Roma, 7 luglio 1859 - 23 febbraio 1911
Giuditta Adelaide Agata Vannini nasce a Roma il 7 luglio 1859. Tra i quattro e i sette anni rimane orfana di entrambi i genitori: per questa ragione viene ospitata, fino ai ventuno anni, nel Conservatorio Torlonia, un orfanotrofio retto dalle Figlie della Carità di San Vincenzo De Paoli. Domanda di essere ammessa tra di loro: le viene concesso, ma nel 1888 è dimessa definitivamente, anche per ragioni di salute. Il 17 dicembre 1891, al termine di un ritiro spirituale, si confessa dal predicatore, padre Luigi Tezza, dell’Ordine dei Ministri degli Infermi (beatificato il 4 novembre 2001), e gli racconta le sue vicissitudini. Il sacerdote da tempo sta meditando su come fondare un istituto religioso femminile basato sul carisma di san Camillo de Lellis, fondatore del suo Ordine. Chiede quindi a Giuditta di collaborare con lui: dopo due giorni, lei accetta. Il 2 febbraio 1892, con due compagne, riceve lo scapolare carmelitano con la croce rossa di San Camillo, mentre il 19 marzo seguente veste l’abito religioso, cambiando nome in suor Maria Giuseppina. Nei successivi diciannove anni, col sostegno di padre Tezza, prima personale, poi epistolare, segue l’espansione dell’istituto in Italia, Francia, Belgio e nell’America del Sud. Muore a Roma il 23 febbraio 1911. È stata beatificata dal Papa san Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1994; la sua memoria liturgica cade proprio il 16 ottobre. Il 13 ottobre 2019 è stata canonizzata da papa Francesco. I resti mortali della fondatrice delle Figlie di San Camillo sono venerati nella cappella della casa generalizia, a Grottaferrata, in via Anagnina 18.
Martirologio Romano: A Roma, beata Giuseppina (Giuditta Adelaide) Vannini, vergine, fondatrice della Congregazione delle Figlie di San Camillo per l’assistenza ai malati.
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Orfana dall’infanzia
Giuditta Adelaide Agata Vannini nasce a Roma il 7 luglio 1859 da Angelo e Annunziata Papi e viene battezzata il giorno seguente, nella chiesa di Sant’Andrea delle Fratte. È preceduta da una sorella, Giulia, e seguita da un fratello, Augusto.
A quattro anni Giuditta perde il papà e tre anni dopo anche la mamma. I tre fratelli orfani vengono separati: Augusto è accolto da uno zio materno, Giulia è affidata alle Suore di San Giuseppe.
Giuditta, che ha sette anni, è accolta nel Conservatorio Torlonia in Roma, un orfanotrofio dove le Figlie della Carità di San Vincenzo De Paoli la educano alla fede cristiana e la preparano alla vita. Cresce buona, pia, docile e riflessiva. Il 19 marzo 1873 riceve la Cresima e la Prima Comunione.
In prova dalle Figlie della Carità
Ottiene il diploma di maestra d’asilo e a ventuno anni chiede di entrare nel noviziato delle Figlie della Carità a Siena. Ma poco dopo ritorna a Roma per motivi di salute e per un periodo di prova. L’anno seguente torna a Siena, ma poi viene definitivamente dimessa dall’istituto perché ritenuta inadatta.
Sente profondamente la chiamata verso la vita religiosa, ma non sa in quale istituto. Ha trentadue anni, quando partecipa a un corso di esercizi spirituali nella casa delle Suore di Nostra Signora del Cenacolo a Roma.
L’incontro con padre Luigi Tezza
L’ultimo giorno del ritiro, il 17 dicembre 1891, Giuditta si presenta al predicatore, il camilliano padre Luigi Tezza, per chiedere un consiglio. Il religioso, pochi mesi prima, aveva avuto l’incarico in qualità di Procuratore generale di ripristinare le Terziarie Camilliane, ma i tentativi non avevano avuto esito.
