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Beata Cecilia Eusepi Terziaria servita

Festa: 1 ottobre

Monteromano, Viterbo, 17 febbraio 1910 - Nepi, Viterbo, 1 ottobre 1928


Una nuova beata davvero “buona a nulla”, o almeno così si riteneva la diciottenne Cecilia Eusepi, beatificata lo scorso 17 giugno, nel viterbese. Eppure, nella storia di questo “pagliaccio, mezzo grullo, buono a nulla”, la Chiesa ha trovato i segni di una straordinaria santità nell’ordinario, da ritenere di poterla proporre a modello di perfezione laicale.  D’altronde, lei stessa è perfettamente convinta che “la santità non consiste nella grandezza e straordinarietà delle opere, quella santità non è da tutti, ma bensì nel fare tutte le nostre azioni ordinarie, anche minime, allo scopo unico di piacere a Gesù". Il che è precisamente quanto lei ha cercato di fare. Nasce il 17 febbraio 1910 a Monte Romano, Viterbo, undicesima figlia di un semplice contadino che ad un mese e mezzo la lascia orfana. Insieme alla mamma va ad abitare a Nepi, in una tenuta dei duchi Lante della Rovere di cui è fattore uno zio e che si prende tanto a cuore l’istruzione della nipote da metterla a studiare dalle suore cistercensi. Per lei è una provvidenza, perché intelligente com’è e con l’inclinazione alle cose di chiesa che si ritrova, il monastero è il posto ideale. Se ne accorgono anche le monache, che, se lei volesse, l’accoglierebbero volentieri da loro. Ma lei non ci pensa, o meglio pensa ad altro: si innamora della piccola Teresa di Lisieux e della sua strada “piccola” per arrivare alla santità, si sente fraternamente vicina a San Gabriele dell’Addolorata, soprattutto si sente attratta dalla vita che si svolge in parrocchia, tenuta dai Servi di Maria. Dalla spiritualità di questi ultimi si lascia, anzi, contagiare al punto da chiedere di entrare ad appena 12 anni nel Terz’Ordine dei Serviti e, contemporaneamente, aderisce all’Azione Cattolica, affascinata dagli ideali di “Eucaristia, purezza e apostolato” che questa propone. E proprio nell’apostolato si distingue, malgrado la giovane età e la salute fragile, impegnandosi nella catechesi insieme alle sue compagne e animando la vita parrocchiale . Per lei, l’anno successivo, il vescovo fa un’eccezione, permettendole di entrare, non ancora quattordicenne come postulante tra le Suore Mantellate Serve di Maria: sono in tanti ad intuire che questa ragazzina ha la stoffa di santa e sta bruciando tutte le tappe, quasi avesse il presentimento di una vita breve. Tutti si mettono di traverso, a cominciare dallo zio, sulla strada della sua vocazione, per via della salute delicata e delle sue frequenti indisposizioni, consigliandole di restare a casa. Hanno ragione loro: dopo neanche tre anni è la malattia, precisamente la tubercolosi intestinale, a sabotare tutti i suoi sogni  ed a costringerla a fare ritorno a casa per i suoi ultimi due anni di vita. Ed è qui, invece, che sboccia la vera Cecilia, quella che si offre interamente a Gesù e che, prendendo coscienza di essere “il piccolo niente di Dio”, impara a poco a poco a lasciar “agire Dio” in lei e nella sua sofferenza. Alla scuola di Teresa di Lisieux, che proprio in quegli anni viene beatificata e poi canonizzata, fa il proposito di “giungere a Gesù per un piccolo sentiero, breve, molto breve, tracciatomi dalla piccola Teresa”.  Da lei impara anche a fare della sua vita un’offerta continua, in adorazione a Dio, in espiazione dei peccati del mondo, per il trionfo di Gesù in tutti i cuori, soprattutto per le missioni dove sarebbe andata di corsa se soltanto avesse avuto salute sufficiente. Mentre la malattia devasta il suo povero corpo ed è perseguitata da calunnie e maldicenze, si sforza di restare in uno stato di preghiera continua: “tutti i palpiti del mio cuore, i battiti del mio polso, i miei respiri, intendo siano tanti atti d’amore”; ma intanto non le viene risparmiata anche la “notte dello spirito”, nella quale non sente la presenza di Gesù e tutto le sembra arido e spento.  Per obbedienza al suo confessore scrive un diario in cui racconta la sua straordinaria esperienza della misericordia divina ed in cui lascia intravedere il grado di intimità raggiunto con Dio: un piccolo quadernetto, che insieme ad alcune lettere è tutto quello che oggi resta di lei. “Mi costa cara l’offerta che ho fatto, ma sono felice di averla fatta. Se rinascessi, la farei di nuovo”, la sentono esclamare ad inizio settembre 1928. la malattia l’ha inchiodata nel letto, soffre terribilmente, eppure continua a ripetere: “È bello darsi a Gesù che si è dato tutto a noi”. “Adesso, ho dato proprio tutto a Gesù!, le sentono sussurrare un giorno: i suoi occhi si chiudono dolcemente mentre sta per spuntare l’alba del 1° ottobre.

