A Cantalpino (Spagna), una bambina mendicante, nata nel 1899, assieme al padre chiede l’elemosina. Essi percorrono, a piedi, le vie dei paesi vicini alla casa in cui vivono, per non essere riconosciuti. La mamma Juana Yenes e i quattro fratellini li aspettano nel loro misero tugurio, per mettere qualcosa da mangiare a tavola.
La piccola Eusebia, sette anni, dopo la prima elementare non va più a scuola. È inverno e fa tanto freddo. Eusebia accompagna papà Agostino Palomino, bracciante disoccupato, che dolcemente la conforta. Quando si fermano nel bosco, il papà accende un fuoco e in un tegamino cucina una zuppa con quello che la povera gente di campagna regala loro: pane, un po’ di lardo, ceci. Per la bimba la zuppa è deliziosa ed è contenta di avere un papà così buono.
Eusebia ha occhi espressivi e dolci. È felice di saltellare in mezzo alla natura, ama i fiori, gli uccellini, le nuvole. Quando bussa alle porte delle povere cascine Eusebia chiede: «Un po’ di pane per l’amor di Dio», e nessuno resiste al suo sorriso. Grande cuore sanno avere i poveri, mentre alcuni ricchi, avari, non danno nulla.
La famiglia di Eusebia non perde la speranza. Papà e mamma pregano, hanno fede, sentono che in Cielo qualcuno li ama e penserà a loro. Eusebia è devota alla Madonna e spesso la invoca. Nella loro casa regna la serenità perché manca tutto (papà Agostino lavora come bracciante solamente per pochi mesi all’anno), ma non l’amore. Eusebia a dieci anni fa la pastorella, la bambinaia e, poi, la domestica. Semplice e ingenua regala medagliette della Madonna ai soldati sbandati che incontra per strada, parlando loro di Gesù.
Un giorno l’oratorio di Maria Ausiliatrice, frequentato da Eusebia la domenica, le offre di occuparsi della cucina, delle pulizie, dell’orto e di accompagnare le ragazzine a scuola. Eusebia accetta con gioia. Il suo primo incarico è macinare il caffè. La giovane, nonostante sia quasi analfabeta, diventa suora salesiana nella casa di Valverde (Sud della Spagna). Le fanciulle dell’oratorio la amano. Eusebia racconta la storia dei santi catturando la loro attenzione e facendo fiorire tante vocazioni. Pela le patate e intanto dà consigli e compie miracoli come quando salva un uomo che sta annegando, lanciandogli il crocifisso che porta al collo.
Eusebia muore nel 1935: come aveva predetto, durante il funerale le campane – che sembrano mosse da mani invisibili – suonano per lei da sole.
Autore: Mariella Lentini
Nata in un tugurio
Spagna, Cantalpino, un povero paese di contadini e di pastori. Nel 1899, in una famiglia poverissima, cui mancava spesso il pane, nasce Eusebia Palomino. La sua casetta – l’ho vista in una foto – è uno squallido tugurio, più povera dell’abitazione di Giovannino Bosco ai Becchi di Castelnuovo d’Asti.
Eppure Eusebia e i suoi familiari sono sereni, persino felici: mentre la mamma prepara la frugale cena, papà spiega il catechismo alle bambine. Pregano insieme il Signore e la Madonna. Vivono nell’abbandono fiducioso in Dio: Lui sa che ci sono pur loro al mondo.
A sei anni, Eusebia comincia a frequentare le prime classi elementari del villaggio. Sovente a scuola non è preparata, anche perché è spesso assente: i suoi hanno bisogno di lei nei lavori. Ma è intelligente e sa tante cose che le compagne più fortunate non sanno.
Non ancora decenne, un giorno segue il papà che lascia la casa e va a chiedere l’elemosina per sopravvivere nei paesi dove non è conosciuto. Per strada, Eusebia canta, prega la Madonna, come si parla con la mamma. Ritorna a Cantalpino e trova lavoro come “baby sitter” e domestica.
