Nobile esempio d’amore materno, prega per oltre vent’anni, senza perdere mai la speranza, perché il figlio si converta. Madre di Sant’Agostino d’Ippona, Santa Monica nasce a Tagaste (Algeria) nel 331 da agiata famiglia cristiana. Saggia e virtuosa, incline a una profonda vita spirituale, studia la Bibbia. Monica è uno dei rari casi di donne a cui viene concesso di leggere e meditare sulle Sacre Scritture. Data in sposa a Patrizio, un modesto pagano, lei sopporta per tanti anni, con pazienza e dedizione, il suo carattere collerico e autoritario. Hanno tre figli, Agostino è il maggiore. Il marito si ammala e nell’ora della morte si converte e viene battezzato.
Monica rimane vedova a trentanove anni e deve allevare i figli da sola. Agostino, pur volendo bene alla madre, non le risparmia afflizioni e inganni. È un giovane ribelle. Si lascia guidare dagli amici che lo consigliano male, rifiutando le amorevoli raccomandazioni di sua madre che cerca di ricondurlo sulla retta via. Agostino, studente a Cartagine, ha un figlio da un’ancella con la quale convive. La madre, severa con lui, vorrebbe riportarlo all’educazione cristiana dell’infanzia e soffre quando Agostino aderisce alla Chiesa manichea (una religione orientale), tentando di coinvolgere lei e i fratelli.
Nel 383 Agostino vuole raggiungere l’Italia per insegnare retorica (arte di scrivere e parlare bene). La madre crede di partire con lui ma il figlio, con l’inganno, parte con la compagna, lasciandola a Cartagine. Monica, dopo aver versato tante lacrime, lo perdona e, decisa a ritrovare Agostino, lo segue imbarcandosi per l’Italia, senza stancarsi mai di pregare per la conversione dell’amato figlio. Nel 385 Agostino, in crisi, smarrito dall’incoerenza della Chiesa manichea, si trova a Milano dove Sant’Ambrogio lo convince a frequentare la sua scuola. Monica incontra il figlio e sente che, dopo vent’anni, le sue preghiere sono state ascoltate; felice lo sostiene, lo guida, fino alla conversione.
Dopo il Battesimo, Agostino, assieme alla madre, vuole tornare in Africa per cominciare la sua vita monastica. In attesa di rimpatriare, si fermano a Ostia. Per Agostino, uomo dal passato tempestoso, inizia un periodo di profonda riflessione. A contatto con la madre assimila i suoi insegnamenti e la sua fede. Riconoscente le dice: «Tu madre mi hai generato due volte». Inaspettatamente Monica si ammala e il figlio la veglia fino all’ultimo. Dopo nove giorni Monica si spegne a Ostia il 27 agosto 387. Protegge tipografi, donne sposate, madri e vedove.
Patronato: Donne sposate, Madri, Vedove
Etimologia: Monica = la solitaria, dal greco
Martirologio Romano: Memoria di santa Monica, che, data ancora giovinetta in matrimonio a Patrizio, generò dei figli, tra i quali Agostino, per la cui conversione molte lacrime versò e molte preghiere rivolse a Dio, e, anelando profondamente al cielo, lasciò questa vita a Ostia nel Lazio, mentre era sulla via del ritorno in Africa.
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Si dice spesso che accanto ad ogni grande uomo, c’è una grande donna. Questa affermazione viene ampiamente confermata dal legame che vi è stato tra Santa Monica e il figlio Sant’Agostino.
Nata nel 331 a Tagaste nella Numidia romana, lascia un’impronta fondamentale nella storia del cristianesimo, non solo perché madre del grande Agostino d’Ippona, ma anche per la sua personalità, la sua vivacità ed esuberanza, la sua intelligenza, la sua forza, la sua determinazione, la sua sensibilità, la sua tenacia, la sua mitezza, la sua fede incrollabile …
Monica seppe piegare la sua indole e accogliere con mansuetudine la volontà di Dio.
