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San Gregorio Giovanni Barbarigo Vescovo

18 giugno

Venezia, 16 settembre 1625 - Padova, 18 giugno 1697

Gregorio Barbarigo nel 1656 viene incaricato da Alessandro VII di coordinare i soccorsi agli appestati dell'Urbe. Il Papa ha grande fiducia in questo 31enne sacerdote veneziano, conosciuto anni prima in Germania. Nel 1667 lo nomina vescovo di Bergamo, poi lo crea cardinale. Gregorio agisce secondo lo stile del suo modello: Carlo Borromeo. Passa poi a Padova dove dà grande slancio al seminario, puntando molto sul sapere teologico, biblico, ma anche delle lingue orientali. Si fa anche riformatore dei costumi del clero. «Mangia con la servitù e non lascia mai d'insegnare la dottrina cristiana, di fare missioni e assistenza a' moribondi», narra un testimone. Muore nel 1697. Beato dal 1761 verrà proclamato santo da Giovanni XXIII nel 1960.

Etimologia: Gregorio = colui che risveglia, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: A Padova, san Gregorio Barbarigo, vescovo, che istituì il seminario per i chierici, insegnò il catechismo ai fanciulli nel loro dialetto, celebrò un sinodo, tenne colloqui con il suo clero e aprì molte scuole, dimostrandosi generoso con tutti, severo con se stesso.

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Gregorio conosce presto la sofferenza quando a soli due anni perde la madre a causa della peste. Il padre, senatore della Repubblica di Venezia – dove il futuro Santo era nato nel 1625 – lo manda nel 1643 assieme all’ambasciatore veneziano Alvise Contarini a Münster in Germania, dove si preparava la pace di Westfalia che doveva porre fine alla sanguinosa Guerra dei Trent’anni. Qui avviene un incontro decisivo per la vita del giovane Gregorio: quello con il cardinale Fabio Chigi, futuro Papa Alessandro VII. Terminati gli studi a Padova, Gregorio a 30 anni diviene sacerdote. Alessandro VII lo fa venire a Roma e allo scoppio della peste gli affida il coordinamento del soccorso ai malati, che Gregorio Barbarigo porta avanti con molto amore e dedizione.

Vescovo e pastore come San Carlo Borromeo
La fiducia di Alessandro VII si rinnova poi nel metterlo alla guida della diocesi di Bergamo nel 1657. Anni dopo, nel 1664, gli verrà affidata quella di Padova. Il suo “stile” sarà in entrambi i casi quello ispirato a San Carlo Borromeo, modello per Gregorio che, prima di tutto, vende tutti i suoi averi per darli ai poveri. Visita in lungo e in largo le parrocchie delle diocesi a lui affidate, assiste i moribondi, fa diffondere tra il popolo la stampa cattolica, alloggia nelle case della poveri. Di giorno insegna catechismo ai bambini e di notte prega. Nel suo cuore centrale è anche la formazione dei sacerdoti per la quale si impegna a fondo nel Seminario di Padova, che arriva a essere considerato uno dei migliori d’Europa.

A Roma la missione per le Chiese orientali
Un altro momento clou dell’impegno di San Gregorio Barbarigo è quello per a riunificazione con le Chiesa orientali. Dopo essere stato vescovo di Bergamo e prima di svolgere il ministero a Padova, trascorre un altro periodo a Roma. Nel 1658 Alessandro VII lo crea cardinale. Sono gli anni in cui partecipa a diversi Conclavi. Innocenzo XI lo sceglie come suo consigliere e Gregorio lavora per la riunificazione con le Chiese orientali. Stimato dai Papi e amato dal popolo, Barbarigo muore a Padova nel 1697 e viene beatificato nel 1761. A proclamarlo Santo sarà, nel 1960, Giovanni XXIII, originario della zona di Bergamo e uno tra i firmatari, anni prima, degli appelli per la sua Canonizzazione.

(Vatican News)

 


 

Nel maggio 1656 scoppia a Roma la peste bubbonica, che dura fino all’agosto 1657, facendo migliaia di vittime. Il papa Alessandro VII (Fabio Chigi), che era a Castelgandolfo, torna subito nell’Urbe e si fa vedere in giro anche a piedi, per incoraggiare i romani. A dirigere i soccorsi in Trastevere, epicentro del contagio, sceglie il prete trentunenne Gregorio Barbarigo, di famiglia veneziana. E sa quello che fa. Era nunzio papale a Münster (Germania) nel decennio precedente, per la pace dopo la Guerra dei Trent’anni; e lì ha conosciuto il giovane Barbarigo, allora segretario dell’ambasciatore di Venezia. Lo ha poi consigliato negli studi, fino al sacerdozio. Infine, eletto Papa nel 1655, lo ha chiamato a Roma. Se ne fida come di sé stesso, e perciò lo manda tra gli appestati di Trastevere.
Lui obbedisce, senza però nascondere la paura. Ne scrive anche a suo padre. Ma quando vede come vive e muore quella gente, sa farsi capo, guida, fratello; è prete, infermiere, seppellitore, è il padre dei trasteverini.
Il Papa nel 1657 lo nomina vescovo di Bergamo e nel 1658 cardinale. In diocesi prende a modello Carlo Borromeo, con un appassionato accento personale nell’istruzione religiosa. Nominato vescovo di Padova (1664), nella città del grande Ateneo dà slancio al grande Seminario: stimola la formazione teologica e biblica e la vuole arricchita di sapere classico, di scienza e di familiarità con le lingue; dà ai chierici una ricchissima biblioteca e crea una tipografia anche con caratteri greci e orientali, gettando ponti culturali tra Europa e Asia. Al tempo stesso, dice un testimone, "mangia con la servitù e non lascia mai d’insegnare la dottrina cristiana, di fare missioni e assistenza a’ moribondi".
Sui costumi del clero, poi, davvero non scherza. Incaricato da papa Innocenzo XI di ispezionare un convento romano chiacchierato, dev’essere andato giù deciso, perché fulmineo "un timore salutare" coglie tutti i frati dell’Urbe (Pastor). Due volte è sul punto di diventare Papa, e dice sempre di no. Per lui, vivere è Padova, è lo studio, è la carità. E’ suonare la campana del catechismo ai bambini, preparando banchi e sedie da sé, per la gioia di educarli personalmente alla fede; come un tempo accudiva con le sue mani gli appestati di Trastevere.
Gregorio viene beatificato da Clemente XIII nel 1761. Poi tutto si ferma per 150 anni. Nel 1911 giungono a Pio X appelli per la sua canonizzazione, e uno di essi ha tra i firmatari anche il “prof. sac. Angelo Roncalli” di Bergamo. Il quale ancora non sa che deve passare un altro mezzo secolo ancora. E che infine sarà lui, col nome di Giovanni XXIII, a proclamare santo Gregorio, il 26 maggio 1960, in San Giovanni in Laterano, con un lieve, elegante accenno alla lunga attesa: "Noi amiamo felicitarci devotamente con lui scorgendolo elevato dalla Santa Chiesa al posto suo".


Autore:
Domenico Agasso


Fonte:
Famiglia Cristiana

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Aggiunto/modificato il 2001-02-01

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