Un austero e sapiente Abate benedettino, il siciliano Beato Angelo Sinisio, venne incaricato, nel 300, di ristabilire l'osservanza alla Regola in certi monasteri dell'isola dalle abitudini troppo libere, nei quali si era affievolito, se non smarrito, il genuino spirito benedettino. Nonostante la santità del riformatore, la missione ebbe scarso successo, e gli sforzi del Beato Angelo gli attirarono addirittura un attentato che per poco non gli fu fatale. Uno dei monasteri nei quali l'opera del Beato Angelo non riuscì a dar frutto, fu l'abbazia di Santa Maria di Maniace, al tempo in diocesi di Monreale. Il risanamento spirituale di questa comunità, che non era riuscito al Sinisio, venne invece ottenuto, mezzo secolo più tardi, da un suo confratello e successore, il Beato Guglielmo. Anche Guglielmo, come Angelo, era nato a Catania, nella seconda metà del '300.Anch'egli si era fatto monaco benedettino in quella stessa abbazia di San Nicola Dell'Arena, nella quale era stato giovane monaco il Beato Angelo. Di lui, Guglielmo ricalcò le impronte ancora fresche, e anch'egli si confermò monaco di grande virtù e saggezza, zelante e al tempo stesso comprensivo. Fu insomma meritevole di quell'incarico di revisore, o meglio di riformatore, che lo spinse verso le comunità monastiche ancora bisognose di un'opera paziente di rammendo spirituale. Anch'egli, così, venne indirizzato a Santa Maria di Maniace, e per lui, quella volta, non ci fu la duplice spiacevole sorpresa di un insuccesso e di un tentato omicidio. Evidentemente i tempi erano cambiati, e le coscienze si erano fatte più mature e accessibili. L'opera di rammendo fu così possibile, anche se richiese pazienza e fermezza. In quest'opera stanno quasi tutti i titoli di merito del Beato Guglielmo, la cui vita non è conosciuta con sufficiente precisione, per potergli attribuire altre benemerenze. Ma certamente queste non mancarono, prima della sua morte, verso il 1423, che sottrasse alla terra il Beato benedettino per consegnarlo alla gloria dei cieli. L'abbazia di Santa Maria tornò ad essere, da allora, esemplare vivaio di anime consacrate a Dio e degne della sua ricompensa. E tale rimase per diversi secoli, finché un brutto giorno un terremoto la distrusse quasi completamente. Ma ciò avvenne nel 1693, a molta distanza dal tempo del Beato Guglielmo. Le sue reliquie continuano ad avere l'omaggio di un ininterrotto culto popolare, più forte e tenace dei terremoti. Perché questi possono squassare e rovinare mura e colonne, ma sono incapaci di sopprimere il ricordo della santità.
Fonte:
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Archivio Parrocchia
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