacerdote, «un no affrettato e deciso», quindi scappò via.
La domanda ebbe comunque il suo effetto se, nel settembre 1913, Luigi e due compaesani partirono per l’Istituto Salesiano di Penango Monferrato, in provincia di Asti. Con tenacia e spirito di sacrificio, superò due anni di studio in uno.
Tuttavia, qualche tempo dopo, suo padre cadde da una pianta di gelso, dove coltivava bachi da seta, e rimase paralizzato. Luigi, tornato a casa per le vacanze estive, comprese di non dover rientrare a Penango. Il pensiero del sacerdozio, comunque, non l’abbandonò.
Continua la formazione
Gli venne in aiuto il parroco Vismara, che trovò per lui un posto al Collegio Villoresi di Monza, fondato per sostenere i giovani privi di mezzi che volessero diventare sacerdoti. Luigi iniziò la IV Ginnasio il 1° ottobre 1916, ma dovette interrompere la formazione in due momenti: per assistere agli ultimi momenti di vita del padre, il 16 gennaio 1917, e per prestare servizio militare durante la prima guerra mondiale.
Dopo il congedo, Luigi riprese gli studi. Terminò il ginnasio nel Collegio Arcivescovile di Saronno, poi passò al Collegio Rotondi per i primi due anni di Teologia. Come accadeva spesso ai chierici poveri, ebbe il ruolo di prefetto, che gli consentiva di mantenersi agli studi. Proseguì i corsi teologici nel Seminario di Corso Venezia a Milano (la sede di Venegono Inferiore doveva ancora essere costruita).
Ordinazione sacerdotale e primi incarichi
Il 28 giugno 1925 fu ordinato suddiacono, il 15 agosto seguente diacono e, infine, il 19 settembre 1925 ricevette l’ordinazione presbiterale, divenendo così sacerdote della diocesi di Milano. Come primo impegno pastorale fu destinato ad occuparsi dei giovani dell’Oratorio maschile della parrocchia di Vedano Olona.
L’inizio del suo ministero sacerdotale fu contrassegnato da ogni sorta di prove, sino all’ingiustizia del carcere durante il regime fascista: accusato dai fascisti di aver organizzato un attentato al podestà locale, venne incarcerato insieme al parroco, don Pietro de Maddalena. Venne poi assolto e rilasciato quattro mesi dopo, con l’ingiunzione di non rimettere più piede a Vedano. Di conseguenza, gli venne assegnato un incarico presso la parrocchia di Santa Maria del Rosario a Milano.
A Saronno, con un’intuizione nel cuore
Nel novembre 1928 fu trasferito al santuario della Beata Vergine dei Miracoli a Saronno. Si dedicò essenzialmente alla confessione e alla direzione spirituale, ma fu anche animatore di parecchie iniziative giovanili.
Qui il suo sguardo, affinato nella prova e raggiunto da quello di Dio, imparò a guardare lontano, su un mondo segnato dalla solitudine, dalla tristezza e dall’egoismo, che «urgeva riportare all’amore di Dio». La sua intuizione era innegabilmente grande, ma bisognava attendere che il Signore indicasse la via da seguire.
Di fronte a un mondo ormai «divenuto pagano», come soleva dire, don Luigi vide profeticamente nelle comunità dei primi cristiani, che vivevano come «un cuor solo e un’anima sola», un ideale sociale in cui la carità era la prima ed irrinunciabile regola di convivenza umana, quindi il mezzo più idoneo per annunciare all’uomo contemporaneo il Vangelo di Cristo.
I cristiani all’interno della società dovevano costituire presenze vive e testimoni di amore, ma dal di dentro nella vita di ogni giorno e nella attività professionale di ognuno, come ricordava sempre don Luigi: «Cristiani, ognuno di voi deve diventare un artista di anime e dobbiamo dipingere la bellezza di Gesù non sulla tela ma nelle anime. E il pennello dell’apostolato non caschi mai di mano».
Parroco a Lecco durante la seconda guerra mondiale
Nel 1936 fu inviato nella parrocchia di San Giovanni alla Castagna di Lecco, dove fu «sacerdote secondo il cuore di Dio» e parroco assai popolare. Si dimostrò sempre disponibile e vicino ai poveri, ai malati ed a chi come lui subiva ingiustamente persecuzioni ed angherie.