L’incontro con Giuditta fa sorgere in lui un’spirazione: affidare a lei la realizzazione di tale progetto. Giuditta risponde: «Padre, lasciatemi riflettere; vi darò una risposta». Due giorni dopo si presenta: «Eccomi a sua disposizione per il suo progetto. Non sono capace di nulla io. Confido però in Dio».
L’inizio di una nuova famiglia religiosa
Padre Tezza scopre ben presto in lei la tempra della fondatrice, sicura di sé, donna di preghiera e di sacrificio. Informa i superiori dell’Ordine camilliano e ottiene l’autorizzazione del Cardinale Vicario di Roma a procedere in questa iniziativa.
Giuditta inizia a fare vita comune con Vittorina Panetta ed Emanuela Eliseo, preparate da padre Tezza. Il 2 febbraio 1892, ricorrenza della conversione di San Camillo, nella stanza-santuario dove è morto il Santo, le tre donne ricevono lo scapolare con la croce rossa: è l’atto di nascita di una nuova famiglia religiosa innestata sul tronco camilliano.
Il 19 marzo seguente, padre Tezza veste dell’abito religioso, contrassegnato dalla croce rossa, Giuditta, che prende il nome di suor Maria Giuseppina (per brevità, solo Giuseppina) e viene nominata superiora. Con la consulenza del sacerdote camilliano vengono formulate le Regole e precisato il fine del nuovo istituto: l’assistenza dei malati anche a domicilio e a rischio della vita.
L’espansione e le prime prove
Pure in mezzo a grandi povertà, cresce il loro numero. Alla fine del 1892 sono già quattordici, nel 1893 è aperta una nuova comunità a Cremona e nel 1894 a Mesagne, in provincia di Brindisi. Occorre però ottenere l’approvazione definitiva dell’autorità ecclesiastica.
Purtroppo il Papa, Leone XIII, aveva deciso proprio in quegli anni di non permettere fondazioni di nuove comunità a Roma. Perciò alla richiesta di padre Tezza, rinnovata per due volte, fu risposto a nome del Papa: “non expedit”. (non conviene, non si approva). Anzi, viene imposto al gruppo delle religiose di allontanarsi da Roma.
Sembra che debba svanire ogni prospettiva, ma per l’ammirazione dell’attività di assistenza delle sorelle, anche da parte della stampa, e per l’appoggio del cardinal Lucido Maria Parocchi, vicario di Sua Santità per la città di Roma, si ottiene l’erezione in “Pia Associazione”.
L’allontanamento di padre Tezza
Un’altra prova sopravviene. L’amabilità di padre Tezza verso le religiose, che chiama «le mie figlie», è oggetto di interpretazioni maligne da parte di alcune persone, che spargono sul Padre alcune insinuazioni definite da madre Giuseppina «ciarle e vere calunnie».
Interviene il cardinale vicario: toglie al loro padre spirituale la facoltà di confessare e gli proibisce di incontrane le suore. Padre Tezza non vuole difendersi e accetta in silenzio le disposizioni offrendo il sacrificio della separazione per il bene e lo sviluppo dell’istituto.
Il distacco viene completato quando il camilliano, nel 1900, è incaricato dal suo superiore generale di recarsi in Perù in qualità di visitatore della comunità di Lima. Accetta l’obbedienza e parte per l’America Latina.
Da lì non tornerà più in Italia. Manterrà la relazione con la fondatrice e con l’istituto solo con la corrispondenza epistolare e morirà a Lima a 82 anni, il 26 settembre 1923. È stato beatificato il 4 novembre 2001.
Madre Giuseppina all’opera
L’allontanamento di padre Tezza costituisce un dramma per madre Giuseppina, che deve addossarsi da sola il peso del nascente istituto. Ma non si perde d’animo: ha ricevuto da lui quanto occorre per proseguire. Dotata di mirabile fortezza e fiduciosa nell’aiuto del Signore, riesce a diffondere l’istituto in varie parti d’Italia, Francia, Belgio e in Argentina.
