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San Massimo di Nola Vescovo

7 febbraio

III sec.

Primo vescovo della città campana, fu un uomo di fede e di carità che si prodigò per proteggere i suoi fedeli durante la persecuzione di Decio. Ridotta in fin di vita per la fame e il freddo, fu soccorso da san Felice, che la rifocilla con il succo di un'uva miracolosa e la affida alle cure di una pia donna. Massimo morì il 7 febbraio di un anno imprecisato del III secolo, e la sua tomba divenne meta di pellegrinaggi. Il suo corpo fu trafugato a Benevento nel 715 per salvarlo dalle scorrerie armate, e in seguito affidato ai monaci di Montevergine.

Martirologio Romano: A Nola in Campania, san Massimo, vescovo, che in tempo di persecuzione resse la Chiesa di questa città e dopo una lunga vita morì in pace.

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E' il primo vescovo della vetusta Chiesa nolana, di cui si abbia notizia certa, ma indiretta. Il suo ricordo è strettamente legato a quello dell'altro più rinomato santo molano, Felice prete, celebrato da san Paolino nei suoi classici Carmina natalicia. Il Martirologio Romano ne ha fissato la commemorazione, sconosciuta in epoca remota, al 15 gennaio, appunto perché giorno successivo alla festa di san Felice, mentre la Chiesa nolana lo celebra al 7 febbraio. Di lui fanno menzione san Gregorio di Tours nel De gloria Martyrum e Beda nella Vita s. Fellicis; entrambi questi scrittori dipendono da Paolino, che ricorda Massimo nei carmi IV e V, composti negli anni 398 e 399.
Conosciuto in qualche martirologio sotto il nome di Massimiano, Massimo fu vescovo probabilmente verso la metà del secolo III. Assai avanzato negli anni, sentendo di non poter sopportare la seconda persecuzione che infieriva contro i cristiani, cercò scampo rifugiandosi nei boschi. Ridotto agli estremi per la fame e il freddo, fu raccolto e soccorso da san Felice, che l’avrebbe rifocillato con il succo di un’uva miracolosa, indi affidato alle cure di una pia donna. Felice, poi, alla morte di Massimo, ne avrebbe ricusato la successione nell’episcopato.
Più marcatamente leggendario è il preteso pellegrinaggio del papa san Damaso, recatosi a Nola per sciogliere un voto sulla tomba di Massimo, la cui protezione avrebbe sperimentato in occasione di un’infermità e contro i suoi detrattori. L’episodio sarebbe attestato dal carme damasiano in onore di san Felice, che il De Rossi riferisce alla basilica nolana, il Silvagni a quella romana in Pincis. La tradizione ms. dei codici ha trasformato il Felix dell’iscrizione damasiana in Magne, e questo starebbe in luogo di Maxime.
Il corpo di Massimo verso il 715 sarebbe stato trafugato a Benevento dal vescovo di Nola Leone III, per salvarlo dalle scorrerie armate del principe Romualdo II; in seguito da re Guglielmo I sarebbe stato affidato in custodia ai monaci di Montevergine.
Benevento aveva una chiesa dedicata a Massimo nella zona di Porta Aurea e ne celebrava la memoria l’8 febbraio. Il bollandista G. Henskens lo identifica con l’omonimo festeggiato da un Breviario salernitano del vescovo Romualdo Varca (1153-1182).
Intitolati a un san Massimo confessore, Salerno ebbe pure una chiesa e un monastero con annesso ospedale, fondato nell’865 ed unito in seguito all’abbazia di Cava. Date le intime interferenze politico-culturali tra le due città, si può supporre che il culto di Massimo di Nola sia passato a Salerno, attraverso Benevento, donde pure dovette venirle il doppio monastero, maschile e femminile, dedicato a santa Sofia.


Autore:
Domenico Ambrasi


Fonte:
Bibliotheca Sanctorum

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Aggiunto/modificato il 2018-04-10

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