Nata in una famiglia benestante, le fu permesso di studiare e si dedicò con grande passione alla lettura delle Sacre Scritture. Fu data in sposa ancora adolescente a Patrizio, funzionario dell’amministrazione imperiale, uomo dal carattere irascibile, ma Monica riuscì a domarne il carattere con la tenerezza e la bontà. Patrizio ricevette il Battesimo in punto di morte. Rimasta presto vedova, allevò da sola i suoi tre figli. Per Agostino sognava un futuro brillante, ma il giovane la deluse con le sue scelte. A diciotto anni si trovò padre di Adeodato, figlio che amò profondamente, nato da una sua relazione con una giovane di rango inferiore al suo. Per la mentalità del tempo fu impossibilitato a regolarizzare la situazione. Non rese mai pubblico il nome della ragazza, indicandola sempre come “Illa”, con lei visse per circa quindici anni. Monica era grandemente addolorata della condotta di lui. Terminati gli studi a Cartagine, Agostino scelse di recarsi con la famiglia a Roma. La madre aveva deciso di seguirlo, ma egli la lasciò a Cartagine. Monica, per il dispiacere, passò la notte a piangere sulla tomba di san Cipriano.
All’inizio fu forse troppo insistente ed invadente nei confronti del figlio, tuttavia a poco a poco comprese che doveva stargli accanto con rispetto e discrezione. Suor Elisabetta Turchi dice: Agostino fiorisce quando lei smette di stare accanto a lui come una presenza “eccessiva”.
Ella soffrì moltissimo per l’adesione del figlio all’eresia manichea. Ciò che di lei sappiamo, di certi aspetti del carattere, delle sue debolezze, di qualche disobbedienza nell’adolescenza, del suo rapporto col figlio, ci è raccontato dal grande santo nelle sue “Confessioni”. Agostino ci riferisce anche di aver tentato, ma senza alcun successo, di attirarla nella filosofia manichea della quale era convinto seguace.
Agostino, d’accordo con quanto sosteneva Cicerone, affermava che la vera felicità sta nella Sapienza, nella Verità, nella Virtù. Egli era rimasto deluso dalla lettura della Bibbia e la religione di sua madre gli era apparsa come una “superstizione puerile”. Ma in seguito comprenderà che per avvicinarsi al Mistero, occorre farsi umili e piccoli come bambini. L’eresia manichea che negava la libertà dell’uomo, lo aveva molto affascinato: secondo questa corrente filosofica bene e male, cioè luce e tenebra, si contrappongono, dominando l’animo umano, quindi ogni azione dipende dalla predominanza ora dell’una, ora dell’altra forza. Tale concezione liberava Agostino da ogni complesso di colpa, non c’era responsabilità per gli errori da lui commessi, perché tutto dipendeva dal principio del male che lo dominava. Per ben sette anni aderì a questa eresia, ma a poco a poco Agostino si avvicinò al Cristianesimo e diede inizio ad una polemica serrata con i Manichei.
Con l’appoggio di Aurelio Simmaco ottenne una cattedra di retorica a Milano. L’influenza, l’umiltà, la sapienza biblica del Vescovo Ambrogio, aiutarono Agostino ad allontanarsi dall’eresia. La madre Monica, la quale aveva riposto nel santo Vescovo la speranza e la fiducia che potesse cambiare il figlio, lo raggiunse a Milano. Nelle “Confessioni” Agostino scriverà:” Il mio sdegno verso i Manichei si mutava in pietà per la loro ignoranza dei nostri misteri”.
Nell’Aprile del 387, durante la veglia pasquale, Agostino ricevette il Battesimo da Ambrogio (insieme col figlio Adeodato, col fratello Navigio e con l’amico Alipio). Monica, raggiante, era presente alla cerimonia. Aveva versato fiumi di lacrime per la conversione del figlio. Vedendola così afflitta, il vescovo di Milano un giorno le disse:”Non è possibile che il figlio di tante lacrime perisca!”
