Nato pagano, Leone accumulò ricchezze per vanità mondana, ma in seguito, disprezzando i beni materiali, si convertì al Cristianesimo e dedicò la sua vita ad aiutare i bisognosi. Entrò a far parte del clero e divenne vescovo, morendo ad oltre ottant'anni. Nonostante alcune interpretazioni errate del suo epitafio, non ci sono sufficienti prove per considerarlo un martire o un santo.
Etimologia: Leone = leone, dal latino
Emblema: Bastone pastorale, Palma
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Il solo cod. Bernense del Martirologio Geronimiano lo ricorda il 14 marzo; alla stessa data fu inserito nel Martirologio Romano per decreto della S. Congregazione dei Riti nel 1871, dopo che erano stati trovati alcuni frammenti del suo epitafio, già conosciuto per mezzo della Silloge Lauresbamense. Dal Liber Pontificalis, poi, apprendiamo che il suo sepolcro si trovava nella basilichetta dedicata a s. Stefano dal papa Simplicio (468-83) e che sorgeva in agro Verano accanto a quella di S. Lorenzo.
L'iscrizione però, probabilmente dettata dallo stesso Leone, non autorizza a ritenerlo un martire poiché in essa si dice che egli, ancora pagano, preparò, con i frutti del suo lavoro e per vanità mondana, tutto ciò che stava presso il suo sepolcro; piú tardi disprezzando le ricchezze preferí seguire il Cristo e da quel momento ebbe a cuore di vestire gli ignudi e distribuire ai poveri le sue rendite annuali; in seguito si ascrisse tra il clero e meritò anche di essere fatto vescovo; morí ad oltre ottant'anni e fu sepolto il 14 marzo.
Il De Rossi, indotto dal dodicesimo verso dell'iscrizione in cui si legge "invidia infelix tandem compressa quiescet", ritenne Leone un martire autentico, poiché credette di vedervi un'allusione a persecuzioni ariane; ma contro questa ipotesi si può dire che in Italia le persecuzioni degli Ariani non furono cosí violente come in Oriente e non fecero vittime e nel sec. V, al quale con molta probabilità appartiene l'epitafio, gli Ariani non erano piú cosí potenti, come del resto non lo erano stati neanche prima.
Il Marucchi a sua volta, dal nome Lorenza, moglie di Leone, citato nella stessa iscrizione, credette di identificare Leone col padre del pontefice Damaso I. Contro tale opinione però, a parte il fatto che secondo l'autore del Liber Pontificalis quello si sarebbe chiamato Antonio, sta l'accenno che lo stesso pontefice ne fa in un'altra iscrizione: egli fa supporre che il padre fosse cristiano ed entrasse tra il clero fin da giovane, che non si convertisse dal gentilesimo in età matura e che non morisse ad oltre ottanta anni, dal momento che la moglie rimase vedova per sessanta anni.
In conclusione bisogna dire che Leone non soltanto non fu un martire, ma dall'iscrizione non possiamo neppure ricavare elementi sufficienti per ritenerlo santo.
Autore: Agostino Amore
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