La venerabile Maria Teresa Serri, questo il suo nome da laica, nacque a Genova il 23 febbraio 1708 da Giovanni Serri e Teresa Curti di nazionalità svizzera. La sua infanzia fu contraddistinta da un precoce desiderio di sapere, pregare e soffrire; andava a scuola con la sorella e fin da allora amava passare parecchio tempo ritirata nella sua stanza in preghiera e nella meditazione dei dolori di Gesù, dovette sopportare le derisioni delle persone anche dello stesso ambiente familiare, a cui sembrava strano che una bambina fosse così solitaria e scrupolosa. Ad otto anni si trasferì con la famiglia in Svizzera, prima a Zug poi a Friburgo, per un breve soggiorno, ed in questo periodo prima di ritornare a Genova, Maria Teresa fece la Prima Comunione. Non frequentò più la scuola, ma in casa apprese il ricamo dalla sorella e ogni giorno aumentava per lei la contemplazione del Crocifisso; di nuovo la famiglia si trasferì questa volta a Pisa, qui incontrò un confessore comprensivo che le diede il permesso di ricevere la S. Comunione tutti i giorni, cosa molto difficile allora e incontrò anche un frate cappuccino che la iniziò alla pratica della penitenza corporale, cosa che l’aveva sempre attratta, da quando aveva visto un cilicio nelle mani del fratello. Ormai era chiaro che la sua strada era quella di consacrata a Dio, ma in che modo era ancora da definire. Trascorse due anni nel monastero delle Benedettine di Pisa, ma nonostante il desiderio favorevole delle suore, indecisa lasciò. Nel frattempo le morì il padre e lei entrò in contatto con le cappuccine di Città di Castello che volentieri l’avrebbero accolta, anzi le avrebbero data la cella lasciata vuota da s. Veronica Giuliani, da poco defunta. Si racconta che a farle decidere, ci fu una visione di s. Francesco, che le avrebbe detto: ”Non a Città di Castello, ma tra le cappuccine di Fanano”, monastero che si trovava nei pressi di Nonantola in provincia di Modena. Superate tante altre difficoltà che il demonio le faceva incontrare, finalmente il 5 ottobre 1730 entrò nel monastero, dove prese il nome di Maria Diomira del Verbo Incarnato, ormai pronta e decisa ad intraprendere la via che il Signore le mostrava. Il noviziato non fu facile, data la delicata costituzione fisica; il suo primo ufficio fu quello di inserviente del refettorio che durò per cinque anni. In seguito fu nominata badessa, ma in questa carica dovette subire le incomprensioni di parte delle religiose, che provocarono i rimproveri del cardinale Albani in visita al monastero, perché alle suore non veniva dato cibo a sufficienza, si credeva per risparmiare a causa di certi lavori da fare. Dopo un periodo d’intervallo in cui ebbe l’incarico della sacristia, nella Pentecoste del 1752, fu nuovamente eletta badessa; ma il modo in cui avvenne, non fu dei migliori, un influente prelato avrebbe voluto che venisse eletta una sua nipote e a tale scopo fu inviato un religioso che con prediche preparatorie aveva il compito di orientare le suore verso questa scelta, ma allo scrutinio la candidata del prelato prese un solo voto, quello di Maria Diomira, mentre tutte le altre avevano votato per lei.. Il religioso deluso riversò sulla eletta un’aspra rampogna; la madre badessa nel suo anelito di perfezione viveva nel tempo e fuori del tempo, purificata dal dolore e dalla penitenza. Per 40 anni portò sulla carne dal lato del cuore, una croce fornita di 33 punte aguzze. Stava male, cadendo in uno stato di prostrazione, quando per ubbidienza sospendeva le sue penitenze e diceva: “Segno evidente, che la volontà di Dio, per me è il patire”. Ebbe il dono di frequenti visioni di Gesù in croce e dell’’Ecce Homo’, nella notte di Natale 1767, si sentì colpita da un dardo che le procurò una gioia incredibile e un dolore indicibile, era il preavviso dell’incontro definitivo con il suo Sposo; la vigilia dell’Epifania, si ammalò gravemente, ricevé gli ultimi Sacramenti; il 14 gennaio 1768 a 60 anni, tutta presa in una visione della S. Famiglia e dell’Angelo Custode si spense serenamente. Dopo la morte, sul suo corpo ritornarono visibili le stimmate, che aveva avuto prima di entrare in convento. Papa Leone XIII ne introdusse la causa di beatificazione il 21 dicembre 1901.
Autore: Antonio Borrelli
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