Durante la seconda guerra mondiale si prodigò particolarmente per i suoi parrocchiani impegnati al fronte. Lungi dall’immischiarsi nella politica, nascose e mise in salvo parecchi partigiani, ma durante la Liberazione si fece anche difensore dei fascisti militanti e collaborazionisti oggetto di violenza.
Nascita de «La Nostra Famiglia» e delle Piccole Apostole della Carità
Nel maggio 1933, quand’era ancora a Saronno, don Luigi aveva incontrato due signorine, Clara Cucchi e Teresa Pitteri, impegnate nell’apostolato. Con altre compagne, dal 1936, le avviò a formare una comunità, «La Nostra Famiglia», il cui scopo doveva essere «penetrare nella società con la carità dei primi cristiani».
Col tempo, delineò anche il mezzo attraverso cui compierlo: l’assistenza sociosanitaria, l’istruzione e la formazione in particolar modo delle persone disabili e svantaggiate, soprattutto dei bambini. In tal modo, educati con le migliori tecniche medico-scientifico-pedagogiche, avrebbero potuto inserirsi nella società al meglio delle loro capacità.
Dopo la promulgazione delle prime norme che regolavano gli Istituti Secolari, don Luigi chiese il riconoscimento da parte della Santa Sede della comunità da lui istituita. Il 20 dicembre 1949 le Piccole Apostole della Carità, questo il nome che fu scelto, ottennero l’approvazione definitiva. Il fondatore curò personalmente la formazione delle consacrate, senza per questo venire meno ai suoi doveri di parroco.
La morte
Il 25 agosto 1954 don Luigi accusò dei disturbi che furono ricondotti a problemi digestivi. Il pomeriggio del 28 agosto, dopo la celebrazione di un funerale, confidò alla Presidente Generale delle Piccole Apostole, Zaira Spreafico, di avere un dolore al braccio sinistro. L’indomani, l’elettrocardiogramma confermò che si trattava di un infarto in atto: per l’epoca, non c’era più nulla da fare.
Don Luigi, quindi, si dispose ad accettare la morte come volere di Dio. L’8 settembre ebbe un nuovo infarto e fu privato dell’uso della parola. A gesti, fece capire di voler ricevere l’Unzione degli Infermi. A Zaira, preoccupata per lui e per il futuro della sua opera, sussurrò come poteva: «Vedrai! Vedrai!».
Il 29 settembre 1954, silenziosamente, si spense. Come aveva spesso invitato le Piccole Apostole, fu lui stesso come il chicco di grano che muore nella terra per dar vita ad una rigogliosa spiga, cosciente però di avere svolto il suo ruolo e di aver dato alla sua comunità le coordinate ben precise di partenza e di arrivo: una linea ascendente verso Dio.
La fama di santità
Con lui comunque non moriva solamente il fondatore di un istituto secolare o di un’opera caritativa, ma innanzitutto un parroco esemplare, che perfino l’arcivescovo di Milano, il Beato Alfredo Ildefonso Schuster (morto appena un mese prima di lui), pur se con qualche contrasto, aveva paragonato al “buon pastore” evangelico.
Lo zelo profuso nelle opere parrocchiali, la cura per la catechesi e la liturgia, la predicazione calda e concreta e la vicinanza alla povera gente del quartiere fecero di lui un modello di vita sacerdotale, per i preti ambrosiani e non solo: come tale fu ammirato in vita ed onorato dopo la morte. A testimonianza di ciò sussistono il rimpianto della popolazione e la fama di santità che, anziché diminuire, si diffuse rapidamente e crebbe con il passare degli anni.
I suoi resti mortali, inizialmente sepolti nel cimitero di San Giovanni a Lecco, furono traslati il 10 novembre 1968 nella cappella della sede centrale de «La Nostra Famiglia» a Ponte Lambro.
La causa di beatificazione fino al decreto sulle virtù eroiche
Il 23 giugno 1987 la Santa Sede rilasciò il nulla osta per l’avvio della causa di beatificazione di don Luigi. L’inchiesta diocesana fu quindi aperta il 24 novembre 1987 e conclusa, il 23 febbraio 1991, a Ponte Lambro, alla presenza del cardinal Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano. Il decreto di convalida dell’inchiesta diocesana fu emesso il 22 gennaio 1993.
