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San Giuseppe Pignatelli Sacerdote gesuita

15 novembre

Saragozza, 27 dicembre 1737 - Roma, 15 novembre 1811

Martirologio Romano: A Roma, san Giuseppe Pignatelli, sacerdote della Compagnia di Gesù, che si adoperò a fondo per ridare vita a questa famiglia religiosa ormai ridotta quasi all’estinzione e si dimostrò insigne per carità, umiltà e integrità morale, sempre rivolto alla maggior gloria di Dio.


Giuseppe Pignatelli nacque a Saragozza, in Spagna, il 27 dicembre 1737, dal principe Antonio e dalla marchesa Francesea Mancavo. Dodicenne entrò con il fratello Nicola nella Compagnia di Gesù, dove diede mirabili prove di eroismo e di virtù. A quindici anni, l’8 maggio 1751, entrò nel noviziato della provincia aragonese, una casa santificata dalla presenza di S. Pietro Claver, l’apostolo dei Negri. Vi si distinse nella pietà, nello studio e nell’esercizio della carità. Chiese insistentemente di essere mandato nelle Missioni fra gli Indiani d’America, ma i suoi voti non poterono essere appagati: la sua salute era molto cagionevole: si riebbe però, e nel dicembre del 1762 fu ordinato sacerdote.
Posto come insegnante di grammatica nel collegio di Saragozza, mostrò una particolare finezza pedagogica, unendo all’istruzione l’insegnamento pratico della virtù. Nel contempo visitava le carceri prendendosi cura speciale dei condannati a morte, ciò che gli valse il nomignolo popolare di padre degli impiccati. Già uomo di consiglio, benché appena trentenne, era largamente consultato: il suo zelo si impiegava inoltre nella difesa della Compagnia, fatta oggetto di una ignominiosa guerra.
Tra il 1759 e il 1768 i Gesuiti furono cacciati dai domini del Portogallo, disciolti in Francia, deportati dalla Spagna, dal Regno delle due Sicilie, da Parma e Piacenza e da Malta. Dalla Spagna i Gesuiti furono imbarcati su tredici navi mercantili, scortate da tre corvette reali al comando di Antonio Carcelò, e deportati negli Stati Pontifici. Ma c’era un altro pilota in quella flotta di profughi, Giuseppe Pignatelli, che da quel giorno prese il timone della dispersa Compagnia, e con l’aiuto di Dio, la condusse sicura attraverso i mari e le città d’Italia, pur fra nuove e più violente tempeste.
Il papa Clemente XIII protestò solennemente con la bolla “Apostolicum”, contro le espulsioni dei Gesuiti, ma ottenne effetto contrario.
La rivoluzione francese e poi in seguito le guerre napoleoniche crearono attorno a lui una situazione di incertezza e di timore: ma alla fine, il Beato vinse. A Colorno, nel ducato di Parma, poi a Roma e a Napoli potè ristabilire case della sua diletta Compagnia, dove morì il 15 novembre 1811.
Pio XI lo ascrisse tra il numero dei beati il 28 maggio 1933.


Autore:
Antonio Galuzzi

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Aggiunto/modificato il 2001-11-19

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