Agostino osserva:” Mia madre mi ha generato due volte, la prima nella carne a questa vita temporale, la seconda mi ha generato col cuore alla vita eterna.”
Nel trattato su “la felicità” , nel paragrafo “L'universale desiderio di felicità”.
Agostino riporta quanto segue:
… riprendendo il discorso, affermai: “Noi desideriamo esser felici”. Avevo appena espresso tale principio che l'accettarono all'unanimità. (Erano presenti alla discussione i familiari di Agostino) "Ritenete, soggiunsi, che sia felice chi non ha l'oggetto del suo desiderio?". Dissero di no. "Allora chiunque consegua l'oggetto del suo desiderio è felice?". Mia madre intervenne: "Se desidera e consegue il bene è felice; se poi desidera il male, ancorché lo raggiunga, è infelice". Ed io, sorridendole con espressione di gioia, le dissi: "Madre mia, decisamente hai raggiunto la vetta del filosofare.
E ancora il figlio espresse tutta la sua ammirazione verso sua madre osservando:” è una donna di fede virile, di assennata gravità, di cristiana pietà e materna carità… Si è presa cura non solo dei figli carnali, ma come se di tutti fosse la madre!”
Dopo che Agostino ebbe ricevuto il Battesimo, si ritirò ad Ostia con Monica e i due divennero inseparabili, scambiando colloqui di grande intensità spirituale che Agostino trascrive e che rappresentano una insostituibile guida per chi è alla ricerca di Dio.
I due, in continua preghiera, vissero una singolare esperienza mistica, ”un’estasi platonica”. Mancavano pochi giorni alla morte di lei e mentre parlavano tra loro, facevano progetti per l’avvenire spirituale, si chiedevano quale sarebbe stata la vita eterna dei beati e “aprivano il cuore alla Fonte della Vita”.
Si rivolsero all’”Ente in sé” salendo sempre più in alto nell’ammirazione delle opere divine, fino alla loro contemplazione, comprendendo che l’Ente in sé “E’ l’Eterno”, non c’è passato o futuro, c’è l’eterno presente. Così, parlando e contemplando, poterono cogliere “un po’ di eternità”.
Monica morirà dopo nove giorni, forse di febbri malariche, il 27 Agosto 387.
Agostino, dopo la morte della madre, tornò in Africa, fu ordinato sacerdote, fondò un Monastero, divenne Vescovo di Ippona, e si scagliò contro le eresie del tempo (Pelagianesimo, Donatismo, Manicheismo).
L’impronta della madre Monica, fu indelebile nella vita del grande Santo, ella seppe accogliere con mansuetudine la volontà di Dio. Il suo comportamento insegna alle madri di oggi la pazienza, la necessità di attendere che un figlio maturi liberamente la propria personalità e la propria vocazione. Fu capace di “dare vita” non solo materiale, ma anche spirituale. Un’altra sua caratteristica fu la preghiera insistente, fiduciosa, costante, tenace: non si stancherà mai di chiedere e sperare!
Papa Francesco ne ha esaltato le virtù affermando che può essere un esempio grande anche per le donne del nostro tempo: rappresenta con forza il “carisma femminile”, è un modello di “donna riuscita”.
Santa Monica è la patrona delle donne sposate e delle madri cristiane. Chiara Lubich la definisce “sede della sapienza e insieme madre di casa”.
Autore: Maria Adelaide Petrillo
A Monica si adatta alla perfezione, la definizione che Chiara Lubich fa di Maria nei “Scritti spirituali” (Città Nuova ed.) chiamandola ‘sede della sapienza, madre di casa’; perché Monica fu il tipo di donna che seppe appunto imitare Maria in queste virtù, riuscendo ad instillare la sapienza nel cuore dei figli, donando al mondo quel genio che fu Aurelio Agostino, vescovo e Dottore della Chiesa.