Il 22 giugno 1997 la “Positio super virtutibus” fu consegnata presso la Congregazione delle Cause dei Santi. Il 20 giugno 2003 la Consulta teologica diede il proprio parere positivo, confermato, il 2 dicembre 2003, da quello dei cardinali e dei vescovi membri della stessa Congregazione.
Infine, il 20 dicembre 2003, il Papa san Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto con cui don Luigi Monza veniva dichiarato Venerabile.
Il miracolo per la beatificazione
Come possibile miracolo per ottenere la sua beatificazione è stato preso in esame il caso di Paolo Peroni, studente che si trovava in Germania per un semestre di studi. L’11 giugno 1959 perse la coscienza ed ebbe attacchi epilettici. Ricoverato il 26 giugno presso la Clinica psichiatrica e neurologica dell’Università di Heidelberg, gli fu riscontrata un’encefalite virale acuta; entrò quindi in coma.
La famiglia del malato si rivolse allora alle Piccole Apostole della Carità: loro inviarono una reliquia di don Luigi, una ciocca dei suoi capelli, che fu posta sotto il suo cuscino. Dopo sei mesi, ai primi di dicembre 1959, Paolo si risvegliò rivolgendosi a suo padre. La sua ripresa fu completa, dal punto di vista neuro-psichico. Morì il 6 giugno 1992, per cause estranee alla precedente malattia.
L’inchiesta diocesana sul miracolo cominciò il 21 giugno 1993 e si concluse il 1° giugno 1994; fu convalidata l’8 novembre 1996. Una volta che la Commissione medica della Congregazione delle Cause dei Santi si fu pronunciata favorevolmente circa l’inspiegabilità scientifica dell’accaduto, la Consulta teologica dichiarò, il 2 febbraio 2005, l’effettivo nesso tra l’invocazione del Servo di Dio Luigi Monza e l’asserita guarigione. Lo stesso parere positivo fu emesso dai cardinali e dai vescovi della Congregazione, il 19 dicembre 2005.
Il 19 dicembre 2005, ricevendo in udienza il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinal José Saraiva Martins, papa Benedetto XVI autorizzava la promulgazione del decreto con cui la guarigione di Paolo Peroni era da considerarsi inspiegabile, completa, duratura e ottenuta per intercessione del Venerabile Luigi Monza.
La beatificazione
La sua beatificazione, insieme a quella di monsignor Luigi Biraghi, fondatore delle Suore Marcelline, è avvenuta il 30 aprile 2006, in piazza del Duomo di Milano. A presiedere il rito della beatificazione fu il cardinal Martins, come inviato del Santo Padre. Era la prima dopo le nuove norme in base alle quali celebrazioni del genere dovevano svolgersi nella diocesi che aveva promosso la causa del Beato (o dei Beati) in questione, o in un’altra località idonea.
La sua memoria liturgica, per la diocesi di Milano e per l’Istituto Secolare da lui fondato, è stata fissata al 28 settembre, il giorno prima di quello della sua nascita al Cielo. Le sue spoglie sono ora venerate in un apposito sacello, sempre nella sede centrale de «La Nostra Famiglia» a Ponte Lambro.
La sua eredità spirituale oggi
Ancora oggi le Piccole Apostole della Carità operano sia nelle strutture de «La Nostra Famiglia», sia in realtà dove prestano particolare cura e attenzione ai giovani e alle famiglie. Sono presenti in Italia, Sudan, Brasile ed Ecuador e collaborano anche in Cina, Marocco e Palestina. Il 18 gennaio 1982 il cardinal Martini ha poi riconosciuto come Pia Unione il gruppo dei Piccoli Apostoli della Carità, composto da consacrati uomini.
Il messaggio del Beato Luigi Monza affascina ancora uomini e donne, chiamati a saper valorizzare la loro vita quotidiana, il “nascondimento” della vita di tutti i giorni, che deve essere riempita di carità e generosità. Il suo insegnamento ebbe indubbiamente un fulcro nella carità, modellata sull’esempio di quelle entusiasta dei cristiani dei primi secoli, che spinge a non ignorare i fratelli ma piuttosto a farsene carico, costruendo autentici rapporti interpersonali ed impegnandosi nell’azione missionaria ed evangelizzatrice.