Nonostante una salute debole, spesso travagliata da languori e da emicranie, la fondatrice non si risparmia: visita ogni anno le case, si prodiga per le suore e le accompagna con amabilità e con vigore. Il 21 giugno 1909, dopo tante resistenze, riesce ad ottenere il decreto di approvazione diocesana sotto il titolo di Figlie di San Camillo.
La morte
Nel 1910, dopo l’ultima visita a tutte le case in Italia e in Francia, è colpita da una grave malattia di cuore. Passa gli ultimi mesi sofferente nel corpo e, per un certo periodo, anche nello spirito, a causa di timori e ansietà sulle sorti dell’istituto.
Sentendo avvicinarsi il momento della sua dipartita, ripete alle figlie: «Fatevi coraggio! Anzitutto è Dio che manda avanti le cose e non io. E poi dal paradiso potrò fare voi di più di quello che non faccio stando in questo mondo. Quando io non sarò più, credete pure che si farà meglio di quanto non si faccia adesso»
Purificata ulteriormente dal dolore, il 23 febbraio 1911 madre Giuseppina rende serenamente l’anima a Dio. Lascia sedici case religiose in Europa e America e centocinquantasei religiose professe.
I suoi funerali vengono celebrati il giorno seguente; al termine, la sua salma viene sepolta nel cimitero del Verano a Roma. Nel 1932 i resti mortali vengono riesumati e traslati nella chiesa della casa madre delle Figlie di San Camillo, in via Labico 29.
La causa di beatificazione fino al decreto sulle virtù eroiche
La causa di beatificazione di madre Giuseppina viene avviata presso il tribunale del Vicariato di Roma l’8 giugno 1955. Il processo informativo si conclude il 20 dicembre 1956. Il 22 marzo 1961 viene emesso il decreto sugli scritti. Il 28 aprile 1976 i resti vengono nuovamente traslati e deposti nella cappella della nuova casa generalizia delle suore, in via Anagnina 18 a Grottaferrata.
Il decreto sull’introduzione della causa, come prevedeva la legislazione dell’epoca, porta la data del 25 dicembre 1977. È stato seguito, il 23 febbraio 1979, dal decreto sull’assenza di culto. Il processo informativo e quello apostolico sono stati convalidati il 5 luglio 1985.
Secondo le nuove normative in materia di cause di beatificazione e canonizzazione, viene predisposta la “Positio super virtutibus”, consegnata nel 1988. In seguito alla discussione da parte dei Consultori Teologi, il 26 ottobre 1991, e da parte dei cardinali e dei vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi, il 7 gennaio 1992, il 7 marzo 1992 il Papa san Giovanni Paolo II ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui madre Giuseppina Vannini veniva dichiarata Venerabile.
Il miracolo per la beatificazione
Come possibile miracolo per ottenere la sua beatificazione è stato esaminato, presso il Tribunale Ecclesiastico della diocesi di Buenos Aires, il caso di Olga Nuñez. Affetta da un melanoma che aveva intaccato anche il cervello, rimase gradualmente paralizzata.
Davanti all’inefficacia delle cure mediche, le Figlie di San Camillo che lavoravano nell’ospedale in cui la donna era stata ricoverata posarono su di lei una reliquia di madre Giuseppina e iniziarono una novena per chiedere la sua intercessione. A partire da quel momento, l’ammalata cominciò a migliorare, fino a essere dichiarata perfettamente guarita.
Il decreto di convalida dell’inchiesta diocesana sull’asserito miracolo è datato 20 dicembre 1985. Il 16 marzo 1993 la Consulta Medica ha concluso che il fatto era inspiegabile secondo le conoscenze scientifiche del momento. Il 4 giugno seguente, i Consultori Teologi hanno espresso parere favorevole circa il nesso tra l’asserita guarigione e l’intercessione di madre Giuseppina. Anche i cardinali e i vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi hanno confermato, il 5 ottobre 1993, quell’opinione positiva.