Nacque a Tagaste, antica città della Numidia, nel 331 in una famiglia di buone condizioni economiche e profondamente cristiana; contrariamente al costume del tempo, le fu permesso di studiare e lei ne approfittò per leggere la Sacra Scrittura e meditarla.
Nel pieno della giovinezza fu data in sposa a Patrizio, un modesto proprietario di Tagaste, membro del Consiglio Municipale, non ancora cristiano, buono ed affettuoso ma facile all’ira ed autoritario.
Per il suo carattere, pur amando intensamente Monica, non le risparmiò asprezze e infedeltà; tuttavia Monica riuscì a vincere, con la bontà e la mansuetudine, sia il caratteraccio del marito, sia i pettegolezzi delle ancelle, sia la suscettibilità della suocera.
A 22 anni le nacque il primogenito Agostino, in seguito nascerà un secondo figlio, Navigio ed una figlia di cui s’ignora il nome, ma si sa che si sposò, poi rimasta vedova divenne la badessa del monastero femminile di Ippona.
Le notizie che riportiamo sono tratte dal grande libro, sempre attuale e ricercato anche nei nostri tempi, le “Confessioni”, scritto dal figlio Agostino, che divenne così anche il suo autorevole biografo. Da buona madre diede a tutti con efficacia, una profonda educazione cristiana; dice s. Agostino che egli bevve il nome di Gesù con il latte materno; il bambino appena nato fu iscritto fra i catecumeni, anche se secondo l’usanza del tempo non fu battezzato, in attesa di un’età più adulta; crebbe con l’insegnamento materno della religione cristiana, i cui principi saranno impressi nel suo animo, anche quando era in preda all’errore.
Monica aveva tanto pregato per il marito affinché si ammansisse ed ebbe la consolazione, un anno prima che morisse, di vederlo diventare catecumeno e poi battezzato sul letto di morte nel 369.
Monica aveva 39 anni e dové prendere in mano la direzione della casa e l’amministrazione dei beni, ma la sua preoccupazione maggiore era il figlio Agostino, che se da piccolo era stato un bravo ragazzo, da giovane correva in modo sfrenato dietro i piaceri del mondo, mettendo in dubbio persino la fede cristiana, così radicata in lui dall’infanzia; anzi egli aveva tentato, ma senza successo, di convincere la madre ad abbandonare il cristianesimo per il manicheismo, riuscendoci poi con il fratello Navigio.
Il Manicheismo era una religione orientale fondata nel III secolo d.C. da Mani, che fondeva elementi del cristianesimo e della religione di Zoroastro, suo principio fondamentale era il dualismo, cioè l’opposizione continua di due principi egualmente divini, uno buono e uno cattivo, che dominano il mondo e anche l’animo dell’uomo.
Le vicende della vita di Monica sono strettamente legate a quelle di Agostino, così come le racconta lui stesso; lei rimasta a Tagaste continuò a seguire con trepidazione e con le preghiere il figlio, trasferitosi a Cartagine per gli studi, e che contemporaneamente si dava alla bella vita, convivendo poi con un’ancella cartaginese, dalla quale nel 372, ebbe anche un figlio, Adeodato.
Dopo aver tentato tutti i mezzi per riportarlo sulla buona strada, Monica per ultimo gli proibì di ritornare nella sua casa. Pur amando profondamente sua madre, Agostino non si sentì di cambiare vita, ed essendo terminati con successo gli studi a Cartagine, decise di spostarsi con tutta la famiglia a Roma, capitale dell’impero, di cui la Numidia era una provincia; anche Monica decise di seguirlo, ma lui con uno stratagemma la lasciò a terra a Cartagine, mentre s’imbarcavano per Roma.
Quella notte Monica la passò in lagrime sulla tomba di s. Cipriano; pur essendo stata ingannata, ella non si arrese ed eroicamente continuò la sua opera per la conversione del figlio; nel 385 s’imbarcò anche lei e lo raggiunse a Milano, dove nel frattempo Agostino, disgustato dall’agire contraddittorio dei manichei di Roma, si era trasferito per ricoprire la cattedra di retorica.
