Avignone, 906 c. - Souvigny, Francia, 994
Quarto abate di Cluny, nato tra il 906 e il 915, egli discendeva da una nobile famiglia provenzale e, dopo aver perso i genitori in giovane età, si rifugiò presso un cugino a Macon, dove intraprese la carriera ecclesiastica. La sua "conversione" lo condusse a Cluny, dove divenne discepolo di sant'Odone e, in seguito, abate nel 965. Sotto la sua guida, l'abbazia prosperò, moltiplicando i beni e diffondendo la riforma cluniacense in numerosi monasteri d'Europa. Maiolo era uomo di grande cultura e carisma, tanto da essere chiamato a risolvere questioni spinose e a rifiutare la tiara papale nel 974. Le sue relazioni con imperatori e re lo posero al centro della scena politica del tempo, mentre la sua fama di taumaturgo e la sua umiltà ne alimentarono il culto. Un rapimento ad opera dei Saraceni nel 972 non solo non lo fermò, ma contribuì a liberare la regione dalla loro presenza. Morì nel 994.
Martirologio Romano: Presso Sauvigny in Burgundia, ora in Francia, transito di san Maiólo, abate di Cluny, che, fermo nella fede, saldo nella speranza, ricco di carità, riformò molti monasteri in Francia e in Italia.
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La vita di Maiolo si racconta in poche parole; se, tuttavia, si volesse svolgere questo argomento, cosa che non è ancora stata fatta, si potrebbe scrivere una biografia in dieci capitoli. Il primo ci presenterebbe un grao santo, il cui culto fu tanto diffuso quanto vasta era la sua popolarità. Il secondo capitolo descrive rebbe un uomo elegante, ricco di preziose doti naturali e spirituali: colto, letterato, eloquente, che si era imposto per la sua carità assai piú che per la sua avvenenza, e nell'alleviare spesso la miseria aveva acquistato fama di taumaturgo. Nel terzo capitolo, il lupo di Gévaudan, strangolato dal padre di Maiolo, il conte di Forcalquier, illustrerebbe il trionfo della pecorella sulla belva, l'ascendente destinato ad accrescere con la generosità il lustro di una nobile famiglia.
Tale famiglia preferiva il domicilio di Valensole, dove Maiolo nacque tra il 906 e il 915.
Nel quarto capitolo, ci si dovrebbe muovere alla volta di Lione, madre delle arti, perché i Saraceni infestavano non soltanto la costa provenzale, ma tutta la regione alpina. Qui Maiolo perdette i genitori trovando, quindi, rifugio a Macon, presso un cugino che avrebbe fatto di lui un uomo di chiesa. Dopo aver frequentato le scuole di Lione, egli divenne infatti canonico e arcidiacono a Macon; rifiutò di diventare arcivescovo di Besancon perché ormai orientato verso una nuova strada. Nel quinto capitolo si dovrebbe narrare come, in seguito a una "conversione", egli divenne monaco a Cluny e discepolo di s. Odone. Le sue qualità lo destinavano a importanti cariche: bibliotecario, apocrisario nel 948 e infine, nel 954 coadiutore dell'abate Aimardo. Questo capitolo p otrebbe prendere il titolo dal "formaggio del cieco", perché una notissima leggenda dimostra da una parte l'autorità dell'abate divenuto cieco e dall'altra l'umiltà del coadiutore.
Il sesto capitolo si dovrebbe aprire nel 965: alla morte di Aimardo, Maiolo diventa "principe della religione" e a questo punto si dovrebbe illustrare l'attività di questo abate che moltiplicò i beni dei monastero, mantenne la disciplina nel chiostro e rese splendido l'Ordine cluniacense. Le sue relazioni con i principali personaggi del tempo, a cominciare dagli imperatori germanici e dai re di Francia e di Borgogna, l'indussero a incaricarsi della "riforma" di molti monasteri.
Si riscontra la, sua azione a S. Apollinare di Ravenna, a S. Pietro in Ciel d'Oro di Pavia nonché a S. Paolo di Roma, a Marmoutier e a Fleury, a St-Maur-des-Fossés, a St-Pierre-le-Vif di Sens, a St Germain d'Auxerre, a St-Benigne di Digione, e a Payerne, per ricordare soltanto i monasteri piú importanti.