Il primo incontro con Gesù nella Comunione la rapisce di felicità. Possiede Lui, è posseduta da Lui. Per vivere fa anche la pastorella: le affidano pecore, mucche, vitellini cui accudire. È grande la pace nei pascoli: Eusebia, in silenzio, prega il dolce Ospite della sua anima.
Serva di Gesù Servo
Ma la povertà e la miseria sono sempre grandi. Così verso i 13 anni, trova lavoro a Salamanca. Il distacco dai suoi è doloroso. È assunta come serva in una casa di signori: come “criada”, cioè serva tutto-fare. Un’esperienza nuova che non la intimidisce.
Quando va a far la spesa, per strada avvicina i poveri e dà loro il poco che possiede. Non riesce a tenersi dal fermarsi con i bambini per parlare loro di Gesù, della Madonna, del loro amore per noi. I soldati che incontra, soli, spesso sbandati, le fanno tenerezza: con una semplicità disarmante, da vera bambina, dà loro una medaglietta della Madonna, ricorda loro i doveri cristiani. Quelli la guardano, la ascoltano incantati. Forse è un angelo disceso dal cielo?
Vede che le altre ragazze vanno a divertirsi: i balli, le compagnie rumorose. Prova il desiderio di fare le stesse cose, ma una Voce interiore le dice: “Questo non è per te”. Da fanciulla aveva avuto dei sogni e ora continua a averli. Una notte aveva sognato Gesù Crocifisso: le sue piaghe erano splendide e illuminavano il mondo. Un’altra volta sogna la Madonna con tanta gente ai suoi piedi. Poco tempo dopo, incontra una ragazza che la invita all’oratorio tenuto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Eusebia va, scopre un mondo nuovo: le pare d’essere nata proprio per vivere in quel mondo. Le Salesiane la assumono come collaboratrice, per lavorare in cucina, nell’orto, dove c’è da sfaccendare. Notano che ha qualcosa di eccezionale, sotto i suoi modi dimessi e schivi.
Le alunne dell’oratorio, dopo qualche giorno, fanno amicizia con Eusebia: è giovane come loro, parla con dolcezza, con una naturalezza da stupire. In breve tutte la cercano e commentano: “Dice cose meravigliose sulla Madonna”. Le ragazze vorrebbero stare sempre con lei. Ha su di loro un ascendente straordinario.
Un giorno passa l’Ispettore (il superiore della “provincia”salesiana) e le dice: “Tu vuoi diventare Figlia di Maria Ausiliatrice?”. Eusebia risponde: “Sì”. Non aveva mai avuto altro desiderio. Il 31 gennaio 1921, inizia il suo cammino formativo come postulante. Continua a lavorare come tuttofare. È un’innamorata di Gesù. I suoi scritti traboccano di espressioni ardenti. Davanti al tabernacolo, esclama: “Adiòs, mio Prigioniero, che te ne stai lì, pazzo di amore per me. Perché non mi fai tua prigioniera e pazza di amore per Te?”.
Il 5 maggio 1922, veste l’abito religioso: è novizia. Incarico: ortolana, con tutte le mansioni che capitano. È devotissima della Madonna e si fa sua “schiava d’amore” secondo l’insegnamento di S. Luigi de Montfort. Ama “il rosario delle Sante Piaghe” rivelato da Gesù stesso all’umile visitandina suor Marta Chambon.
Alla vigilia dei voti, si ammala gravemente e non è ammessa alla professione. Quando sta per essere rimandata a casa, le superiore la ammettono ai voti. Diventata finalmente Figlia di Maria Ausiliatrice, spiega: “Facciamoci sante, il resto è solo perder tempo”. Vive da serva, come Gesù, Servo di Dio, con un “sì” pieno, totale.
I fioretti di suor Eusebia
È destinata alla casa salesiana di Valverde del Camino. È l’agosto del 1924. Gli incarichi sono ancora quelli di un’umile “criada”: cucina, orto, guardaroba, qualche volta in oratorio. Ha un temperamento forte, ma è umile, dolcissima, mortificata, sempre pronta a spezzarsi dalla fatica. L’intimità con Gesù è sempre più profonda. Trova Dio dappertutto: nella preghiera, nella natura, nelle bambine che vengono all’oratorio. Vive alla sua presenza ma diventa estatica davanti al Tabernacolo, soprattutto quando Gesù Eucaristico è esposto solennemente sull’altare.
