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San Severo di Ravenna Vescovo

1 febbraio

Ravenna, † 1 febbraio 344 ca.

Sul dodicesimo vescovo di Ravenna, Severo, sono scarse le notizie certe. Si sa che partecipò al Concilio di Sardica (l'odierna Sofia) nel 342-343. Fu sepolto nella zona di Classe. Testimonianze dell'antichità del suo culto sono le notizie di due traslazioni e i mosaici di Sant'Apollinare. Gli fu dedicata nel VI secolo una basilica, andata distrutta dopo il XV secolo. Per gli agiografi sarebbe stato un lanaiolo che, recatosi in chiesa dopo la morte del vescovo Marcellino, sarebbe stato eletto suo successore perché una colomba gli si posò sul capo. Secondo Liutolfo un monaco trafugò le reliquie per portarle in Germania. È infatti venerato " oltre che in Emilia-Romagna, Toscana e Marche " a Magonza ed Erfurt. I bassorilievi marmorei posti sul sepolcro trecentesco nella chiesa del santo ad Erfurt, lo raffigurano vestito degli abiti vescovili, in mezzo alle figure della moglie e della figlia, in devoto atto orante. Ma ben più numerose furono le chiese dedicatogli in tutta la provincia ravennate, nell'Emilia Romagna, in Toscana, nelle Marche. Solo a Faenza ve ne furono quattro.

Etimologia: Severo = austero, rigido, signif. chiaro

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Ravenna, san Severo, vescovo.

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Dall’antico ‘Catalogo Episcopale’ si ricava la notizia che s. Severo fu il 12° vescovo di Ravenna, dopo Marcellino e prima di Liberio; della sua vita purtroppo non si sa niente, tranne che il suo nome compare tra i partecipanti al Concilio di Sardica (antico nome di Sofia in Bulgaria), tenutosi nel 342-343, inoltre è fra i sottoscrittori dei canoni conciliari, della lettera sinodica a papa s. Giulio I (337-352) e di quella a tutti i vescovi.
Come riferiscono gli agiografi medioevali Agnello e Liutolfo, Severo morì un 1° febbraio in un anno dopo il 342 e in questo giorno venne ricordato nell’antico Calendario italico, inserito poi nel ‘Martirologio Geronimiano’; venne sepolto nella zona di Classe presso Ravenna, detta del ‘Vicus Salutaris’, in un sacello chiamato “monasterium S. Rophili” aderente al Sud della basilica del secolo VI.
Testimonianze dell’antico culto, sono le notizie di due traslazioni di reliquie del santo vescovo, una citata nel ‘Martirologio Geronimiano’ al 27 novembre, avvenuta a Milano, poco dopo l’episcopato di s. Ambrogio (340-397), insieme a quelle di altri quattro santi e un’altra celebrata al 3 settembre ad Aquileia, anche qui con quelle di altri quattro santi, fra cui s. Andrea apostolo.
Grande testimonianza del culto tributatogli a Ravenna, sono i mosaici di S. Apollinare in Classe (consacrata nel 549), situati nella parte inferiore dell’abside, rappresentanti i vescovi s. Severo, s. Orso, Ecclesio ed Ursicino, i primi due recano l’appellativo “Sanctus”, prova questa di sicuro culto.
E poi vi è la grande basilica di S. Severo, iniziata dal vescovo Pietro III nel 575 e condotta a termine da Giovanni Romano (578-95) e da lui consacrata il 17 maggio 582, collocandovi anche l’arca del santo.
Questa basilica abbinata ad un grande monastero benedettino, rimase integra fino al secolo XV, poi dopo varie vicende, venne definitivamente abbandonata e distrutta; era una grande basilica a tre navate divise da dodici colonne per parte; aveva l’abside poligonale all’esterno e semicircolare all’interno (tipo ravennate).
Per quanto riguarda i testi letterari che riguardano s. Severo, essi sono in buona parte leggendari, raccolti e trascritti dagli agiografi medioevali e da due sermoni di s. Pier Damiani (1072); la biografia che se ne ricava, dice che il santo, povero lanaiolo di Ravenna, si reca in chiesa dopo la morte del vescovo Marcellino, per assistere all’elezione del successore ed una colomba gli si posa più volte sulla testa, così che tutto il popolo riconosce che è lui l’eletto di Dio; poi racconta ancora che durante una celebrazione eucaristica, va in estasi e presenzia per un prodigio di bilocazione, alla morte dell’amico san Geminiano di Modena.
Gli muore la figlia Innocenza e dietro invito del santo, le ossa della defunta moglie Vincenza si spostano per lasciare alla figlia un posto nell’arca; infine sentendosi vicino alla morte, fa aprire l’arca che si era preparata, vi si distende e rende l’anima a Dio.
Tutti questi episodi si ritrovano, nella narrazione agiografica medioevale, nelle ‘Vite’ di altri santi.
Secondo l’agiografo Liutolfo, il corpo di s. Severo non rimase per molto tempo nella sua basilica di Classe; nell’842 un monaco franco di nome Felice, trafugò le reliquie di s. Severo, Vincenza e Innocenza e le trasferì prima a Magonza poi ad Erfurt, diffondendo così il culto in tutta la Germania, sorgendo chiese in suo onore.
Ma ben più numerose furono le chiese dedicatogli in tutta la provincia ravennate, nell’Emilia Romagna, in Toscana, le Marche, solo a Faenza ve ne furono ben quattro.
I bassorilievi marmorei posti sul sepolcro trecentesco nella chiesa del santo ad Erfurt, lo raffigurano vestito degli abiti vescovili, in mezzo alle figure della moglie e della figlia, in devoto atto orante.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2003-02-06

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