Stricto sensu, il termine Patriarca si riferisce ai padri antidiluviani del genere umano nonché ai grandi capostipiti del Popolo eletto: Abramo, Isacco e Giacobbe. Ma possiamo allargare il concetto per denotare una persona che, per speciale missione divina, costituisce una grande realtà destinata a perdurare lungo i secoli: una tradizione spirituale (S. Benedetto), o un modello di ordine temporale sacrale, quale appunto la Cristianità medievale (Carlo Magno). Intimamente legato al concetto di Patriarca, vi è quello di Fondatore. La teologia spiega che le grazie della fondazione sono concesse in toto al Fondatore, sicché la storia dell’opera è come uno sviluppo di queste grazie. Esempio tipico sono le grandi ordini della Chiesa: francescani, domenicani, gesuiti e via dicendo, basate sul carisma del rispettivo Fondatore. In che senso possiamo dire che Carlo Magno sia stato Patriarca e Fondatore?
Nasce la Cristianità Il Cristianesimo ottenne la libertà nel 313 con l’Editto di Milano di Costantino, e divenne la religione ufficiale dell’Impero nel 380 con l’Editto di Tessalonica di Teodosio. Molti cristiani, tra cui sant’Agostino, videro in questo l’inizio d’un nuovo ordine sociale cristiano. Il paganesimo, però, era ormai troppo radicato nelle mentalità e nelle strutture, sicché questo primo tentativo di Cristianità fallì. L’Impero d’Occidente crollò nel 476. Fra le scorrerie barbariche e la rovina del mondo romano, la notte scese sull’Europa, prima dell’alba medievale, che avvenne con l’incoronazione di Carlo Magno, nel Natale dell’anno 800. Se sotto un certo profilo questo atto rappresentò la rinascita dell’idea romana di Impero, in una più ampia prospettiva storica esso segnò l’inizio di un’era profondamente nuova: quella della Cristianità medievale. Ora, questa non è stata un ordine qualsiasi, possibile come sarebbero possibili altri ordini. È stata la realizzazione, nelle condizioni inerenti ai tempi e ai luoghi, dell’unico vero ordine fra gli uomini, ossia la Civiltà cristiana. Il Regno di Dio è essenzialmente spirituale. Ma, nella misura in cui un’ordine temporale si fonda sullo spirito cristiano e, quindi, sorregge e promuove la pratica della fede, esso può essere considerato un frutto eccellente del Regno di Dio, nonché un suo possente coadiuvante. In altre parole, diventa un ordine sacrale. Ecco perché si può parlare di “Regno sociale di Cristo”. È interessante rilevare come Carlo Magno ritenesse la sua missione essenzialmente spirituale. Ecco, per esempio, l’esordio del suo discorso al Grande Consiglio di Aquisgrana, nel marzo 802: “Udite, fratelli dilettissimi! Siamo stati inviati qui per la vostra salvezza, per ammonirvi e dirvi come dovreste vivere in modo giusto e buono secondo Dio”.
Re dei Franchi e Patrizio romano Carlo Magno nacque il 2 aprile 742 e morì il 28 gennaio 814. Era figlio di Pipino il Breve e nipote di Carlo Martello, il vincitore dei musulmani nella decisiva battaglia di Poitiers (732). Pipino era Maestro di Palazzo del Re merovingio Childerico III, l’ultimo dei cosiddetti “Re fannulloni”. Questa carica implicava un reale potere civile, militare e perfino ecclesiastico: in pratica era lui che governava il popolo franco. Prendendo atto di questa situazione, e in ringraziamento per servizi prestati alla Santa Sede, nel 754 Papa Stefano III varcò le Alpi e, in solenne cerimonia svoltasi nell’abbazia di S. Denis sur Seine, incoronò Pipino Re dei Franchi e Carlo Magno come suo erede. Inoltre, il Pontefice concesse loro il titolo di Patricius romanus, il ché implicava l’obbligo di difendere Roma. Dopo la morte di Pipino, nel 768, e la prematura scomparsa del figlio secondogenito Carlomanno, nel 711, Carlo Magno divenne unico Re dei Franchi. Aveva appena 29 anni.
