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Rouans, Francia, 9 aprile 1866 – Taiyuan, Cina, 9 luglio 1900
Anne-Françoise Moreau nacque a Rouans, nella regione francese della Loira, il 9 aprile 1866. Sin da piccola si mostrò incline alla carità e alla preghiera. Appena sentì sorgere in sé la vocazione religiosa, senza avvisare i familiari, domandò di essere accolta come postulante tra le suore Francescane Missionarie di Maria, fondate da madre Maria della Passione (beatificata nel 2002). Fu impiegata in vari servizi, che svolse con animo lieto, almeno finché non fu colta da dubbi e da ripensamenti. Con l’aiuto della madre fondatrice, riuscì a superare la crisi e professò con gioia i voti perpetui. Venne destinata a far parte del gruppo di sette religiose inviate a Taiyuan, nel nord della Cina: anche lì si prestò a ogni possibile servizio utile alla missione. Il 5 luglio 1900, durante la rivolta dei “Boxers”, contrari agli occidentali e alla religione cristiana, lei e le altre sei suore della comunità furono imprigionate insieme ad altri cristiani, sia cattolici (religiosi e laici) sia protestanti, seppure in due zone diverse della stessa prigione. Il 9 luglio furono condotte nel cortile del palazzo del viceré dello Shanxi: lì assistettero alla decapitazione dei loro compagni e furono le ultime a piegare il collo sotto le lame dei loro carnefici. Suor Maria di San Giusto aveva trentaquattro anni. Lei e le altre suore, insieme ai loro compagni di martirio, sono state beatificate il 24 novembre 1946 da papa Pio XII e canonizzate da san Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000.
Martirologio Romano: Nella città di Taiyuan nella provincia dello Shanxi sempre in Cina, passione dei santi Gregorio Grassi e Francesco Fogolla, vescovi dell’Ordine dei Frati Minori, e ventiquattro compagni, martiri, che durante la persecuzione dei seguaci della setta dei Boxer furono uccisi in odio al nome di Cristo.
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I primi anni
Anne-Françoise Moreau nacque a Rouans, nella regione francese della Loira, il 9 aprile 1866. Era figlia di agricoltori benestanti e molto religiosi: suo padre era sempre pronto a donare a chi avesse nel bisogno. Anche lei, sin da piccola, dimostrò un’indole caritatevole: quando fu più grande, impiegò i suoi risparmi per provvedere di abiti i bambini poveri della zona. Era inoltre assidua alle funzioni in chiesa e al catechismo.
Nel luogo natio, semplice e primitivo, era occupata a raccogliere i foraggi nella vicina palude, a volte servendosi di una barchetta. In quel compito silenzioso, la ragazza maturò la vocazione allo stato religioso.
La vocazione
Nel luglio 1880, perciò, quasi scappò di casa, senza abbracciare nessuno dei familiari. Corse a Les Châtelets, sede del noviziato delle suore Francescane Missionarie di Maria, fondate da madre Maria della Passione (beatificata nel 2002) appena tre anni addietro.
Fu accolta come postulante, ma subito dopo scrisse alla madre e ai familiari: volle scusarsi di avere agito così, perché aveva voluto evitare ogni tentativo di dissuaderla dal suo ideale. Di pari passo, dichiarava di essere felice nel suo nuovo stato e di pregare ogni giorno per loro. La nuova postulante vestì l’abito religioso il 23 ottobre 1890 con il nome di suor Maria di San Giusto.
Mille compiti per suor Maria di San Giusto
Grazie all’esperienza acquisita nella sua prima giovinezza, riuscì a rendersi utile in vari campi. Destinata alla casa di Vannes, usciva per la questua, si dava al giardinaggio, oppure raccoglieva frammenti di filo e di funicella, stracci vecchi e piume di gallina, per farne spazzolini dal laboratorio.
Aggiustava gli sgabelli, ma soprattutto preferiva fare la compositrice a mano in tipografia: passare di lavoro in lavoro, specie a quello tipografico, le dava una benefica distrazione. A Vanves, oltre che tipografa, diventava all’occorrenza calzolaia, rattoppando le scarpe vecchie, e dirigendo la fabbricazione dei panieri di fantasia.
Il periodo della prova
Tuttavia, in mezzo a tanta operosità si affacciò più volte in lei lo sconforto. Per lunghi periodi era presa dall’incertezza di riuscire e dall’oscurità spirituale. Scrisse quindi alla fondatrice, che era anche la superiora generale, chiedendole conforto nel chiarire il suo avvenire. Gradualmente la notte dello spirito svanì: suor Maria di San Giusto poté quindi poté pronunciare i voti perpetui il 13 novembre 1898, al colmo del suo entusiasmo.
La sua delusione era in parte motivata dal fatto di essere rimasta una semplice suora e non una religiosa corista, come avrebbe potuto essere per via della sua istruzione e della posizione sociale.