Qui Monica ebbe la consolazione di vederlo frequentare la scuola di s. Ambrogio, vescovo di Milano e poi il prepararsi al battesimo con tutta la famiglia, compreso il fratello Navigio e l’amico Alipio; dunque le sue preghiere erano state esaudite; il vescovo di Milano le aveva detto: “È impossibile che un figlio di tante lagrime vada perduto”.
Restò al fianco del figlio consigliandolo nei suoi dubbi e infine, nella notte di Pasqua del 387, poté vederlo battezzato insieme a tutti i familiari; ormai cristiano convinto profondamente, Agostino non poteva rimanere nella situazione coniugale esistente; secondo la legge romana, egli non poteva sposare la sua ancella convivente, perché di ceto inferiore e alla fine con il consiglio di Monica, ormai anziana e desiderosa di una sistemazione del figlio, si decise di rimandare, con il suo consenso, l’ancella in Africa, mentre Agostino avrebbe provveduto per lei e per il figlio Adeodato, rimasto con lui a Milano.
A questo punto Monica pensava di poter trovare una sposa cristiana adatta al ruolo, ma Agostino, con sua grande e gradita sorpresa, decise di non sposarsi più, ma di ritornare anche lui in Africa per vivere una vita monastica, anzi fondando un monastero.
Ci fu un periodo di riflessione, fatto in un ritiro a Cassiciaco presso Milano, con i suoi familiari ed amici, discutendo di filosofia e cose spirituali, sempre presente Monica, la quale partecipava con sapienza ai discorsi, al punto che il figlio volle trascrivere nei suoi scritti le parole sapienti della madre, con gran meraviglia di tutti, perché alle donne non era permesso interloquire.
Presa la decisione, partirono insieme con il resto della famiglia, lasciando Milano e diretti a Roma, poi ad Ostia Tiberina, dove affittarono un alloggio, in attesa di una nave in partenza per l’Africa.
Nelle sue ‘Confessioni,’ Agostino narra dei colloqui spirituali con sua madre, che si svolgevano nella quiete della casa di Ostia, ricevendone conforto ed edificazione; ormai più che madre ella era la sorgente del suo cristianesimo; Monica però gli disse anche che non provava più attrattiva per questo mondo, l’unica cosa che desiderava era che il figlio divenisse cristiano, ciò era avvenuto, ma non solo, lo vedeva impegnato verso una vita addirittura di consacrato al servizio di Dio, quindi poteva morire contenta.
Nel giro di cinque-sei giorni, si mise a letto con la febbre, perdendo a volte anche la conoscenza; ai figli costernati, disse di seppellire quel suo corpo dove volevano, senza darsi pena, ma di ricordarsi di lei, dovunque si trovassero, all’altare del Signore. Agostino con le lagrime agli occhi le dava il suo affetto, ripetendo “Tu mi hai generato due volte”.
La malattia (forse malaria) durò nove giorni e il 27 agosto del 387, Monica morì a 56 anni. Donna di grande intuizione e di straordinarie virtù naturali e soprannaturali, si ammirano in lei una particolare forza d’animo, un’acuta intelligenza, una grande sensibilità, raggiungendo nelle riunioni di Cassiciaco l’apice della filosofia.
Rispettosa e paziente con tutti, resisté solo al figlio tanto amato, che voleva condurla al manicheismo; era spesso sostenuta da visioni, che con sicuro istinto, sapeva distinguere quelle celesti da quelle di pura fantasia.
Il suo corpo rimase per secoli, venerato nella chiesa di S. Aurea di Ostia, fino al 9 aprile del 1430, quando le sue reliquie furono traslate a Roma nella chiesa di S. Trifone, oggi di S. Agostino, poste in un artistico sarcofago, scolpito da Isaia da Pisa, sempre nel sec. XV.
