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Venerabile Egidio Bullesi Terziario Francescano

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Pola (Istria), 24 agosto 1905 – 25 aprile 1928


“La mia vita segue una stella”. E se la cosa è indispensabile al marinaio per orientare la rotta della propria nave, altrettanto dovrebbe essere per ogni cristiano. Per questo Egidio Bullesi, da buon marinaio, guarda costantemente al Vangelo e a Maria, le due stelle della sua vita. Che sboccia all’insegna della precarietà di bambino profugo già a 10 anni.
È nato nel 1905 a Pola, in un periodo in cui questa appartiene all’impero austriaco, terzo dei nove figli di un disegnatore tecnico navale impiegato all'Arsenale. All’inizio del primo conflitto mondiale la sua città viene dichiarata zona bellica e una parte della popolazione di origine italiana viene internata prima a Rovigno, poi a Graz.  Egidio, insieme a mamma e fratelli è tra questi profughi, mentre papà continua a lavorare a Pola; inizia così per il bambino un periodo di forte discriminazioni, angherie e soprusi; conosce la fame vera e impara anche a scazzottare per difendere la sua italianità. La disperazione lo riporta a 13 anni a Pola, a cercar lavoro nel cantiere in cui lavora papà. Lo trova, malgrado la giovanissima età e con la sua intelligenza, si fa strada e si specializza nel suo lavoro, mentre sul piano scolastico recupera ciò che ha perso da bambino, frequentando corsi serali di perfezionamento. Non perde tempo, insomma: lavora e studia, ma impara anche a portare Gesù nel cantiere, per farlo conoscere e farlo amare.
Nel 1920 entra nella Gioventù di Azione Cattolica, poi si lascia infiammare dalla predicazione di Padre Tito Castagna, un francescano tutto fuoco, che scalda ed entusiasma i cuori. Con effetto a cascata, tutta la famiglia viene contagiata, ma in Egidio la riscoperta della fede produce un irrefrenabile desiderio di annunciare e testimoniare la propria fede: a cominciare dal cantiere, ma anche in parrocchia, per strada, con i giovani. Si iscrive al Terz’Ordine francescano, aderisce alla Conferenza di San Vincenzo, diventa catechista e animatore di ogni iniziativa di carità. “Sento che è necessario infiammare i giovani e avviarli all'apostolato", scrive e, proprio per questo, accorre ovunque ci sia un congresso di giovani dell'Azio¬ne cattolica o del Terz'Ordine. Nel 1921, a 16 anni, partecipa a Roma al Congresso Nazionale per il 50° della Gioventù Cattolica: ritorna con l’entusiasmo alle stelle e con il desiderio di far nascere anche a Pola un gruppo Scout, che si affianca ai primi gruppi di Aspiranti che ha già costituito, perchè i ragazzi gli si attaccano e lo seguono ovunque, contagiati dal suo entusiasmo e dalla sua voglia di fare.
Vive nella gioia, perché “questa vita è tanto bella e quindi perché rattristarci? Allegria, sempre allegri, ma nel Signore.” Nel 1925 è chiamato al servizio di leva in Marina: 25 mesi da vivere con 1300 commilitoni sulla “Dante Alighieri”, praticamente un paese sull’acqua. Anche qui Egidio non si smentisce e si trasforma in apostolo, esattamente come aveva fatto sulla terraferma: riesce a far nascere una sorta di club, battezzato “attività serali frigorifere”, perché si riunisce nei locali dei frigoriferi. Da questa singolare attività cameratesca arrivano alcune conversioni e addirittura una vocazione religiosa: Guido Foghin, prima indifferente e non praticante, dopo la morte di Bullesi "prenderà i Voti" diventando frate francescano, missionario in Cina e poi in Guatemala, e assumendo significativamente il nome da religioso di Padre Egidio-Maria. Congedato il 15 marzo 1927, trova lavoro come disegnatore al cantiere navale di Monfalcone: il sacrificio di lasciare Pola e il suo apostolato è ben presto superato dal piacere di trovare anche nella sua nuova residenza tanto bene da fare tra i ragazzi, gli operai, nella San Vincenzo. Per quest’ultima si strapazza anche e un giorno arriva a casa con qualche linea di febbre; poi arriva una fastidiosa bronchite e alla fine lo ricoverano per tubercolosi a fine agosto 1928.
All’ospedale di Pola non si annoia, perché impara ad evangelizzare la sofferenza, insegnando come si fa ad accettare la malattia, il dolore e anche lo spettro della morte. “Se vivo, Gesù è la mia fe¬licità. Se muoio, vado a godere il mio Gesù”, dice e glielo si legge anche in faccia. Fa voto, se guarisce, di farsi frate, ma intanto offre la sua vita e i suoi dolori per le missioni, per la Chiesa….Muore il 25 aprile 1929, a neppure 24 anni. La Chiesa ha già riconosciuto l’eroicità delle sue virtù, con la dichiarazione a venerabile del 1997; ora sono all’esame presunti miracoli per sua intercessione che dovrebbero portarlo definitivamente sugli altari.