Difensore di Roma e Patrono della Chiesa Convertitisi al cristianesimo per opera della Regina Teodolinda (?-628), per ben due secoli i longobardi si erano mostrati fedeli alleati del Papato. I rapporti cominciarono a incrinarsi con Astolfo che, nel 749, invase il Lazio, costringendo Papa Stefano a chiamare in suo aiuto Pipino. Questi scese in Italia nel 755, sconfisse i longobardi e donò al Pontefice le Marche e la Romagna, costituendo così il nucleo dello Stato della Chiesa, che durò fino al 1870. Nel 756 morì Astolfo. Dopo alterne vicende, il suo successore Desiderio entrò in rotta col Papato. Nel 771 egli strinse d’assedio Roma, imprigionando Papa Adriano I, che chiamò in suo ausilio Carlo. Nell’estate di 774 questi scese in Italia, sconfisse Desiderio a Susa ed accerchiò Pavia. Lasciando il grosso delle sue truppe in Lombardia, Carlo si recò alla Città Eterna dove, vestendo tunica e clamide romana, ricevete gli onori che prima si tributavano al rappresentante dell’Imperatore. Magistrati e nobili gli andarono incontro sino a trenta miglia coi gonfaloni della città. Le milizie gli presentavano le armi. Per la via Flaminia si stendeva una folla enorme che lo osannava con rami di ulivo e palme. Appena, da lontano un miglio, Carlo vide il Vaticano, scese da cavallo e continuò a piedi. Arrivando alla base della scalinata di San Pietro, si mise in ginocchio e salì baciando ogni gradino. In alto lo aspettava Papa Adriano che, abbracciandolo, lo condusse su un trono a destra dell’altare da dove seguì la Santa Messa. Il Pontefice gli confermò il titolo di Patricius romanorum, nominandolo “Difensore di Roma e Patrono della Chiesa”. Collocando l’anello d’oro nel suo dito, il Pontefice proclamò: “Vi conferiamo questo onore affinché facciate giustizia alla Chiesa di Dio, dovendo renderne conto al Giudice Supremo”. Quindi incoronò Carlo con la corona d’alloro ed invitò i romani a giurargli fedeltà. In quell’occasione, Carlo confermò e accrebbe la donazione di Pipino al Papato, in un solennissimo atto sottoscritto sulla tomba di S. Pietro.
Padre dell’Europa Nell’arco della sua lunga vita, Carlo Magno portò avanti ben cinquantatré campagne militari, quaranta delle quali in difesa della Chiesa. Commenta al riguardo lo storico Cesare Cantù: «Le spedizioni dei Franchi (…) non erano più correrie come quelle dei Barbari per devastare; neppure inimicizie da tribù a tribù, ma guerre determinate da politico intendimento e da un sistema prestabilito. (…) Dalle cinquantatrè spedizione che [Carlo] condusse dal 769 all’813 trapela l’intenzione di congiungere in robusta unità le popolazioni stabilite su quel che un tempo formava l’impero romano, onde opporle alla doppia invasione minacciata dagli Arabi a mezzodì, e a settentrione dai popoli rimasti nella Germania. (…) Non è dunque un ambizioso conquistatore ma un ordinatore rivolto ad assodare sull’occupato terreno le popolazioni avveniticcie e arrestare le nuove irrompenti». Agli inizi dell’800, il potere di Carlo si estendeva dalla Spagna al Baltico, da Napoli alla Scandinavia, dalla Britannia alla Boemia, vale a dire più o meno il territorio corrispondente alla moderna Europa. Aveva quindi ragione il suo segretario Alcuino nel chiamarlo Rex Europæ. Avendo ricompattato l’unità politica europea, agli inizi dell’800 Carlo cessò qualsiasi iniziativa espansionistica, dedicandosi esclusivamente alla difesa di questo vasto territorio contro il duplice pericolo dei musulmani a sud e dei barbari rimanenti a nord. Possiamo quindi dire che egli fu il primo monarca ad avere una visione geopolitica dell’Europa e della sua sicurezza.