Santa Monica, considerata modello e patrona delle madri cristiane, è molto venerata; il suo nome è fra i più diffusi fra le donne. La sua festa si celebra il 27 agosto, il giorno prima di quella del suo grande figlio il vescovo di Ippona s. Agostino, che per una singolare coincidenza, morì il 28 agosto 430.
Autore: Antonio Borrelli
Poche altre figure nella storia del cristianesimo riescono a impersonare il carisma femminile come santa Monica, la madre amorosa e tenace che diede alla luce sant'Agostino, vescovo e dottore della Chiesa, e che ebbe un ruolo determinante nella conversione di lui. La liturgia fa memoria di lei il 27 agosto e la sua festività anticipa di un giorno quella dell'illustre figlio. In questa donna vissuta in gran parte nell'ombra troviamo la mitezza e la dolcezza, ma anche una straordinaria forza d'animo. E' una fede che non s'arrende, la sua, cresciuta, viene da pensare, sull'esempio di Maria.
Figlia di famiglia agiata, Monica nacque nel 331 a Tagaste, nell'attuale Algeria, in quel mondo "globalizzato" che era il tardo impero romano. Diversamente dall'usanza comune, che non permetteva alle donne di studiare, ricevette una buona educazione e fin da giovane lesse e meditò la Bibbia. Una donna cristiana, colta e libera, dunque, col cuore orientato ai tesori spirituali. Ciò che sappiamo della sua biografia si ricava dagli scritti di Agostino: in particolare nelle Confessioni il grande vescovo ripercorre la sua tortuosa, travagliata storia personale e spesso ci parla della madre. Sappiamo dunque che Monica sposò Patrizio, uomo di carattere aspro e difficile, che tuttavia lei seppe accogliere con dolcezza e avvicinare anche alla fede: venne infatti battezzato nel 371, poco prima di morire. Così Monica, a 39 anni, si trovò sola alla guida della casa dovendo anche prendere in mano l'amministrazione dei beni. Sappiamo che ai suoi tre figli la donna trasmise l'educazione cristiana fin dalla più tenera età: lo stesso Agostino dice di aver bevuto il nome di Gesù insieme al latte materno e di essere stato iscritto, appena nato, tra i catecumeni.
Crescendo però, arrivò, com'è noto, l'allontanamento: il giovane prese altre strade, sedotto dalle retorica e delle correnti filosofico-religiose più in voga in quegli anni, come il manicheismo, ma soprattutto iniziò una vita spregiudicata e sregolata, tra Cartagine e Roma. Non per questo Monica si arrese, ma continuò ad accompagnare il figlio con l'amore e la preghiera: nel 385 la troviamo a Milano, dove Agostino insegnava retorica. E fu proprio lì che avvenne il grande cambiamento: grazie alla predicazione di sant'Ambrogio, dopo tante traversie, Agostino abbracciò la fede cristiana, avviandosi su quella strada di santità che oggi ben conosciamo e che ha lasciato un segno indelebile nei secoli. Monica era presente al suo battesimo, nel 387.
Da allora i due non si separarono più. Deciso a intraprendere una vita monastica, Agostino decise di ritornare in Africa, fermandosi, come tappa intermedia, ad Ostia. E' in questo luogo, nella quiete serena di una casa, che tra madre e figlio si svolsero colloqui spirituali di straordinaria intensità, che Agostino scelse di trascrivere e che tutt'oggi rappresentano una guida per tanti cercatori di Dio. Monica si spense il 27 agosto del 387: Il suo corpo rimase per secoli nella chiesa di Sant'Aurea di Ostia, poi traslato a Roma nella chiesa di San Trifone, oggi di Sant'Agostino. «Mi hai generato due volte» le disse un giorno il figlio: alla vita e alla fede. La tenacia, la dolcezza e la sensibilità di Monica fanno di lei la patrona delle donne sposate e delle madri.
Autore: Lorenzo Montanaro
Fonte:
Note:
La Chiesa cattolica festeggia la santa il 27 Agosto e, in forma straordinaria, il 4 maggio.
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Aggiunto/modificato il 2023-08-16