Le fanciulle la ascoltano e non si staccherebbero mai da lei: ella parla loro di Gesù Crocifisso, della Madonna, delle missioni, del Paradiso. Tutte la vogliono e la cercano e sentono in lei il fascino della santità. Uno dopo l’altro succedono tanti piccoli grandi episodi che stupiscono. Un giorno, tranquillizza con dati precisi e sconcertanti una madre che ha il figlio in guerra in Marocco. Un’altra volta fa scaturire l’acqua da un pozzo asciutto; un altro giorno, “non permette” che piova su una povera casa in costruzione, perché il proprietario non sia danneggiato. Un’altra volta, trova uova nel pollaio quando le altre suore, un istante prima, non ne avevano trovato neppure uno.
È sempre più innamorata della Madonna – che invoca con i titoli di Immacolata e di Ausiliatrice, come don Bosco, e diffonde, senza tregua la “schiavitù” d’amore a Lei, come aveva insegnato il Montfort. A Valverde, a Cantalupo, in altri paesi che riesce a raggiungere, moltissimi fanno “la consacrazione” alla Madonna. Così diffonde, per la salvezza della Spagna, alla vigilia della terribile rivoluzione comunista, il “rosario delle sante Piaghe di Gesù”.
Nel 1930, suor Eusebia emette i suoi voti perpetui. Invitata dalla maestra delle novizie, tiene uno stupendo discorso sull’amore di Dio. Chi l’ascolta, non comprende da dove possa venire quella sua sapienza così semplice e alta. A Valverde, molti, compresi sacerdoti e seminaristi, vengono a consigliarsi con lei su cose importanti, decisive. Intanto la rivoluzione avanza: bruciano i conventi, sacerdoti e credenti hanno vita sempre più grama.
Illuminata da Dio, suor Eusebia vede nel futuro e parla chiaro: “Ci saranno dei martiri”. Le sue profezie si avvereranno tutte. Si offre vittima per la salvezza della Spagna. Qualche tempo dopo, si ammala. Tutti la vogliono vedere: attorno al suo letto giungono i sacerdoti, i seminaristi, i bambini con le mamme. È serena, abbandonata al Signore, anche se comprende che verranno fatti terribili: “Ora il re dovrà andarsene. Ma tornerà e si chiamerà Juan Carlos”. La storia, 40 anni dopo, le darà ragione.
Il 10 febbraio 1935, suor Eusebia, a soli 36 anni, va incontro a Dio. “Durante la mia sepoltura – aveva detto – le campane suoneranno a gloria”. Capita così che all’uscita dalla chiesa, le campane da sole si mettono a suonare l’alleluja pasquale. Presto si parla di grazie e di miracoli.
Ma il miracolo più bello è lei, la piccola povera “mendicante” di Cantalpino, diventata un capolavoro dell’amore di Dio. Oggi attende la gloria degli altari: “Dio ha deposto i potenti dai troni e ha innalzato gli umili”.
La Famiglia Salesiana ne fa memoria il giorno precedente, il 9 febbraio.
PREGHIERA
O Dio, che hai modellato il cuore
della beata Eusebia, vergine,
sul mistero pasquale del tuo Figlio, fino al dono della vita,
concedi a noi, rafforzati dal suo esempio di umiltà e letizia,
di crescere costantemente nel tuo amore
e nel servizio dei poveri.
Ti supplichiamo di voler glorificare quest’umile tua serva
e di concederci, per sua intercessione,
la grazia che ti chiediamo...
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Autore: Paolo Risso
Note:
Per segnalare grazie o favori ricevuti per sua intercessione, oppure per informazioni, rivolgersi al Postulatore Generale della Famiglia Salesiana: postulatore@sdb.org
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