Carlo Magno imperatore Nel 799 Papa Leone III dovette rifugiarsi in Germania incalzato da una violenta rivolta di fazioni romane. Accolto in grande festa nel raduno annuale dei popoli germanici a Paderborn, il Pontefice ricevette il loro omaggio di fedeltà e poté quindi far ritorno a Roma scortato da una schiera di guerrieri sassoni, frisi, westfali, franchi, longobardi… Per sedare definitivamente la situazione, nel dicembre 800 Carlo Magno scese in Italia e convocò un concilio che condannò severamente i rivoltosi, restituendo al Pontefice il pieno uso della sua autorità. Nelle solennità del Natale, mentre Carlo assisteva alla Messa pontificale sul sepolcro dei santi Apostoli, Leone III gli pose sul capo un diadema d’oro, fece quindi nel suo cospetto una reverenza all’antica e lo salutò come Imperator et Augustus. Il popolo gridò ad una voce: “Vita e vittoria a Carlo, grande e pacifico Imperatore Romano, coronato per volontà di Dio!”. Carlo fu il primo imperatore incoronato da un Papa nel nome di Dio, nonché il primo a regnare “per grazia di Dio”. Un mosaico nella Basilica Lateranense, di poco posteriore al fatto, lo ritrae incoronato da san Pietro in persona. Lo stesso Carlo Magno attribuiva la sua dignità imperiale ad un atto divino tornato effettivo tramite il suo Vicario. Nelle sue lettere sono frequenti espressioni quali divino nutu coronatus, a Deo coronatus, ecc. Non era, dunque, una semplice rinascita dell’Imperium Romanum, ma il sorgere d’una Cristianità, i cui principi basilari sono spiegati dallo stesso Carlo Magno in una lettera a Papa Leone III: «Come avevo stretto un patto con il beatissimo predecessore della santa Paternità vostra, così ora desidero stabilire con la vostra Beatitudine un’alleanza inviolabile di uguale fede e carità, in modo che, per la grazia che Dio ha donato alla vostra apostolica Santità, mi raggiunga ovunque la benedizione apostolica invocata per mezzo delle preghiere dei santi, e la santissima Sede della Chiesa Romana, per concessione di Dio, sia sempre difesa dalla nostra Devozione. A noi spetta, secondo l’aiuto della divina misericordia, difendere con le armi ovunque, all’esterno, la santa Chiesa di Cristo dall’incursione dei pagani e dalla devastazione degli infedeli, e all’interno fortificarla con il riconoscimento della fede cattolica. A voi invece, Padre santissimo, spetta alzare – come Mosè – le mani a Dio per aiutare la nostra milizia, cosicché, con la vostra intercessione e grazie alla guida e alla concessione di Dio, il popolo cristiano riporti sempre ed ovunque vittoria sui nemici del Suo santo nome, e il nome del Signore nostro Gesù Cristo sia glorificato nel mondo intero». Autore: Julio Loredo Fonte: Radici Cristiane
La canonizzazione di Carlomagno nel 1165 da parte dell'antipapa Pasquale III non è che un momento dello straordinario destino postumo dell'imperatore d'Occidente. Qui si ricorderà brevemente ciò che, nella sua vita e nella sua opera, ha fornito occasione a un culto in alcune regioni cristiane.
Nato nel 742, primogenito di Pipino il Breve, gli succedette il 24 settembre 768 come sovrano d'una parte del regno dei Franchi, divenendo unico re alla morte (771) del fratello Carlomanno. Chiamato in aiuto dal papa Adriano I, scese in Italia, contro Desiderio, re dei Longobardi, nell'aprile 774. In cambio d'una promessa di donazione di territori italiani al sommo pontefice, riceve il titolo di re dei Longobardi quando lo sconfitto Desiderio fu rinchiuso nel monastero di Corbie. Nel 777 iniziò una serie di campagne per la sottomissione e l'evangelizzazione dei Sassoni, capeggiati da Vitichindo. Dopo una cerimonia di Battesimo collettivo a Paderborn, la rivalsa dei vinti fu soffocata, nelle campagne del 782-85, con tremendi massacri, fra i quali quello di molte migliaia di prigionieri a Werden. Spintosi oltre i Pirenei, nella futura Marca di Spagna, Carlomagno subì nel,778 un grave rovescio a Roncisvalle. Nelle successive discese in Italia (781 e 787) stabilì legami con l'Impero d'Oriente (fidanzamento di sua figlia Rotrude col giovane Costantino VI), e s'inserì sempre più a fondo, attraverso i missi carolingi, nella vita di Roma. Consacrato re d'Italia e spinto a occuparsi del patrimonio temporale della Chiesa, non trascurò il suo ruolo di riformatore, continuando l'opera iniziata dal padre col concorso di S. Bonifacio. Nel 779, benché occupatissimo per le rivolte dei Sassoni, promulgò un capitolare sui beni della Chiesa e i diritti vescovili, e accentuò la sua azione riformatrice sotto l'impulso dei chierici e dei proceres ecclesiastici e, soprattutto, di Alcuino e di Teodulfo d'Orleans.
