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Beato Michele Borrero Picón Sacerdote e martire

26 luglio

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Beas, Spagna, 6 dicembre 1873 - Utrera, Spagna, 26 luglio 1936

Miguel Borrero Picón nacque a Beas, presso Huelva, il 6 dicembre 1873. Il 23 settembre 1890, a diciassette anni compiuti, fece domanda d’ammissione come allievo interno del Seminario Conciliare di Siviglia, che frequentò grazie a delle borse di studio. Il 19 settembre 1903 fu ordinato sacerdote, a ventinove anni. Nel 1911 chiese di poter lasciare il clero diocesano e di entrare nell’Ordine Cistercense, ma dovette desistere per consentire a sua madre di avere mezzi sufficienti per vivere. Nel 1923 divenne viceparroco di Santa Maria de la Mesa a Utrera, dove lo colse la guerra civile spagnola. La sera successiva alla rivolta che aveva dato inizio alla guerra, il 19 luglio 1936, si diresse al Municipio per ottenere la libertà di alcuni prigionieri, ma anche lui venne arrestato. Il 25 luglio venne raggiunto dall’economo curato della stessa parrocchia: insieme a lui confessava gli altri otto detenuti e li esortava ad accettare la morte. La mattina di domenica 26 luglio 1936, poiché si avvicinava un bombardamento, i carcerieri diedero ai prigionieri l’ordine di uscire. Il primo a farlo fu don Miguel, il quale, però, cadde morto, colpito in pieno petto da un colpo d’arma da fuoco; aveva sessantadue anni. L’economo, invece, sopravvisse e raccontò quanto gli era accaduto. Don Miguel, incluso nella causa di beatificazione e canonizzazione capeggiata da don Manuel González-Serna Rodríguez, che comprendeva in tutto venti martiri della diocesi di Siviglia, uccisi durante la medesima persecuzione, fu beatificato il 18 novembre 2023 nella cattedrale di Santa Maria della Sede a Siviglia, sotto il pontificato di papa Francesco. La memoria liturgica dell’intero gruppo ricorre il 6 novembre, giorno in cui le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del ventesimo secolo.