Missionaria in Cina
Per molti anni rimase a Vanves, sempre con la speranza di essere mandata nelle Missioni. Ogni volta che l’occasione sembrava prospettarsi, però, le altre suore partivano e lei restava in tipografia; non fu scelta nemmeno per il nuovo lebbrosario di Mandalay.
Alla fine, anche per lei arrivò il momento di partire: madre Maria della Passione l’associò al gruppo di suore, guidate da madre Maria Ermellina di Gesù, destinate alla regione cinese dello Shanxi.
Al colmo della felicità, si imbarcò con loro e altri missionari il 12 giugno 1899 a Marsiglia: dopo una lunga traversata di 35 giorni e altri 52 di percorso accidentato, anche a dorso di mulo, arrivò il 4 maggio 1899 a Taiyuan, nella missione della “Casa di San Pasquale”.
Anche lì suor Maria di San Giusto fu cuoca, dispensiera, sarta, infermiera, sagrestana, giardiniera, addetta alla portineria, alla stireria, alla cura del bestiame; sempre al servizio della comunità, del vescovo Gregorio Maria Grassi, dei padri missionari e dell’orfanotrofio, che ospitava duecento tra bambine e ragazze.
La rivolta dei “Boxers”
Il 23 aprile 1900 fece il suo ingresso a Taiyuan il viceré dello Shanxi, Yu-Hsien. Era già noto per il favore dato ai membri della Società di Giustizia e di Concordia, divenuti noti in Occidente come i “Boxers”, autori di molte stragi contro le missioni cattoliche.
Infatti, dopo due mesi dal suo arrivo, essi comparvero a Taiyuan. Cominciarono a diffondere tra il popolo varie accuse contro i cristiani: li definivano nemici della patria, avvelenatori di pozzi, seviziatori di bambini, causa della siccità e della conseguente carestia. Lo stesso viceré, con un proclama affisso per le strade, dichiarava: «Il fetore dei cristiani è arrivato fino al cielo, per questo non cade più né pioggia né neve».
I cristiani cominciarono a fuggire, dopo questi annunci. Anche le suore furono invitate a farlo dal vescovo, però madre Maria Ermellina rispose: «Ah no! Siamo venute qui a dare la vita per Gesù, se fosse necessario! La forza ce la darà Nostro Signore!».
Il martirio delle sette suore e dei loro compagni
Intanto, i soldati del viceré portarono via con la forza le orfanelle dall’orfanotrofio. Il 5 luglio le suore, insieme ai frati, ai seminaristi ed ai domestici, furono invitati dal viceré a lasciare le loro case per un’abitazione più sicura chiamata “Albergo della pace celeste”. Di fatto, era un luogo di prigionia: i cattolici vennero rinchiusi in un padiglione, i protestanti in un altro.
Verso le quattro del pomeriggio del 9 luglio 1900, gli uomini del viceré fecero irruzione nel padiglione dei protestanti, uccidendoli. A quel punto, l’anziano vescovo monsignor Gregorio Grassi invitò tutti a prepararsi alla morte e diede l’ultima assoluzione.
I “Boxers” giunsero anche da loro e li condussero al palazzo del viceré, dove vennero condannati a morte. Condotti nell’ampio cortile, subirono l’esecuzione a colpi di sciabola e di arma da fuoco. Le sette Francescane Missionarie di Maria furono le ultime: dopo aver assistito alla carneficina, cantarono il “Te Deum” abbracciandosi; infine, porsero il collo alle spade. Suor Maria di San Giusto aveva trentaquattro anni.
Nella gloria dei martiri
Le sette suore furono beatificate il 24 novembre 1946 da papa Pio XII, insieme ai loro compagni di martirio: due vescovi, due sacerdoti e un fratello laico dell’Ordine dei Frati Minori Osservanti (missionari) e quattordici laici (cinesi), undici dei quali membri del Terz’Ordine francescano.
Della stessa causa, quindi beatificati nella stessa occasione, facevano parte altri tre religiosi dei Frati Minori Osservanti: padre Cesidio Giacomantonio, ucciso il 4 luglio 1900 a Hangzhou, monsignor Antonino Fantosati e padre Giuseppe Maria Gambaro, morti tre giorni dopo. La memoria liturgica di tutto il gruppo fu fissata al 9 luglio, giorno della loro nascita al Cielo.
A poco più di cent’anni dal loro martirio, il Papa san Giovanni Paolo II ha autorizzato la fusione delle cause di vari Beati martiri in Cina, inclusi monsignor Gregorio Grassi e i suoi venticinque compagni, in una sola: il decreto relativo porta la data dell’11 gennaio 2000. Dopo la firma del decreto “de signis”, avvenuta undici giorni dopo, il 22 gennaio, lo stesso Pontefice li ha iscritti fra i Santi il 1° ottobre successivo.
Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flochini
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