Autore: Don Fabio Arduino ed Emilia Flocchini
I fascisti lo mettono per quattro mesi “al fresco”, perché quel pretino si dà troppo da fare e la squadra di calcio dell’oratorio va più forte della squadra del Littorio. Siamo nel 1927 e il pretino, don Luigi Monza, ha 29 anni, tanto entusiasmo, grande ascendente sui giovani, che raccoglie nella corale parrocchiale, che attira con la filodrammatica e con il calcio, che ospita in casa sua. Ovvio che i fascisti lo guardino con sospetto e arrivino addirittura ad organizzare un falso attentato ai loro gerarchi, pur di poterlo incastrare e farlo passare per un pericoloso sovversivo.
È nato in un piccolo paese del Varesotto, in una famiglia ricca solo di figli e di disgrazie. Appena può si mette a lavorare nei campi, per aiutare i genitori a guadagnare la pagnotta. Il suo parroco nota in lui i segni della vocazione al sacerdozio: la sua prima reazione è una fuga, ma poi ci ripensa.
Va dai Salesiani, a Penango Monferrato, ma qualche anno dopo, tornando a casa per le vacanze estive, trova papà paralizzato a letto: si è spaccato la spina dorsale cadendo da un gelso dove stava raccogliendo foglie per i bachi da seta. È l’ennesima disgrazia di famiglia, dopo che la morte si è già portato via due fratelli; adesso mamma è sola, a lavorare nei campi, a curare papà e con un bimbo piccolo da allevare, perché il fratello maggiore è al fronte e la sorella è entrata in convento.
Luigi non se la sente di tornare dai Salesiani e ricomincia a lavorare, facendo anche il ciabattino. Studia però di notte con l’aiuto dal parroco, che convinto della sua vocazione lo convince ad entrare a 18 anni come chierico nel Collegio Villoresi di Monza. Parte anche lui per il fronte e ritorna a guerra finita, riprendendo a studiare per recuperare il tempo perso.
Nel 1925, dopo l’ordinazione, lo mandano a fare il viceparroco in una piccola parrocchia ed è qui che si scontra con i fascisti. Allontanato dal paese per i fatti che già abbiamo ricordato, viene destinato al santuario di Saronno, che con il suo arrivo comincia a rivivere.
Qui gli nasce in cuore un’idea, dapprima informe e confusa, che prenderà corpo soltanto nella parrocchia di San Giovanni alla Castagna, alle spalle di Lecco, dove il cardinal Schuster lo manda nel 1936. Dà quindi vita a un sodalizio di vita comune, che, dopo la Costituzione apostolica «Provida Mater Ecclesia» del 1947, diventa l’Istituto Secolare delle Piccole Apostole della Carità.
Senza un piano ben preciso, ma seguendo unicamente le indicazioni dello Spirito, pensa ad anime consacrate, che continuando a vivere nel mondo lo trasformino e lo convertano da un “paganesimo” che lui vede sempre più incalzante. Sono gli anni in cui anche a Fossano, in Piemonte, don Stefano Gerbaudo (per il quale è in corso la causa di beatificazione) sta concependo un progetto analogo con le sue Cenacoline. Nel 1948, infine, nasce «La Nostra Famiglia», un’istituzione per i bambini minorati psichici.
Seguendo la sua logica del seme che solo marcendo produce frutto, don Luigi muore il 29 settembre 1954, quando la sua opera è appena agli inizi. Continua però certamente ad assisterla dal cielo, se oggi questa è presente in 8 regioni italiane e in 4 paesi del mondo, con tanti centri di riabilitazione, il più famoso dei quali è quello di Bosisio Parini.
Aveva sempre detto che «il bene deve essere fatto bene» e che «la santità non consiste nel fare cose straordinarie ma nel fare straordinariamente bene le cose ordinarie». La Chiesa ha riconosciuto la validità di questa sua ricetta proclamando beato il 30 aprile 2006 don Luigi Monza, il sacerdote che non si accontentava di essere “farina” ma che voleva essere “lievito”.
Autore: Gianpiero Pettiti
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