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San Potito Adolescente martire

14 gennaio

Sardica (Romania), II secolo – Italia Meridionale, 160 ca.

Adolescente martire è un santo poco conosciuto, patrono principale della città e diocesi di Tricarico (Matera) e patrono di Ascoli Satriano (Foggia). Ci sono giunte alcune antiche recensioni della «Passio sancti Potiti», la più antica delle quali è del IX secolo, che narra di Potito come un'adolescente tredicenne, nato a Sardica nella Dacia Inferiore (attuale Romania), che era diventata provincia romana nel 107, dopo essere stata conquistata da Traiano. Secondo queste fonti sarebbe stato l'unico figlio di una famiglia ricchissima. Contro la volontà del padre,convinto pagano, il giovane Potito aveva abbracciato la fede cristiana con rara convinzione. I documenti antichi gli attribuiscono gesti e miracoli che però non possono essere confermati da fonti storiche. In particolare avrebbe liberato dal diavolo la figlia dell'imperatore Antonino Pio (138-161). Dallo stesso imperatore, però, venne torturato e infine decapitato verso il 160 in odio alla sua fede da cristiano. (Avvenire)

Patronato: Tricarico, Mal di testa

Martirologio Romano: Commemorazione di san Potito, martire, che, dopo aver patito molte sofferenze a Sardica in Dacia, ora Bulgaria, si tramanda che sia infine morto martire trafitto con la spada.


Santo poco conosciuto, ha comunque il privilegio di aver quattro Comuni italiani che portano o hanno portato il suo nome; mentre egli è patrono principale della città e diocesi di Tricarico (Matera) e patrono di Ascoli Satriano (Foggia).
Si parla di s. Potito in antiche recensioni della “Passio s. Potiti”, la più antica delle quali è del secolo IX. Il santo è presentato come un’adolescente tredicenne, nato a Sardica nella Dacia Inferiore (attuale Romania), che era diventata provincia romana nel 107, dopo essere stata conquistata da Traiano; era unico figlio di una famiglia ricchissima.
Seppur in così giovane età, aveva abbracciata la fede cristiana, resistendo alle minacce ed ingiunzioni paterne a ritornare al culto degli dei. Per il seguito del racconto si ricalcano le gesta favolose, che venivano nel Medioevo, attribuite spesso ai martiri e che non sono documentabili; guarì dalla lebbra una illustre matrona, resistette a tutte le tentazioni del demonio che gli appariva sotto varie sembianze, liberò dal diavolo la stessa figlia dell’imperatore Antonino Pio (138-161), dal quale purtroppo perché cristiano, venne torturato e infine decapitato verso il 160.
La più antica memoria del suo culto, viene ricordata nel ‘Liber Pontificalis’ napoletano del IX secolo e nel famoso Calendario marmoreo, tuttora custodito nell’arcivescovado di Napoli e che fu scolpito tra l’847 e l’877, il quale lo riporta al 13 gennaio.
Alcuni studiosi si rifanno alla confusione medioevale di scambiare Sardica con la Sardegna, per affermare che s. Potito era stato martirizzato nell’Italia Meridionale, visto la diffusione del culto nelle Puglie che ne fu il centro e poi in seguito in Sardegna.
Contribuì a questa versione, un brano dell’antica ‘passio’ latina citata, che indicava come luogo del martirio, qualche posto tra il confine del Sannio e l’Apulia (regione storica antica dell’Italia Meridionale) presso qualche affluente del fiume Ofanto.
Il culto ebbe inoltre larga diffusione a Napoli, a Capua e Benevento, dove sorgono anche chiese a lui dedicate; già nel 1140 in un documento napoletano, si nominava una chiesa posta in località San Potito.
Le sue reliquie, solo più tardi, furono traslate in Sardegna, che rivendica le origini del giovane martire; alla storia di s. Potito non viene aggiunto niente di più dalla ‘Vita s. Potiti’ scritta da Leon Battista Alberti (1404-1472), il quale in mancanza di notizie certe, si adoperò solo di amplificare le lodi, redigendo in una più elegante forma letteraria, le leggende già riportate.
Nel ‘Martirologio Romano’ precedenti edizioni, la sua festa era al 13 gennaio, mentre nell’ultima recente edizione del 2003, è riportata al 14 gennaio, giorno in cui è celebrato nella diocesi di Tricarico, di cui è patrono.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2003-12-13

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