Il Beato Egidio nasceva nel 1443 a Laurenzana, da genitori di umile condizione sociale, il padre agricoltore si chiamava Bello di Bello, e la madre Caradonna Personi. Al Battesimo gli fu imposto il nome di Bernardino di Bello, oltre a lui i genitori ebbero un altro fratello che si chiamava Vitale. Gli fu imposto il nome di un grande san Bernardino da Siena, il quale fu un grande protettore per il nostro amato Beato. Della sua fanciullezza non ci sono episodi espressivi, tranne che egli si fece frate ad un’età molto giovane. Egli da giovane frequentava molto le chiese, specialmente quella di S. Francesco, quale presagio per la sua vita futura. All’età circa di trent’anni entrò nel locale Convento francescano, nel quale qualche anno prima egli aveva patrocinato la costruzione (non sappiamo con quali fondi) di una piccola cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova. Dopo la sua entrata in Convento, da subito egli manifesta una santità lontana dal comune, poiché aveva uno spiccato senso per la spiritualità ascetica e contemplativa, infatti, molte volte disturbato dai rumori dei curiosi o dei confratelli, si ritirava in una selva, dove vi era una grotta, in seguito da lui stesso convertita in cappella, per la preghiera e l’incontro ravvicinato con il Creatore. Egli fu un semplice frate laico, non diventò sacerdote, probabilmente considerava un onore troppo grande per la sua persona. Nella contemplazione egli si sollevava ad una certa altezza dal suolo della scena del mondo, tanto da entrare in una profonda ascesi, dove il confronto con il suo Creatore lo estraniava completamente dalle cose che lo circondavano. Dopo la sua professione solenne, emettendo i voti perpetui di castità, povertà ed obbedienza, prese il nome Fra Egidio, volendo imitare la semplicità evangelica del compagno di san Francesco, Fra Egidio d’Assisi. Così, ora Fra Egidio, dopo aver vissuto le prove della vita terrena, l’esperienza del lavoro dei campi, il dolore dei distacchi umani, decide di dedicare interamente la sua vita al Signore. Nella sua nuova vita da seguace di Francesco, egli ricoprì vari incarichi, ma sempre i più umili, di solito quelli che nessun frate voleva svolgere, dal cuoco al portinaio, al sacrista, fino all’ultimo di giardiniere, infatti, egli non usciva mai per la questua, se non pochissime volte per andare a trovare qualche ammalato a i suoi genitori. Egli da subito si rivelerà come un frate con qualità eccezionali, infatti, aveva una tale capacità di persuasione, dovuta alla sua semplicità e dolcezza che lasciava intravedere il dono totale di sé, quale uomo mite e caritatevole verso l’altro. Egli condusse una vita molto austera per la santità della sua vita, e per configurarsi sempre più a Cristo sofferente, non a caso erano frequenti i suoi digiuni, infatti, si dice che il suo unico pasto fosse un tozzo di pane, alle volte diviso con chi non poteva permetterselo, molto frequenti erano le sue penitenze e la disciplina che anche la regola imponeva. La sua vita si snoda tra estasi e preghiera, si legge appunto negli atti del processo di beatificazione che egli si solleva due palmi da terra, e che venivano spesso gli uccelli a mangiare nel palmo della sua mano. E detto da testimoni che giurarono per il processo di beatificazione, che egli dopo il suo mesto pasto, si sedeva nel giardino e conversava con gli uccelli, mentre dava loro molliche di pane, allo stesso modo del Serafico Padre S. Francesco, il quale conversava con gli uccelli. Il suo apostolato e speso interamente nella sua terra di Laurenzana, tranne alcune brevi parentesi di tempo in alcuni conventi del circondario, tra cui a Potenza nel Convento “Santa Maria del Sepolcro”. E da notare la sua permanenza a Potenza nel suddetto convento, poiché si rese autore di un avvenimento prodigioso, quale la guarigione del figlio del Conte di Potenza Guevara gravemente ammalato, il frate giunto al capezzale del moribondo tracciando un segno di croce sulla sua fronte lo guarì. Oltre queste sue doti di taumaturgo, di lui si ricordano anche doti profetiche, infatti, a molti predisse il giorno della loro morte o di altri eventi, che poi si confermarono essere veri, oppure come il caso di un’altra signora che non aveva più notizie del marito che era andato in pellegrinaggio a Santiago de Compostela, il frate le disse che egli aveva perso un occhio, era stato malato, ma sarebbe ritornato tra le sue braccia a breve, è così avvenne.