Autore: Gianpiero Pettiti

 


 

Cecilia Eusepi nasce in una cittadina laziale, in provincia di Viterbo, Monte Romano, il 17 febbraio 1910, nella festa dei Sette Santi Fondatori dei Servi di Maria.
I suoi genitori sono Antonio Eusepi e Paolina Mannucci, genitori poveri, ma ricchi di fede, semplici e buoni. Viene battezzata il 26 febbraio nella Chiesa parrocchiale di Santo Spirito, dall’arciprete Ugo Fulignoli.
Rimane orfana molto presto, ed il padre morente l’affida allo zio materno, Filippo Mannucci, che fu per lei tenerissimo padre.
Bambina vivace e sensibile, molto buona ed ubbidiente, già da piccola portata alla preghiera, che il fratellino più grande le faceva recitare tutte le mattine.
Già all’asilo di Monte Romano, tenuto da alcune signore, la piccola Cecilia mostra un grande ingegno. Una supplica al Signore l’ha accompagnata dalla piccolissima età: "Madonnina mia, fammi morire piuttosto che offendere Gesù".
Il 6 gennaio 1915, all’età di cinque anni, insieme a sua madre, Cecilia lascia per sempre Monte Romano e si reca a Nepi. Vanno a vivere nella tenuta dei duchi Grazioli Lante della Rovere detta La Massa, dove già dal 1910 lo zio Filippo lavora.
In questa tenuta la fanciulla cresce vispa e serena, scorazzando per i campi e tra le siepi, cogliendo fiori da collocare davanti alla Madonna.
Lo zio non ritiene che la vita campestre si confacesse alla bambina. Il 5 settembre 1915 l’affida come educanda alle Monache Cistercensi nel Monastero di San Bernardo di Nepi.
Cecilia scriverà più tardi: "Dopo il Battesimo la prima grazia ricevuta dal Signore fu quella di avermi tolta dal mondo a soli cinque anni e mezzo, e collocata fra le sue spose, dove si è aperta la mia intelligenza e ho sentito il bisogno di amare Gesù ".
In monastero a sette anni, il 27 maggio 1917, riceve la Santa Cresima dal santo vescovo mons. Luigi Olivares. In quel giorno correndo ai piedi della Vergine santa, la piccola Cecilia offre a Lei il suo cuore. Nello stesso anno, il 2 ottobre, festa dei SS. Angeli Custodi, dall’abate Testa dei Cistercensi di Roma, riceve la Prima Comunione. Fu dolce per lei "il momento del cuore a cuore con Gesù".
Mentre si prepara alla vita, attraverso l’impegno, lo studio e la preghiera, la piccola Cecilia sente con forza nel cuore la chiamata del Signore.
Due figure di santi l’accompagnano in questi anni: Santa Teresa di Lisieux, della quale già da piccola ha letto la sua “Storia di un’anima”. Ella riconosce in Teresina la sua maestra spirituale e afferma: "Giungerò a Gesù per un piccolo sentiero, breve, molto breve, tracciatomi dalla piccola Teresa. Eccolo: Umiltà, Abbandono, Amore"; e San Gabriele dell’Addolorata, dal quale percepisce l’amore all’Eucaristia, la devozione alla passione di Cristo e ai dolori della Madre, la generosità nel dare l’elemosina.
Nel Monastero Cecilia rimane circa cinque anni, dedicandosi allo studio elementare, al lavoro casalingo e femminile e alle pratiche di pietà. Una spiccata sensibilità religiosa andava crescendo in lei che, come ha attestato Padre Gabriele Roschini dei Servi di Maria, suo direttore, la fanciulla sentiva prepotente nell’anima "il bisogno di amare Gesù".
A questo grande amore per il Signore, si aggiunge poi, una grande generosità ed amabilità verso chiunque: la famiglia, le compagne, le monache, il prossimo, i poveri, per tutti il suo piccolo cuore è sempre aperto.
Di lei la Badessa Cistercense di Nepi, madre Teresa Salvadori, disse: "Se Cecilia continuerà a darsi a Dio, diventerà una grande santa". In questo asilo di preghiera, semplicità, povertà e mitezza la piccola Cecilia cresce, alla scuola di santità delle umili monache di Nepi, portando nel suo cuore il grande desiderio di essere la sposa di Gesù Cristo.
