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San Potamone Vescovo di Eracleopoli

18 maggio

† 341 o 345

Vescovo di Eracleopoli Maggiore nella provincia d'Arcadia, in Egitto, soffrì per la fede sotto l'imperatore Massimino Daia (311), il quale, dopo avergli fatto cavare un occhio e storpiare un piede, lo condannò alle miniere.  Dopo la liberazione partecipò al concilio di Nicea. Fu un amico fedele di sant'Atanasio, che difese coraggiosamente al concilio di Tiro (335), firmando anche la lettera dei suoi colleghi al delegato imperiale, Flavio Dionigi, in favore del loro patriarca. incorse naturalmente nell'odio degli Ariani che lo fecero espellere dalla sua sede sotto Costanzo per sostituirlo con uno di loro. Subì vessazioni tali da morirne nel 341 o 345. Potamone non figura nei sinassari greci; lo si trova in date diverse nei calendari egiziani. Il Baronio l'ha iscritto al 18 maggio nel Martirologio Romano perché l'ha confuso con un omonimo martire alessandrino, semplice prete, iscritto alla stessa data nel Geronimiano con trentasei compagni del quale esiste una passio latina.

Martirologio Romano: Ad Alessandria sempre in Egitto, santi Potamone, Ortasio, Serapione, sacerdoti e i loro compagni, martiri.


Le informazioni sulla nascita e sui primi anni di vita di San Potamone sono scarse. Tuttavia, le fonti storiche lo collocano nel contesto dell'Egitto del IV secolo, un periodo segnato da fermenti teologici e lotte politiche. Si presume che Potamone abbia ricevuto un'educazione solida, sia religiosa che culturale, che lo ha preparato al suo futuro ruolo di guida spirituale.
Salito al trono episcopale di Eracleopoli Maggiore, Potamone si distinse per la sua profonda pietà e per il suo zelo pastorale. La sua predicazione, impregnata di verità evangelica, attirò presto l'attenzione delle autorità imperiali, in quel periodo ostili al Cristianesimo. Sotto il regno dell'imperatore Massimino Daia (311), Potamone fu sottoposto a un processo iniquo e condannato a crudeli torture. Nonostante le sofferenze indicibili, il Vescovo non vacillò mai nella sua fede, rimanendo saldo come una roccia di fronte ai suoi persecutori.
Dopo la sua liberazione, Potamone partecipò attivamente al Concilio di Nicea (325), dove si discussero questioni teologiche di fondamentale importanza, tra cui la natura di Cristo. Potamone si schierò con decisione a fianco di Sant'Atanasio, strenuo difensore dell'ortodossia nicena contro l'eresia ariana. Il suo coraggio e la sua fermezza nella fede lo resero un punto di riferimento per molti, consolidando la sua fama di uomo santo e integerrimo.
L'odio degli Ariani verso Potamone non diminuì con il tempo. Sotto il regno di Costanzo II (337-361), il Vescovo fu vittima di un complotto ordito dai suoi avversari, che lo accusarono di crimini inventati. Condannato all'esilio, Potamone subì ulteriori vessazioni e sofferenze. La sua salute, già minata dalle torture precedenti, non resse a lungo e il Vescovo morì in esilio, tra il 341 e il 345, circondato dall'affetto dei suoi fedeli.


Autore:
Franco Dieghi

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Aggiunto/modificato il 2024-04-06

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