Huè, Vietnam, 17 aprile 1928 - Roma, 16 settembre 2002
François Xavier Van Thuân nacque a Phủ Cam in Vietnam, il 17 aprile 1928, da una famiglia cattolica. Entrato adolescente in Seminario, venne ordinato sacerdote nel 1953 e proseguì gli studi a Roma. Una volta tornato in patria, divenne docente in Seminario, poi vicario generale della diocesi di Huê e, nel 1967, vescovo titolare della diocesi di Nha Trang. Il 15 agosto 1975, poco dopo essere stato nominato da papa Paolo VI arcivescovo coadiutore di Saigon, venne convocato con un pretesto dalle autorità comuniste e accusato di essere una spia al servizio del Vaticano e delle potenze straniere. Iniziò cosi il suo travagliato percorso, durato tredici anni, tra domicili coatti, celle d’isolamento, campi di prigionia e torture di ogni sorta, costantemente illuminato da un’incrollabile speranza. Il 21 novembre 1988 venne finalmente liberato: espulso dal Paese, riparò a Roma, dove papa Giovanni Paolo II lo nominò Presidente della Commissione Giustizia e Pace della Santa Sede. Fu voluto dallo stesso Pontefice come predicatore degli Esercizi spirituali per la Curia Romana nella Quaresima del 2000 e venne creato cardinale nel Concistoro del 21 febbraio 2001. Proprio mentre si preparava alla cerimonia, ricevette gli esiti di alcuni esami: aveva un cancro molto raro, che lo portò alla morte il 16 settembre 2002. La sua causa di beatificazione, ottenuto il nulla osta l’8 marzo 2010, si è svolta nel Vicariato di Roma dal 22 ottobre 2010 al 5 luglio 2013 ed è stata convalidata il 22 novembre dello stesso anno. Il 4 maggio 2017 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui è stato dichiarato Venerabile. I suoi resti mortali riposano dall’8 giugno 2012 nella chiesa di Santa Maria della Scala a Roma.
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Ha il martirio nel suo dna: tutta la famiglia materna (ad eccezione del nonno, che in quel periodo è in Malesia) nel 1885 viene sterminata con l’incendio del villaggio, dato alle fiamme perché abitato da cristiani, mentre per linea paterna innumerevoli sono i perseguitati e gli uccisi per la fede tra il 1668 ed il 1885. La loro memoria è tenuta viva in famiglia, li si rievoca quando son seduti per la preghiera della sera attorno a nonna, che non li lascia mai andare a letto senza aver fatto recitare loro il rosario per i sacerdoti.
Non è quindi un caso che quando anch’egli sarà imprigionato per la fede, sua madre faccia pregare per lui ogni sera: non per chiedere la sua liberazione, ma piuttosto perché resti sempre fedele alla Chiesa e perchè impari a perdonare i suoi persecutori. È abbastanza normale, dunque, che in una famiglia così nasca, cresca e si formi cristianamente un personaggio che noi oggi conosciamo come il cardinale François Xavier Nguyên Van Thuân.
Nato a Huê il 17 aprile 1928, entra in seminario a 13 anni e diventa sacerdote l’11 giugno 1953. Dopo essersi laureto a Roma in Diritto Canonico nel 1959, ritorna in Viet Nam a fare il professore, il rettore del seminario e il vicario generale della diocesi di Huê. Nel 1967, ad appena 39 anni, viene eletto vescovo titolare della diocesi della diocesi di Nha Trang.
I suoi guai iniziano nel 1975, dopo la nomina a vescovo di Saigon: incarcerato dai Viet Kong, resterà in cella per 13 anni, nove dei quali in isolamento, senza un processo, senza un giudizio,senza una condanna. Entrato da uomo libero nel palazzo presidenziale nel primo pomeriggio del 15 agosto 1975, ne esce alcune ore dopo come detenuto sotto scorta, senza ricambi o effetti personali.
Nei giorni successivi può chiedere un cambio di biancheria e medicine per il “mal di stomaco”, che i suoi fedeli capiscono subito nel significato recondito, fornendogli una bottiglietta di vino e ostie per la celebrazione dell’Eucaristia. Con alcune gocce di vino, tenute nel palmo della mano, e con i frammenti di ostie, ogni giorno può celebrare messa: naturalmente a memoria, perché non può tenere con sé libri e tantomeno messali.
Da sotto la zanzariera riesce a dare la comunione ai cinque cattolici che dall’esterno hanno partecipato alla celebrazione cercando di dare nell’occhio il meno possibile. I frammenti consacrati residui sono poi conservati in un pacchetto di sigarette, che, secondo le necessità, funziona egregiamente da tabernacolo, pisside, teca per la comunione ai malati e addirittura da ostensorio, davanti al quale gruppetti di detenuti si radunano per l’adorazione.
Riesce a comunicare con l’esterno grazie ad un bambino di 7 anni, che gli procura in carcere carta e matita e che poi con aria innocente riesce a far passare sotto il naso dei burberi carcerieri i messaggi del vescovo prigioniero alla sua comunità. A casa il bambino può contare sulla complicità di fratelli più grandi di lui, che prontamente li ricopiano e li diffondono: in questa maniera avventurosa nascono i libri del vescovo (tradotti poi anche in italiano), il cui tema dominante è la speranza.
Le autorità lo temono, perché parla di amore e perdono e rischia di “contaminare” le guardie; arrivano al punto di sostituire il picchetto ogni due settimane, ma alla fine devono arrendersi, perché quest’uomo, disarmato e impotente, con la sua sola presenza e con la sua testimonianza, risulta estremamente contagioso.
Nei duri anni di completo isolamento, oltre alla messa, non ha altra consolazione che rileggere le 300 frasi del vangelo, imparate a memoria e trascritte su pezzetti di carta e che porta sempre con sé, insieme a due puzzolenti pagine dell’Osservatore Romano, utilizzate per incartare un pesce ricevuto in dono, ma che a lui fanno sentire il legame con la Chiesa di Roma.
Liberato il 21 novembre 1988 ed espulso dal suo paese, si trasferisce a Roma nel 1991, quando cioè ha la certezza di non poter più rientrare in Viet Nam. Giovanni Paolo II gli affida la presidenza del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, lo chiama nel 2000 a predicare gli esercizi spirituali alla Curia Romana e nel 2001, infine lo crea Cardinale.
Muore il 16 settembre 2002, dopo lunghe sofferenze per una rara forma di cancro. «Sogno una Chiesa che abbia nel cuore il fuoco dello Spirito Santo, e dove c'è lo Spirito c'è libertà, dialogo sincero con il mondo e specialmente con i giovani, con i poveri e con gli emarginati», aveva detto un giorno. Chi l’ha conosciuto sostiene che in lui questo fuoco ardeva sempre. Per questo, già dal 2007, è iniziato il processo per la sua beatificazione. L’eroicità delle sue virtù cristiane è stata riconosciuta col decreto autorizzato il 4 maggio 2017.
Autore: Gianpiero Pettiti
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