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Beata Maria Gabriella (Amparo) Hinojosa Naveros Vergine visitandina, martire

18 novembre

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Alhama de Granada, Spagna, 24 luglio 1872 - Madrid, Spagna, 18 novembre 1936

Amparo Hinojosa Naveros nacque ad Alhama de Granada il 24 luglio 1872, in una famiglia numerosa e benestante. Rimasta orfana, si trasferì con il fratello a Madrid. A 19 anni entrò nel monastero della Visitazione situato in calle Santa Engracia. Con l’abito religioso, cambiò nome in suor Maria Gabriella ed emise i voti il 25 marzo 1894. Pur essendo di temperamento timido, ricoprì l’incarico di superiora dal 1929 al 1935. Nel 1936 rimase a capo della comunità rimasta a Madrid, mentre tutte le altre suore si trasferirono in Navarra. Fedele a questo compito, rincuorò le sei consorelle che erano con lei. Dopo aver trascorso cinque mesi in uno scantinato vicino al monastero, il 18 novembre 1936 le monache furono prelevate da una pattuglia di miliziani anarchici: vennero fucilate mentre, tenendosi per mano, scendevano dal camion che le aveva condotte fuori città. L’unica superstite, suor Maria Cecilia, venne uccisa cinque giorni dopo. Insieme a lei e alle proprie compagne di martirio, suor Maria Gabriella fu beatificata dal Papa san Giovanni Paolo II il 10 maggio 1998 a Roma. I suoi resti mortali sono venerati nella cripta del monastero della Visitazione in calle Santa Engracia a Madrid.

Martirologio Romano: Presso Madrid in Spagna, beate Maria del Rifugio (Maria Gabriella) Hinojosa y Naveros e cinque compagne, vergini dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria e martiri, che, durante la persecuzione, benché chiuse in monastero, furono arrestate con l’inganno dai miliziani e andarono incontro a Cristo Sposo uccise a fucilate.


I primi anni
Nacque nella cittadina di Alhama, nei pressi di Granada in Spagna, il 24 luglio 1872. Era l’ottava e ultima figlia, nonché l’unica femmina. I suoi genitori, Juan de Hinojosa e Manuela Naveros, la portarono presto a ricevere il Battesimo. Le diedero il nome di Amparo, che in spagnolo significa “Rifugio” ed è uno dei titoli attribuiti alla Vergine Maria.
Quando ebbe sette anni, rimase orfana di entrambi i genitori. Il maggiore dei suoi fratelli, Eduardo, che era sposato e viveva a Madrid, divenne il suo tutore. Amparo fu ammessa tra le educande del secondo monastero della Visitazione di Santa Maria a Madrid, in calle San Fernando. Lì ricevette la Cresima, il 9 ottobre 1887. Crebbe con un carattere gioviale, allegro e affettuoso.

La vocazione ai piedi della Madonna di Lourdes
Insieme al fratello, durante le vacanze estive, alloggiava a Baguéres de Bigorre, non molto lontano dal santuario di Lourdes. Fu proprio ai piedi della grotta delle apparizioni che nel 1887, a quindici anni sentì di essere chiamata alla vita consacrata tra le Visitandine.
Per il momento non disse nulla a nessuno. All’inizio dell’estate dell’anno successivo, rivelò la sua intenzione a Eduardo: voleva restare in monastero, non più come educanda. In qualità di tutore, il fratello le chiese di aspettare ancora, finché non avrebbe compiuto vent’anni.
Nel 1891, Amparo fu ammessa nel monastero visitandino di Vitoria. Qualche tempo dopo, sua cognata, ovvero la moglie di Eduardo, si ammalò gravemente. La ragazza tornò da lei, che era stata quasi una seconda madre, e la curò con amore finché non si riprese.

Nel primo monastero della Visitazione di Madrid
A quel punto, nel giugno 1892, poté rispondere pienamente alla sua chiamata. Non fu però accolta nel monastero di Vitoria, che era al completo, ma in quello di Madrid, in calle Santa Engracia. Il distacco fu molto doloroso, anche da parte dei suoi familiari. Con la vestizione religiosa, il 10 marzo 1893, cambiò nome in suor Maria Gabriella, per devozione all’arcangelo Gabriele. Professò i voti, invece, il 25 marzo 1894.
Iniziò subito con fervore la sua formazione. Si lasciò riempire profondamente dallo spirito dell’Ordine visitandino, arrivando a essere una “regola vivente”, come dichiararono le sue consorelle. Aveva una grande devozione all’Eucaristia, che trasmetteva a tutti. Era così amante della clausura che le costava moltissimo uscire dal monastero.
Pur essendo di temperamento timido, ricoprì l’incarico di superiora dal 1929 al 1936. Erano gli anni in cui, in Spagna, stava per cominciare una massiccia persecuzione contro la Chiesa in tutti i suoi membri.

La diaspora e il ritorno
Nel 1931, dopo la proclamazione della Seconda Repubblica spagnola, iniziarono a verificarsi incendi di chiese e di edifici sacri, anche a Madrid. Le monache sapevano qualcosa di ciò che stava accadendo, anche se non nei minimi dettagli.
Quando anche il monastero era sul punto di essere dato alle fiamme, madre Maria Gabriella riunì la comunità, composta da ottantatré suore: diede l’ordine di indossare abiti secolari e di uscire a piccoli gruppi. Sarebbero state scortate da parenti e amici: chi di loro non avesse avuto nessuno che le potesse accogliere, poteva rifugiarsi dai familiari delle altre.
Il 21 maggio, dieci giorni dopo l’evacuazione forzata, le Visitandine poterono fare ritorno dalle case dov’erano disperse. Tuttavia, la situazione non sembrava tornare pacifica. Per questa ragione, dopo un tentativo andato a vuoto di essere ospitate dalle consorelle in Belgio e in Francia, le monache si trasferirono ad Oronoz in Navarra, dove rimasero fino al marzo 1932.