Altro elemento rilevante della vita del Beato Egidio fu la sua continua lotta con il Principe di questo mondo, Satana. Mentre Egidio passa le notti in preghiera, com’era sua abitudine, poiché tra le sue penitenze vi era quella del mortificare anche il sonno, i diavoli lo assalgono e lo scuotono con violenza inaudita e lo trascinano per terra. Egli cerca sempre di nascondere questa esperienza, come ogni vero uomo di Dio fa, sapendo come essa sia un segno della volontà divina, il quale permette certe cose per provare la vera santità degli uomini, perché alle volte possono essere solo simulazione ed inganno diabolico, per cui va soggetta a corrompersi a causa dell’orgoglio e della troppa coscienza di sé, ed è un’esperienza che Dio fa alle anime più robuste. Molti suoi confratelli testimoniarono che sentivano Fra Egidio lamentarsi e scacciare qualcuno all’interno della sua cella, però non videro mai nessuno, ma dopo frequenti lamenti e rumori non poterono più nascondere il fatto e lo riferirono al Padre guardiano, al quale dopo ripetuti interrogatori Fra Egidio non poté non confessare tutto e ammettere che il demonio lo percuoteva quasi tutte le notti. Comunque l’ultimo assalto Satana lo sferra la notte di Natale del 1517, infatti, Fra Egidio passa tutta la notte in chiesa, vegliando davanti al Santissimo Sacramento, quando ad un tratto l’ira e la stizza del demonio inizia a disturbare l’orazione del fraticello spegnendo ripetutamente la lampada ad olio posta davanti al S. Sacramento. Ad un certo punto non sopportando la sovrumana pazienza del frate gli alita il fuoco sul corpo, ustionandogli il braccio sinistro e poi trascinandolo per terra e rovesciandogli addosso definitivamente l’olio bollente della lampada e poi scomparve. Le ustioni procurate e le sofferenze subite portarono l’ormai 75enne frate ad ammalarsi gravemente e a non alzarsi più dal letto. Nonostante le premurose cure di una nobildonna procuratrice dei frati, una certa Donna Lucrezia Trara, che gli fasciò le ferite, si spense il 10 Gennaio del 1518, passando serenamente tra le braccia del Padre, mentre la comunità salmodiava le preghiere del transito. Particolare curioso fu che al momento della sua morte, le campane suonavano pur essendo ferme, cosa che accadde anche sei anni dopo, nel giorno della sua esumazione, per collocarlo in una nuova e più dignitosa sepoltura. Subito dopo la sua morte moltitudini di popolo e numerosissimi fedeli, giunsero al Convento di Laurenzana da tutte le parti della Regione ed oltre, poiché la fama di santità che già avvolgeva la sua persona quando ancora era in vita, aumentò sempre più nel corso degli anni, raggiungendo numeri considerevoli che provenivano addirittura dalle Puglie, dalla Calabria e dalla Campania. Negli anni successivi alla sua morte furono registrati innumerevoli prodigi e guarigioni associati alla sua intercessione, tanto da far suscitare nella pietà popolare da subito la sua proclamazione a “Santo”. Nel 1593 fu l’anno del passaggio del Convento ai P. Riformati e della prima raccolta delle testimonianze sull’eroicità delle virtù di Fra Egidio da Laurenzana e mandate alla Sacra Congregazione per i Riti per attestarne l’eroicità di vita e poterne venerare le sacre spoglie; difatti ciò avvenne nel 1596 quando la Congregazione ne ratifica l’eroicità delle virtù e ne proclama il culto. Intanto i beneficiari di miracoli e di eventi prodigiosi continuano a segnalare tutto ciò alle autorità civili e religiose, i quali raccogliendo tutto il materiale, danno vita ad un comitato ad hoc per iniziare una possibile causa che lo proclami ne attesti la fama di santità per poterlo proclamare Beato. Intanto si susseguivano gli anni e generazioni di persone che ne attestavano la fama e la santità, ma il corso degli eventi socio-politici e culturali non permise un rapido corso per proclamare in terra una santità che agli occhi di Dio da sempre era evidente. A più riprese anche dai vescovi diocesani fu portata avanti la causa di beatificazione, fin quando nel 1876 l’Arcivescovo Metropolita di Acerenza Pietro Giovine fece ripartire con forza il processo, concludendo la fase diocesana, ed inviando a Roma la documentazione necessaria, la quale Congregazione per volere di Leone XIII ne approvò il culto immemorabile e lo confermò Beato in San Pietro il 24 Giugno del 1880.
Tutt’oggi il culto verso il Beato Egidio e molto vivo tra le popolazioni dell’area centro settentrionale della Basilicata e ne tiene viva la memoria di un conterraneo che ancora oggi fa rivivere il suo spirito di carità, e di santità votata all’amore per il prossimo e al grande culto per l’Eucarestia fino a donare la sua vita per il suo Sposo, né continua a segnare un sentiero sicuro e una bussola per le generazioni di questo popolo, certi che il Signore propone per noi modelli di come la santità consista nel vivere la vita con semplicità, poiché proprio l’amore ci libera e fa raggiungere le vette più alte del cielo.
Autore: Antonio Carmelo Romano
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