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> Home > Sezione Servi di Dio > Servi di Dio Giovanni Gheddo e Rosetta Franzi Condividi su Facebook Twitter

Servi di Dio Giovanni Gheddo e Rosetta Franzi Sposi

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Giovanni: Viancino (Vc), 22 aprile 1900 – Don River, Russia, 17 dicembre 1942
Rosetta: Crova (Vc), 3 dicembre 1902 – Tronzano (Vc), 26 ottobre 1934

Membri dell’Azione Cattolica, Rosetta morì di parto, mentre Giovanni venne inviato in Russia forse in punizione per il suo antifascismo. Lasciarono in tutti coloro che li conobbero un indelebile segno di santità. Il processo informativo per la loro beatificazione è promosso dall’Arcidiocesi di Vercelli ed è iniziato con il “nulla osta” concesso dalla Congregazione per le Cause dei Santi in data 30 settembre 2005.



La loro è una santità così straordinariamente ordinaria che adesso si fatica a metterne insieme i pezzi per dimostrarne l’eroicità. Anche se è inconfutabile, stando almeno alle testimonianze fino ad ora raccolte nell’inchiesta diocesana, avviata a Vercelli nel febbraio 2006 soprattutto sull’onda di grazie particolari ottenute da chi si è affidato alla loro intercessione. Parliamo di due giovani, forgiati dall’Azione Cattolica, che si sono amati, si sono sposati, sono passati attraverso il crogiolo della sofferenza e della guerra. Ed hanno lasciato un’impronta, che 70 anni dopo profuma ancora di eroismo e di donazione. Lei, Rosetta Franzi, nata a Crova nel 1902, ha il diploma di maestra, ma non può insegnare, perché il suo benestante padre dice orgogliosamente che le donne di casa sua non han bisogno di cercar lavoro, dato che lui non fatica a mantenerle. Così Rosetta collabora con le suore dell’asilo, supplisce le maestre assenti, insegna nelle scuole serali per analfabeti, naturalmente senza farsi pagare mai. Soprattutto, si impegna in parrocchia, come catechista e collaboratrice della parrocchia, accogliendo e aiutando tanti poveri. Lui, Giovanni Gheddo, nato due anni prima, si trasferisce a Tronzano e per un colpo di fortuna riesce a studiare ed a diplomarsi geometra, prima di andar soldato all’indomani della ritirata di Caporetto. Gli riesce poi di farsi conoscere, in paese e nel circondario, come progettista e segretario dei canali irrigui.  Ha un imperdonabile difetto: non riesce a farsi pagare il giusto e le sue parcelle sono sempre inferiori al dovuto, perché si lascia intenerire dalle varie situazioni di miseria che trova tra i suoi clienti. Non è certamente un caso che lo chiamino “il geometra dei poveri”, perché per loro lavora gratis; ma anche “il paciere”, perché spesso lo fanno intervenire nei casi in cui per la divisione dell’eredità ci sono famiglie che litigano tra loro. Se a questo aggiungiamo il suo desiderio di “essere sempre gradito a Dio”, di “fare del bene” e di salire “la faticosa scala della perfezione”, ecco il profilo di un laico che ha frequentato con profitto la “scuola di santità”, propria dell’Azione Cattolica. Giovanni mette gli occhi sulla maestrina e la sposa dopo dieci mesi di fidanzamento. Vanno in viaggio di nozze a Napoli, facendo prima una sosta di tre giorni al santuario di Oropa, dove dormono la prima notte in stanze separate, offrendo questo sacrificio perché il Signore benedica la loro unione con tanti figli, possibilmente dodici, e perché almeno  uno di questi diventi prete o suora. A cominciare dal 1929 i primi tre figli arrivano al ritmo di uno all’anno; poi due aborti spontanei e nel 1934 Rosetta muore per polmonite e setticemia in seguito al parto prematuro di due gemelli, che muoiono con lei. Sono appena sei gli anni di matrimonio, tutti vissuti con il Vangelo nel cuore e all’insegna della Divina Provvidenza:  “La cosa più importante è fare la volontà di Dio” diceva Rosetta, cui Giovanni faceva eco aggiungendo: “Siamo sempre nelle mani di Dio”. E mentre l’anziano e tradizionalista parroco vuole celebrare il funerale in paramenti bianchi perché considera Rosetta “un angelo”, Giovanni appare distrutto dalla vedovanza e soltanto aggrappandosi alla fede può continuare a lavorare ed a prendersi cura dei figli. Non cerca di risposarsi, perché di Rosetta continua ad essere innamorato anche al di là della morte, tanto più che ci sono la nonna e le zie a far da mamma ai tre orfanelli. Viene poi arruolato nel 1940 e spedito in Russia, in prima linea: si tratta, chiaramente, di una punizione per il suo ben noto antifascismo, dato che avrebbe diritto al congedo per l’età, per la salute e per il fatto di essere vedovo con tre figli minorenni. Le sue lettere dal fronte raccontano di come si tolga il pane di bocca per aiutare quella popolazione, stremata dalla guerra. Della sua fine, invece, hanno testimoniato due commilitoni: al momento della ritirata, sceglie di restare con i feriti intrasportabili dell’ospedale da campo, al posto di un giovane sottotenente, al qual dice espressamente: “Tu sei giovane, devi ancora fare la tua vita! Salvati, qui rimango io”.  È il 17 dicembre 1942, data “ufficiale” della sua morte nella steppa russa. A dimostrazione che, come diceva Bonhoffer, Dio non esaudisce tutti i nostri desideri ma mantiene tutte le sue promesse, solo una precisazione: i figli dei coniugi Gheddo non sono stati dodici, come avrebbero desiderato, ma il primo è diventato missionario del P.I.M.E., come i due Servi di Dio avevano chiesto la prima notte di nozze.


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2013-05-12

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