All’epoca della guerra civile
Nei primi mesi del 1936, poiché continuava a non esserci tranquillità, la comunità fuggì di nuovo a Oronoz. Tuttavia, non volendo lasciare completamente abbandonato il monastero, la nuova superiora, madre Leocadia Aparici, stabilì che sette suore rimanessero tra le sue mura. Raccomandò poi che restassero unite quanto più fosse stato possibile, senza separarsi l’una dall’altra.
Suor Maria Gabriella rimase come responsabile del gruppo composto da altre sei consorelle: suor Teresa Maria Cavestany Anduaga, suor Giuseppa Maria Barrera Izaguirre, suor Maria Agnese Zudaire Galdeano, suor Maria Angela Olaizola Garagarza, suor Maria Engrazia Lecuona Aramburu e suor Maria Cecilia Cendoya Araquistain.
Nei quattro mesi seguenti, le monache cercarono di condurre la loro vita ordinaria, prima in monastero, poi in un seminterrato preso in affitto come nascondiglio. Suor Maria Gabriella scrisse alle consorelle rimaste a Oronoz: «Dio nostro Signore, nelle cui mani siamo tutte, farà di noi ciò che più ci conviene».

La denuncia
A metà agosto, l’andirivieni delle due sorelle esterne (ossia quelle addette agli acquisti fuori dalla clausura) cominciò a destare sospetti: una donna denunciò la presenza nel rifugio. Lo scantinato fu perquisito più volte, ma le religiose, anche se non fu trovato nulla che le potesse incolpare, sentivano che la loro fine era imminente.
A novembre, dopo cinque mesi di permanenza, suor Maria Gabriella comunicò alle altre che il portinaio offriva loro la possibilità di fuggire una per volta, a intervalli separati, verso rifugi sicuri. Tutte rinnovarono la scelta di restare unite.
Quando possibile, ricevevano la Comunione o perché qualche sacerdote, di nascosto, veniva a celebrare la Messa, o perché veniva portata dalla sorella di suor Teresa Maria. In una lettera alla superiora, suor Maria Gabriella la informò in maniera velata di questo: «Noi stiamo bene – scriveva Madre Maria Gabriella alla Superiora – non ci manca nulla. Mangiamo dell’agnello tutti i giorni ed è quello che ci piace di più. Oggi non abbiamo potuto mangiarne perché il cuoco  non è venuto…»

Il martirio
Il 17 novembre 1936, dopo la quarta perquisizione, i miliziani si congedarono con un saluto che sapeva di minaccia: «A domani!». Le monache trascorsero il giorno successivo pregando e digiunando, in preparazione alla morte.
La sera seguente, si presentò loro una pattuglia della FAI (Federazione Anarchica Iberica) per caricarle su un camion. Mentre uscivano in strada, tutte si fecero il segno della croce. Qualcuno tra la folla che si era radunata ammirava il loro coraggio, ma altri gridavano: «Dovrebbero fucilarle qui sul posto, perché facendo il segno della croce ci sfidano».
Dopo un breve tragitto, furono condotte fuori città. Scese dal mezzo, si presero per mano, a due a due, per farsi coraggio: furono subito abbattute con scariche di fucili. Suor Maria Gabriella teneva per mano la più giovane di esse, suor Maria Cecilia: appena lei fu caduta, però, l’altra monaca fuggì impaurita nella notte. In seguito, si consegnò ai miliziani e venne uccisa all’alba del 23 novembre 1936, davanti al muro del cimitero di Vallecas, fuori Madrid.

La causa di beatificazione

Il nulla osta per l’avvio della causa di beatificazione delle sette Visitandine di Madrid porta la data del 2 luglio 1985. L’inchiesta diocesana, avviata a Madrid il 29 ottobre 1985, si concluse il 26 aprile 1989 e ottenne la convalida degli atti il 6 dicembre 1991.
La “Positio super martyrio”, consegnata nel 1992, fu esaminata dai Consultori teologi della Congregazione delle Cause dei Santi il 4 ottobre 1996 e, il 3 giugno 1997, dai cardinali e dai vescovi membri della medesima Congregazione.
Il 7 luglio 1997, il Papa san Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto con cui suor Maria Gabriella e compagne venivano dichiarate ufficialmente martiri. Lo stesso Pontefice le beatificò il 10 maggio 1998 a Roma, fissando la loro memoria liturgica al 18 novembre, giorno della nascita al Cielo di tutte, tranne che di suor Maria Cecilia.
I resti mortali di suor Maria Gabriella, suor Maria Agnese, suor Teresa Maria e suor Maria Engrazia sono venerati nella cripta del monastero di calle Santa Engracia. Quelli di suor Maria Cecilia, suor Giuseppa Maria e suor Maria Angela riposano invece nella chiesa dell’abbazia della Santa Croce al “Valle de los Caidos” (diventato poi tempio della riconciliazione nazionale) di Madrid, precisamente nella cappella del Santo Sepolcro.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2020-08-05

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