La celebre “Admonitio generalis” del 789 mostra a pieno la concezione di Carlomagno in materia di politica religiosa, richiamandosi all'esempio biblico del re Giosia per il quale il bisogno più urgente è ricondurre il popolo di Dio nelle vie del Signore, per far regnare ed esaltare la sua legge. Nascono da questa esigenza il rinascimento degli studi, la revisione del testo delle Scritture operata da Alcuino, la costituzione dell'omeliario di Paolo Diacono.
Al concilio di Francoforte del 794, Carlomagno si erge di fronte a Bisanzio come il legittimo crede degli imperatori d'Occidente, promotori di concili e guardiani della fede. Non è un caso che i testi relativi alla disputa delle immagini (Libri Carolini), benché redatti da Alcuino o da Teodulfo, portino il nome di Carlomagno. Pertanto, l'incoronazione imperiale del giorno di Natale dell'anno 800 non fu che il coronamento d'una politica che il papato non poté fare a meno di riconoscere, sollecitando la protezione del sovrano e accettandolo, nella persona di Leone III, come giudice delle sue controversie. Ma Carlomagno (come mostrano le origini della disputa sul “Filioque”) estese la sua influenza fino alla Palestina. La sua sollecitudine per il restauro delle chiese di Gerusalemme e dei luoghi santi mediante questue (prescritte in un capitolare dell'810) gli valse più tardi il titolo di primo dei crociati. Del patronato esercitato sulla Chiesa dalla forte personalità di Carlomagno restano monumenti documentari ed encomiastici negli “Annales”, che ricordano i concili da lui presieduti, le chiese e i monasteri da lui fondati.
La vita privata di Carlomagno fu obiettivamente deplorevole. E non si possono certo dimenticare due ripudi e molti concubinati, né i massacri giustificati dalla sola vendetta o la tolleranza per la libertà dei costumi di corte. Non mancano, tuttavia, indizi di una sensibilità di Carlomagno per la colpa, in tempi piuttosto grossolani e corrotti. Il suo biografo Eginardo informa che Carlomagno non apprezzava punto i giovani, sebbene li praticasse, e, per quanto la sua vita religiosa personale ci sfugga, sappiamo che egli teneva molto all'esatta osservanza dei riti liturgici che faceva celebrare, specialmente ad Aquisgrana (odierna Aachen), con sontuoso decoro. Cosi, quando mori ad Aquisgrana il 28 gennaio 814, Carlomagno lasciò dietro di sé il ricordo di molti meriti che la posterità si incaricò di glorificare. La valorizzazione del prestigio di Carlomagno assunse il carattere di un'operazione politica durante la lotta delle Investiture e il conflitto fra il Sacerdozio e l'Impero. La prima cura di Ottone I, nel farsi consacrare ad Aquisgrana (962), fu quella di ripristinare la tradizione carolingia per servirsene.
Nell'anno 1000, Ottone III scopri ad Aquisgrana il corpo di Carlomagno in circostanze in cui l'immaginazione poteva facilmente sbrigliarsi. Nel sec. XI, mentre Gregorio VII scorgeva nell'incoronazione imperiale di Carlomagno la ricompensa dei servigi da lui resi alla cristianità, gli Enriciani esaltarono il patronato esercitato dall'imperatore sulla Chiesa. Quando l'impero divenne oggetto di competizione fra principi germanici, Federico I, invocando gli esempi della canonizzazione di Enrico II (1146), di Edoardo il Confessore (1161), di Canuto di Danimarca (1165), pretese e ottenne dall'antipapa Pasquale III la canonizzazione di Carlomagno col rito dell'elevazione agli altari (29 dic. 1165). Egli pensò di gettare in tal modo discredito su Alessandro III, che gli rifiutava l'impero, e, insieme, sui Capetingi che lo pretendevano. E se più tardi Filippo Augusto, vincitore di Federico II a Bouvines nel 1214, si richiamò alle analoghe vittorie di Carlomagno sui Sassoni, lo stesso Federico II si fece incoronare ad Aquisgrana il 25 luglio 1215 e dispose, due giorni dopo, una solenne traslazione delle reliquie di Carlomagno. Intanto Innocenzo III, risoluto sostenitore della teoria delle “due spade”, ricordava che è il papa che eleva all'impero e dipingeva Carlomagno come uno strumento passivo della traslazione dell'impero da Oriente a Occidente. La grande figura di Carlomagno venne piegata a interpretazioni opposte almeno fino all'elezione di Carlo V.