La beatificazione
Il 23 dicembre 1993, infine, san Giovanni Paolo II ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui la guarigione di Olga Nuñez era miracolosa e ottenuta per intercessione della fondatrice delle Figlie di San Camillo.
Lo stesso Pontefice l’ha beatificata il 16 ottobre 1994 a Roma, in piazza San Pietro, nella stessa celebrazione in cui sono stati elevati agli onori degli altari altri cinque candidati. La memoria liturgica di madre Giuseppina è stata fissata al 16 ottobre, giorno anniversario della beatificazione.
Il miracolo per la canonizzazione
Il secondo miracolo esaminato per la canonizzazione è avvenuto nella città di Sinop, in Brasile. Le Figlie di San Camillo, presenti lì dal 1981, nel 2004 erano finalmente riuscite a ottenere, grazie alla carità dei cittadini, la costruzione di una casa di riposo per anziani, che avrebbe portato il nome di madre Giuseppina.
Il 19 agosto 2007 un operaio, Arno Celson Klauck, stava lavorando a un vano ascensore all’interno dell’edificio in costruzione. Mentre posizionava delle assi di legno per chiudere il vano, cadde al suo interno, da un’altezza di oltre dieci metri, corrispondenti ai tre piani del fabbricato. Nella caduta gli venne spontaneo invocare madre Giuseppina, esclamando: «Madre mia, aiutami!».
Il figlio dell’operaio e un collega accorsero e lo tirarono fuori illeso, a parte alcune escoriazioni. Anche i medici del pronto soccorso dell’ospedale di Sinop non trovarono alcun danno né al cervello né agli altri organi. Qualche tempo dopo, Arno ebbe dolori alla schiena. Successivi esami hanno riscontrato che non erano dovuti alle conseguenze della caduta.
Il riconoscimento del secondo miracolo e la canonizzazione
L’inchiesta diocesana sull’asserito miracolo si è svolta dal 1° al 4 dicembre 2015. Gli atti relativi sono stati consegnati il 15 dicembre 2015 presso la Congregazione delle Cause dei Santi e, il 27 maggio 2016, hanno ottenuto il decreto di convalida.
Il 27 settembre 2019 la Consulta Medica ha riconosciuto l’inspiegabilità tecnica del caso di scampato pericolo, mentre il 19 febbraio 2019 i Consultori Teologi hanno espresso parere favorevole circa la natura miracolosa dell’evento. I cardinali e i vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, il 7 maggio 2019, hanno confermato il nesso tra l’accaduto e l’intercessione di madre Giuseppina Vannini.
Il 13 maggio 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui quello avvenuto ad Arno Celson Klauck era riconosciuto come miracolo ottenuto per intercessione della fondatrice delle Figlie di San Camillo. Lo stesso Pontefice l’ha canonizzata il 13 ottobre 2019, insieme ad altri quattro Beati, in piazza San Pietro a Roma.
Le Figlie di San Camillo oggi
Le Figlie di San Camillo hanno ottenuto il pontificio decreto di lode il 25 febbraio 1922 e, il 17 giugno 1931, l’approvazione definitiva da parte della Santa Sede. Oggi sono circa ottocento suore professe e sono presenti in ventidue Paesi di quattro continenti.
Come alle origini, seguendo il carisma di san Camillo vissuto dai loro fondatori, si dedicano all’assistenza sia sul piano professionale, sia su quello spirituale, in ospedali, lebbrosari, case di riposo e case di cura. Gestiscono anche scuole per infermiere. Soprattutto, continuano a professare, in aggiunta ai tre voti religiosi e in pieno stile camilliano, quello di non lasciare mai i malati, neanche quelli infettivi.
Autore: Emilia Flocchini
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