Il Monastero di San Bernardo si trova accanto alla Chiesa di San Tolomeo, tenuta dai Servi di Maria. I Serviti sono solitamente i confessori del Monastero, quindi la piccola Cecilia, ha modo di vedere spesso questi frati.
Alcune letture e la grande devozione verso la Madonna Addolorata la spingono verso l’Ordine dei Servi di Maria. Già in Monastero, tra le compagne, aveva istituito una Compagnia dell’Addolorata e questa devozione già all’età di dieci anni le fece desiderare di iscriversi al Terz’Ordine dei Servi di Maria (oggi Ordine Secolare). Viene ammessa nella Fraternità di Nepi il 14 febbraio 1922, e fa la sua promessa il 17 settembre di quello stesso anno, rivestendo l’abito dei Servi di Maria.
Cecilia ha vissuto quel momento con gioia indescrivibile, pari al giorno della Prima Comunione, incominciando a vivere intensamente lo spirito dell’Ordine, rinnovando il suo proposito di farsi santa.
La malattia la costringe a ritornare a casa sua, presso La Massa, e qui continua la sua ascesi a Dio.
Si iscrive alla Gioventù femminile di Azione Cattolica e riunisce attorno a se alcune bambine di Nepi, alle quali insegna il catechismo e le preghiere.
Matura in questo tempo la decisione di donarsi a Dio e di farsi Mantellata Serva di Maria.La sua giovanissima età sembra un ostacolo a questo santo proposito, ma Dio ha la meglio. A Gesù va dato ciò che c’è di più bello.
Il 19 novembre 1923 entra tra le aspiranti delle Mantellate di Pistoia e inizia la sua ascesi sui passi dei Sette Santi Fondatori con una grande aspirazione: "O suora santa, o niente".Guardando ai Sette del Senario il suo motto: "Amare e Soffrire, deve essere la nostra vita".Ancora una volta Gesù bussa alla porta di Cecilia e le chiede un altro sacrificio: rinunciare alla sua volontà per inebriarsi nella Volontà di Dio.
Costretta dalla malattia, dopo tre anni lascia le care suore di Pistoia per ritornare in famiglia, dove abbracciata alla sua croce vive in modo straordinario la sua quotidiana ordinarietà. Negli ultimi due anni della sua vita, vissuta a La Massa, Cecilia offre, ama e prega. Guidata spiritualmente da Padre Gabriele M. Roschini dei Serviti, vive in pienezza quella Regola di Vita che aveva abbracciata come Serva di Maria Secolare.
Negli ultimi giorni della sua esistenza, crocifissa col Crocifisso, Cecilia "cantava il suo amore sponsale a Gesù" e felice ripeteva: "È bello darsi a Gesù, che si è dato tutto per noi. Mi costa cara l’offerta che ho fatto, ma sono felice di averla fatta. Se rinascessi la farei di nuovo". Il 1° ottobre 1928, festa della sua Santa Teresina, si unisce a Dio nella gloria ripetendo quell’espressione che l’ha accompagnata in vita: "Mio Dio, Vi amo".
La venerabile Cecilia Eusepi, Giglio profumato dell’Ordine Secolare dei Servi di Maria, continua a versare sulla sua piccola strada tanti gigli, perché nell’ammirare le sue virtù altri possano seguirne i passi sulla via della santità ed essere conquistati alla medesima vocazione servitana di fedeltà alle piccole cose ordinarie, di servizio a Santa Maria e di carità verso ogni uomo, che ella ha vissuto fedelmente nell’osservanza della Regola di Vita, ed essere come la Vergine accanto ai crocifissi di ogni tempo.
Il suo sepolcro si trova in Nepi nella Chiesa di San Tolomeo dei Servi di Maria ed il 1° giugno 1987 Sua Santità Giovanni Paolo II ne ha riconosciuto l’eroicità delle virtù.
E' stata beatificata dal cardinale Amato il 17 giugno 2012  a Nepi (provincia Viterbo - diocesi Civita Castellana).


Autore:
Massimo Cuofano, OSSM

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Aggiunto/modificato il 2012-11-09

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