Ma a parte le utilizzazioni politiche contrastanti, il culto di Carlomagno appare ben radicato nella tradizione letteraria e nell'iconografia. Il tono agiografico è già evidente nei racconti di Eginardo e del monaco di S. Gallo di poco posteriori alla morte dell'imperatore. Rabano Mauro, abate di Fulda e arcivescovo di Magonza, iscrive Carlomagno nel suo Martirologio. La leggenda di Carlomagno è soprattutto abbellita dagli aspetti missionari della sua vita.
A Gerusalemme, la chiesa di S. Maria Latina conservava il suo ricordo. Alla fine del sec. X si credeva che l'imperatore si fosse recato in Terrasanta in pellegrinaggio. Urbano II, nel 1095, esaltava la sua memoria davanti ai primi crociati. Nel 1100 l'avventura transpirenaica dei paladini si trasfigurò in crociata, attraverso l'interpretazione della Chanson de Roland. Ognuno ricorda la frequenza di interventi soprannaturali nelle “chansons de gestes”: Carlomagno è assistito dall'angelo Gabriele; Dio gli parla in sogno; simile a Giosué, egli arresta il sole; benché il suo esercito formicoli di chierici, benedice o assolve lui. stesso i combattenti, ecc.
Dal sec. XII al XV si moltiplicano le testimonianze di un culto effettivo di C., connesse da un lato con la fedeltà delle fondazioni carolingie alla memoria del fondatore, dall'altro con l'atteggiamento dei vescovi verso gli Staufen, principali promotori del culto imperiale. A Strasburgo si trova un altare prima del 1175, a Osnabruck e ad Aquisgrana prima del 1200. Nel 1215, in seguito alla consacrazione di Federico II e alle cerimonie che l'accompagnarono, si stabilirono due festività: il 28 genn. (data della morte di C.), festa solenne con ottava, e il 29 dic., festa della traslazione. Roma rispose istituendo la festa antimperiale di S. Tommaso Becket, campione della Chiesa di fronte al potere politico; ma nel 1226 il cardinale Giovanni di Porto consacrò ufficialmente ad Aquisgrana un altare “in honorem sanctorum apostolorum et beati Karoli regis”. A Ratisbona, il monastero di S. Emmerano e quello di S. Pietro, occupato dagli Irlandesi, adottarono, nonostante l'estraneità dell'episcopato, il culto di Carlomagno che, secondo M. Folz, si andò estendendo in un’area esagonale con densità più forti nelle regioni di Treviri, di Fulda, di Norimberga e di Lorsch. Nel 1354, Carlo IV fondò presso Magonza, nell'Ingelheim, un oratorio in onore del S. Salvatore e dei beati Venceslao e Carlomagno. Toccato l'apogeo nel sec. XV, il culto di Carlomagno non fu abolito neppure dalla Riforma, tanto da sopravvivere fino al sec. XVIII in una prospettiva politica, presso i Febroniani.
In Francia, nel sec. XIII, una confraternita di Roncisvalle si stabilì a S. Giacomo della Boucherie. Carlo V (1364-80) fece di Carlomagno un protettore della casa di Francia alla pari di S. Luigi, e ne portò sullo scettro l'effigie con l'iscrizione “Sanctus Karolus Magnus”. Nel 1471, Luigi XI estese a tutta la Francia la celebrazione della festa di Carlomagno il 28 genn. Nel 1478, Carlomagno fu scelto come patrono della confraternita dei messaggeri dell'università e, dal 1487, fu festeggiato come protettore degli scolari (nel collegio di Navarra si celebrò fino al 1765, il 28 genn., una Messa con panegirico). Per queste ragioni il cardinale Lambertini, futuro Benedetto XIV, indicò nel caso di Carlomagno un tipico esempio di equivalenza fra una venerazione tradizionale e una regolare beatificazione (De servorum Dei beatificatione, I, cap. 9, n. 4).
Oggi il culto di Carlomagno si celebra solo ad Aachen, con rito doppio di prima classe, il 28 genn. con ottava; la solennità è fissata alla prima domenica dopo la festa di S. Anna. A Metten ed a Múnster (nei Grigioni) il culto è “tollerato” per indulto della S. Congregazione dei Riti.
Autore: Gerard Mathon
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Note:
Per approfondire: Alessandro Barbero "Carlo Magno. Un padre dell'Europa" Laterza
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