Nel settimo capitolo si potrebbe ricordare che una tale irradiazione della sua attività comportava frequenti viaggi e spesso la necessità di valicare le Alpi. Uno di questi viaggi rischiò di riuscire fatale al santo e, tuttavia, la prigionia di Maiolo a Orsières nel 927, ad opera dei Saraceni, non è che un episodio, anche se ebbe importanti conseguenze, poiché destinata a provocare una generale commozione e fornire l'occasione di liberare il paese da quei pirati, distruggendo il loro covo di Fraxinet. Fatto che segna la fine delle invasioni e che coincide con la completa dissoluzione del diritto carolingio.
A questo punto si dovrebbe definire il ruolo di Maiolo, perché certamente il suo pensiero si orientava verso la conservazione dell'ordine antico, ma la sua attività, il suo speciale compito preludono alla comparsa di nuove strutture. Nel capitolo ottavo, la tiara ai piedi dell'abate illustrerebbe sufíicientemente il posto che gli si riconosceva nella Chiesa e quello che invece egli intendeva conservare: nel 974, l'imperatore Ottone II e sua madre Adelaide gli offrirono infatti la tiara, onde restituire al papato lo splendore perduto. Maiolo era abbastanza maturo e sufficientemente libero per rifiutare questo segno di stima e di amicizia, che avrebbe fatto di lui la vittima delle fazioni romane. Non perdette per questo, il suo ascendente, poiché, certo nel 980, riuscí a riconciliare l'imperatore e sua madre. Pur restando una potenza dell'impero Cluny conservò gelosamente la propria indipendenza, considerandosi prima di tutto una forza spirituale. Tra gli uomini di chiesa figurano come suoi migliori amici Gerardo di Tolone, Raterio di Verona, Attone di Vercelli ecc., vi si aggiungeranno poi uomini come Gerberto, dal quale apprendiamo quanto Maiolo fosse preoccupato della disciplina ecclesiastica nella Champagne e in Lorena.
Nel nono capitolo si potrebbe narrare come Maiolo, piú utile alla Chiesa nel suo chiostro che sul seggio apostolico, assicurò l'avvenire di Cluny: senza entrare nei particolari della sua amministrazione, ed evitando di fornite la lista completa dei grandi priori da lui destinati ai monasteri dipendenti, ricordiamo che egli istruí uomini come Guglielmo da Volpiano, futuro abate di S. Benigno e capo di un grande movimento di riforma, come Odilone di Cluny, che dopo il 992 divenne il suo principale appoggio, e suo coadiutore nel magg. 993. Nel decimo capitolo, per completare la descrizione dell'attività di Maiolo, bisognerebbe parlare della casa di Dio, poiché l'abate fece costruire, al termine della sua vita, quella bella chiesa, la "Cluny seconda" degli archeologi, cornice adatta a una numerosa comunità, che diede alla liturgia monastica cosí degno posto. Maiolo tuttavia, non vi doveva concludere la sua esistenza e non vi avrebbe ricevuto sepoltura: Ugo Capeto lo chiamò per risolvere alcune questioni a St-Maur-des-Fossés, ed egli si mise in cammino, ma, mancandogli le forze dovette fermarsi nel suo priorato di Souvigny, dove morí l'11 maggio 994.
CULTO.
Nulla dimostra meglio la fama di Maiolo della diffusione del suo culto, attestato da numerosi calendari liturgici. A Cluny ci si preoccupava di possedere una Vita del santo, cosí che, già nel 994, Sirus si dedicò a questo compito, Aldebardo condusse a termine l'opera, arricchendola di brani in versi: di questa vita in tre libri circolano tre recensioni. Nel 1033, Odilone redige una nuova Vita; poco dopo il 1142 Nalgoldo riprende ancora l'argomento e precisa quanto scritto da Sirus. Ver ranno aggiunti due libri di Miracula e gli Uffici liturgici, in cui Odilone apporta nuovamente il suo contributo.
A Souvigny, il vescovo Begone di Clermont, consacrò a Maiolo un altare eretto sulla tomba, poco dopo il 994; Urbano II riesumò il corpo nel 1095. Fra le chiese e i priorati che portano il nome del santo, bisogna ricordare la sua chiesa a Cluny e il priorato di Pavia.
Nel Martirologio Romano Maiolo è iscritto all'11 maggio.
Autore: Jacques Hourlier
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