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Marius Charamel Coadiutore Salesiano

Testimoni

Grenoble, Francia, 20 luglio 1880 – Lugo di Romagna, Italia, 11 aprile 1943

Nel 1893 entra nell’Oratorio salesiano di Marsiglia. 1899-1900 il noviziato. 1900-01 salesiano all’oratorio San Leone di Marsiglia. Nel 1902, quasi espulso dalla Francia, viene il Liguria, a Savona, a Varazze e poi ad Este (1908-1909). 1909-1940 viene a Sampierdarena, tranne la parentesi della guerra 1915-18, quando torna in Francia per il servizio militare al fronte. A Sampierdarena è maestro di musica e di banda. E’ docente di lingua francese. Compone musica e sussidiari per l’apprendimento della lingua francese. 1940-43 al confino a Lugo di Romagna, dove muore. Nel marzo dello stesso 1943 a 63 anni di età e 43 di professione.

Etimologia: Marius = maschio, dal celtico


“E’ qui Marius Charamel di Giovanni e Maria Francoeur, nato a Grenoble il 20 luglio 1880? Deve venire con noi in questura!”. Così,due questurini che si erano presentati in portineria. Siamo al 9 luglio 1940, la guerra contro Francia e Inghilterra era scoppiata da poco più di un mese e Charamel, francese, era un ipotetico nemico. Vani i tentativi di spiegazione, le implorazioni; vana la meraviglia e l’incredulità del direttore e dei confratelli. Charamel, il maestro di musica e di banda, il professore di francese, l’autore di pregevoli lavori per l’apprendimento della lingua francese, il compositore, viene portato via. Così è la guerra con le sue assurdità.
Si viene a sapere che Marius è stato rinchiuso nel carcere di Marassi a Genova... lui, un francese di fatto italiano, ma che per il fatto stesso di essere entrati in guerra con la Francia diventava un pericolo per l’Italia. Le leggi di guerra in certi casi riescono anche a diventare ridicole. Ma chi era in realtà questo “pericoloso” (!) coadiutore salesiano? Fuggito nel 1901 dalle inique leggi che l’anticlericale Combes stava per emanare e cioè la soppressione delle “corporazioni religiose”, la confisca dei beni ecclesiastici (figurarsi se poteva mancare una ordinanza del genere!), il divieto alle congregazioni religiose di insegnare, Marius Charamel, assieme ad altri salesiani francesi approda in Italia, mentre nella sua patria vengono chiuse e messe all’asta le case dell’ispettoria salesiana di Parigi, secolarizzate, angariate con spietatezza e costrette a mille sotterfugi per sfuggire all’annientamento le attività dell’ispettoria di Marsiglia. Egli, poco più che ventenne, messo davanti all’alternativa dalle autorità della nazione che aveva fatto del trinomio “Liberté, égalité fraternité” la sua bandiera, di essere o francese o religioso, non volle rinunciare a nessuna delle due qualifiche e decise di restare francese – fuori della Francia – e religioso.
Ad Este si getta nel lavoro che gli piaceva di più, la musica, e allestisce una fanfara che ben presto diventa l’anima di tutte le feste. Lui stesso diventerà un leader indiscusso tra i ragazzi, giudice delle vertenze, amico e insegnante ricercato. E non dimentica mai di essere francese. Tanto che quando nel 1914 la patria si trova in pericolo egli corre al suo posto di combattimento. Ma tornerà in Italia che ormai aveva eletta a seconda patria. Resterà a Sampierdarena fino al 1940, riverito maestro di musica che dirige con entusiasmo l’inno patriottico “Il Piave mormorava...”; che guida, lui repubblicano convinto, la “Marcia Reale” quando le autorità vengono in visita all’Istituto; che quasi si diverte, ridendosela probabilmente sotto i baffi, lui figlio della Terza Repubblica, quando fa eseguire dalla sua banda l’inno del Re d’Italia, o, addirittura “Giovinezza, giovinezza”... Tutto questo patriottismo non gli scongiura la galera... Forse i questurini che quel 9 luglio vennero a prelevarlo per portarlo a Marassi non lo sapevano, ma dovevano certamente saperlo il prefetto della città, il questore, i comandanti della varie armi che sempre nelle feste di collegio erano tra gli invitati, e sedevano in prima fila ad ammirare con gli occhi e con le orecchie la perfette esecuzioni di Marius Charamel, il barbuto maestro che tutto poteva sembrare eccetto che un nemico dell’Italia, a tutti poteva assomigliare eccetto che a un uomo pericoloso. L’avevano ammirato tante volte, eppure.... La guerra è cieca, sorda, insensibile, senza ricordi, senza emozioni, ottusa nei suoi giudizi, unilaterale nei suoi ragionamenti... Insomma cacciato dalla Francia perché religioso, incarcerato in Italia perché francese! Bel destino! Ma non lo internano in un campo di concentramento, si accontentano di esiliarlo in un istituto salesiano fuori dalla Liguria. Così lo ritroviamo, il nostro, presso i salesiani di Lugo di Romagna, una specie di confino, a fare ciò che sapeva fare meglio: tirar su la banda, insegnare musica, insegnare francese... blandamente sorvegliato a distanza dai carabinieri.
A Sampierdarena tutti lo ricordano: la sua banda, i suoi gesti, la sua barba, la sua musica, la sua erre moscia, le sue indiavolate partite in cortile, la sua briosa conversazione, la finezza dei suoi scherzi, la sua intramontabile allegria... Era diventato una leggenda. E dava esempio anche di preghiera con la sua puntualità, il suo raccoglimento: mani giunte e occhi chiusi per sprofondare meglio nel colloquio intimo e intenso con Dio.
Marius non poté più rivedere la sua Francia che aveva sempre nel cuore, anche se in Italia sapeva farsi italiano con gli italiani: Sampierdarena, infatti, era diventata un po’ la sua terra, perché lì aveva profuso il meglio di sé, acquistando quella notorietà e quella stima che lo salveranno dai campi di concentramento. Proprio a Lugo di Romagna morì l’11 aprile del 1943. Le esigenze della guerra imposero prudenza anche di fronte al suo cadavere: né la stampa laica, né quella salesiana dettero particolare risalto a questa dipartita. Solo “La Stampa” di Torino ne tratteggiò la figura indicandone la dote principale: “Nella musica vocale e strumentale quale maestro di canto e di banda egli eccelse e fu degno di stare con Dogliani, con Antolisei, con Pagella, con Musso, costituendo quella schiera di musicisti salesiani che tanto onore recava all’arte. Era un lavoratore eccezionale: lascia molte composizioni di indole sacra e per banda molto appezzate”. Ma venne ricordato anche per le sue “Tavole sinottiche della Grammatica Francese”, per il libretto “Brevi elementi di solfeggio parlato”, e brani di musica sacra che a Sampierdarena si continuò per molto tempo a eseguire, oltre al bozzetto musicale in due atti: “In collegio: chi la fa l’aspetti”. Tutti questi lavori sono stati editi dalla celebre Tipografia Salesiana di Sampierdarena. Di lui scrisse il Rettor Maggiore don Ricaldone, e ci pare sia l’elogio più bello: “Fu unico Charamel. Del suo stampo ne concedesse altri il Signore alla congregazione”.


Fonte:
www.sdb.org

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Aggiunto/modificato il 2001-02-01

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