Miguel Borrero Picón nacque a Beas, presso Huelva, il 6 dicembre 1873, figlio di José Borrero Alfaro, calzolaio, e Juana Picón Ojuelo. Al Battesimo, ricevuto quattro giorni dopo nella chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, l’unica della cittadina, ricevette i nomi di Miguel Nicolás.
Il 23 settembre 1890, a diciassette anni compiuti, fece domanda d’ammissione come allievo interno del Seminario Conciliare di Siviglia, per intraprendere gli studi ecclesiastici. A causa degli scarsi mezzi familiari, riuscì a concluderli il 1° giugno 1903, ottenendo, in molte occasioni, delle borse di studio.
Il 19 settembre 1903 fu ordinato sacerdote, a ventinove anni. Tra i pareri raccolti nella sua cittadina natale, dove aveva risieduto dopo aver ricevuto il diaconato, si legge: «Per le eccezionali circostanze che riguardano l’espresso candidato e che sono state menzionate, lo si ritiene sibuto utile e idoneo al Ministero della Chiesa, degno di ottenere l’Ordine del Presbiterato per aver compiuto con pari dignità quanti atti sono annessi a quello del Diaconato».
Nei suoi primi venti anni di sacerdozio ebbe sempre incarichi nella provincia di Huelva: fu coadiutore (ossia viceparroco) a Cortegana per poco più di un anno; economo delle parrocchie di Castaño del Robledo (dove il suo lavoro per quattro anni fu così fecondo da provocare una sollevazione di popolo e autorità contro il suo trasferimento), El Villar, Lepe e Rosal de la Frontera; reggente della sua parrocchia natale a Beas.
Nel frattempo, nel 1911, chiese al cardinal Enrique Almaraz y Santos, arcivescovo di Siviglia, il permesso di lasciare il clero diocesano, affermando di ascoltare «ogni giorno con maggiore insistenza la voce di Dio che mi chiama alla penitenza in un Orine austero, quale quello Cistercense». Ottenne la licenza, ma si vide costretto a desistere, altrimenti sua madre non avrebbe avuto mezzi sufficienti per vivere.
Fu quindi trasferito a Moguer come cappellano delle Ancelle del Divin Cuore fino al dicembre 1915, quando accettò la nomina a Rosal de la Frontiera. Nel 1919 vinse per concorso il posto di parroco a Santa Olalla del Cala, presso Huelva, dove rimase fino al 1° marzo 1923. In quella data iniziò l’incarico come coadiutore nella parrocchia di Santa Maria de Mesa a Utrera.
Secondo il suo superiore, «compiva meravigliosamente i suoi doveri di coadiutore ed era un sacerdote pieno di fede e di amor di Dio, molto fervoroso nella celebrazione del Santo Sacrificio della Messa e negli altri ministeri».
Dopo la rivolta militare esplosa a Gibilterra il 18 luglio 1936, la Spagna cadde nella guerra civile. Nei primi istanti del conflitto, vennero dati alle fiamme i ritrovi e i centri politici della destra. Domenica 19 luglio 1936, tutte le celebrazioni si svolsero normalmente, tranne la Messa delle 11 nella chiesa di San Francesco, situata in una piazza affollata di rivoltosi.
Quella stessa notte, don Manuel, forse senza rendersi conto del pericolo che correva, si diresse al Municipio, sede del Comitato Rivoluzionario, per chiedere la libertà di alcuni prigionieri che considerava innocenti, ma anche lui venne arrestato e condotto in una delle carceri municipali.
Durante la detenzione, non smise di comportarsi da sacerdote: esortava i suoi compagni ad accettare la loro condizione con rassegnazione e parlava loro di Dio; più di una volta amministrò il sacramento della Penitenza.
Nei giorni seguenti, il Comitato s’impadronì degli edifici religiosi e continuò a incarcerare gli abitanti di Utrera, compreso l’economo curato, che, il 25 luglio, fu condotto nello stesso carcere in cui si trovava don Miguel insieme a otto laici. I due sacerdoti si promisero che sarebbero morti gridando «Viva Cristo Re!».
Alle prime ore della mattina di domenica 26 luglio, il rombo di alcuni aeroplani che volavano basso sopra la città annunciò un imminente bombardamento, che di fatto iniziò alle nove. I due sacerdoti, a quel punto, consacrarono alcuni pezzetti di pane comune (data l’emergenza) e diedero la Comunione ai prigionieri.  Mezz’ora più tardi, i carcerieri aprirono i cancelli e ordinarono a tutti di uscire.
Il primo a venire fuori, con addosso la sottana, fu don Miguel, che per tutta la prigionia era rimasto accanto alle sbarre della porta. Appena avanzò, fu colpito a bruciapelo al petto, cadendo morto all’istante. Al vedere quella scena, gli altri prigionieri si rifiutarono di uscire. Gli aggressori tornarono in altri due momenti, sparando finché non credettero che fossero tutti morti.
L’economo, invece, sopravvisse e raccontò quanto era accaduto. «Noi sacerdoti ci confessavamo reciprocamente, confessavamo i laici e pregavamo il Santo Rosario. Sin dalle prime ore della domenica, quel carcere fu un tempio e tutti noi prigionieri non abbiamo fatto altro che prepararci a morire bene».
Dopo la Comunione, lui e don Miguel pregarono per i loro nemici e chiesero «a Gesù la forza per sopportare la morte [...] Dopo un momento di raccoglimento, aspettavamo rassegnati la sorte che la Provvidenza aveva in serbo per noi».
Il corpo di don Miguel, «orribilmente mutilato», venne trasferito nell’ospedale locale da cui, la sera del 27 luglio 1936, venne condotto nel cimitero municipale di Utrera. Poco tempo dopo, i fedeli e gli amici del sacerdote posero una lapide in sua memoria.
Don Miguel, incluso nella causa di beatificazione e canonizzazione capeggiata da don Manuel González-Serna Rodríguez, che comprendeva in tutto venti martiri della diocesi di Siviglia, uccisi durante la medesima persecuzione, fu beatificato con loro il 18 novembre 2023 nella cattedrale di Santa Maria della Sede a Siviglia, sotto il pontificato di papa Francesco. La memoria liturgica dell’intero gruppo ricorre il 6 novembre, giorno in cui le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del ventesimo secolo.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2023-11-19

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