Autore: Gianpiero Pettiti

 


 

In questi ultimi decenni vengono sempre più spesso alla ribalta, figure di laici impegnati, giovani e meno giovani, che hanno fatto la storia dell’Azione Cattolica Italiana, originari da ogni angolo d’Italia e che per il loro donarsi spassionatamente all’apostolato fra i laici, mettendo in pratica il motto programmatico dell’Associazione: “Preghiera, Azione, Sacrificio”, hanno meritato per la loro santa vita, l’avviarsi delle relative Cause di Beatificazione.
È il caso di Egidio Bullesi, il quale nacque a Pola (diocesi di Parenzo) nell’Istria e che allora apparteneva all’Austria, il 24 agosto 1905; terzo dei nove figli di Francesco e Maria Diritti, frequentò la scuola italiana, fino a quando nel 1914, scoppiata la Prima guerra Mondiale, dovette con la famiglia rifugiarsi a Rovigo in Italia.
Ma dopo la dichiarazione di guerra da parte italiana all’Austria, mentre il padre era rimasto a lavorare a Pola, lui con il resto della famiglia, si dovette trasferire a Szeghedin (Ungheria), Wagna (Stiria) e Graz (Austria).
Di carattere esuberante, impulsivo, istintivo, si sentiva profondamente italiano; per questo la famiglia Bullesi durante tutto il periodo della guerra, trascorse un periodo nero.
La famiglia ritornò a Pola, diventata italiana, dopo il 1919 e secondo i biografi ebbe un periodo di rilassatezza nella pratica religiosa. Ma l’adolescente Egidio si riprese ben presto, con l’arrivo dei padri Francescani, che prese a frequentare, prima nel santuario della Madonna di Siana e poi nel centro della loro attività, l’orfanotrofio di S. Antonio.
Intanto a 13 anni prese a lavorare come carpentiere nell’arsenale di Pola, dove nonostante la giovane età, si fece notare per la coraggiosa pratica della sua fede cattolica, specie in quell’ambiente di affermato socialismo, meritandosi comunque l’ammirazione e la stima di tutti.
Seguendo l’esempio della sorella Maria, il 2 luglio 1920 a 15 anni, s’iscrisse nelle file della Gioventù d’Azione Cattolica e il 4 ottobre dello stesso anno, volle diventare anche Terziario Francescano. Nel campo lavorativo passò poi dall’Arsenale al cantiere navale di Scoglio Olivi, sempre a Pola, tenendo ben alti e saldi i suoi principi religiosi e morali; puntuale nei suoi doveri di lavoratore, tenendo testa con garbo ed attenzione a tutte le obiezioni e contrapposizioni in campo religioso.
Con il suo entusiasmo di giovane istituì a Pola gli esploratori cattolici; aveva 19 anni quando si arruolò nella Marina Militare imbarcandosi sulla nave “Dante Alighieri”, anche qui operò il suo apostolato di giovane cattolico fra i circa mille marinai; diceva sempre: “L’Italia sarà grande solo quando sarà veramente cristiana!”. Dopo tre anni si congedò il 15 marzo 1927.
Nonostante la grande crisi del lavoro che attanagliava l’Italia, fu chiamato, tramite il fratello maggiore Giovanni a lavorare nel cantiere navale di Monfalcone (Gorizia), dove il lavoro non mancava in quel periodo di armamento militare, scaturito con l’avvento del Fascismo.
Anche a Monfalcone riprese il suo apostolato fra gli operai e dedicandosi anche alla ‘Conferenza di San Vincenzo’.
Ma la sua splendida testimonianza di giovane cattolico impegnato, era giunta al termine, verso la fine di febbraio 1928 si ammalò gravemente, la malattia fra alti e bassi si protrasse per due mesi, finché si spense a soli 24 anni il 25 aprile 1928.
Rivestito con la tonaca francescana fu seppellito nel cimitero di Pola; la fama della sua santità si diffuse rapidamente fra i marinai, dentro e fuori d’Italia e fra i membri dell’Azione Cattolica.
Per i noti motivi politici, che coinvolsero l’Italia e l’Europa, con il seguito della Seconda Guerra Mondiale e anche con la perdita dell’Istria, assegnata nel 1947 alla Jugoslavia, non si poté aprire la Causa per la sua beatificazione, fino al 6 dicembre 1974, quando finalmente fu aperta dalla Curia di Trieste.
La sua salma fu esumata dal cimitero di Pola e traslata definitivamente nell’isola di Barbana (Grado, Gorizia).
Con decreto del 7 luglio 1997, papa Giovanni Paolo II gli ha riconosciuto l’eroicità delle sue virtù e il titolo di venerabile.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2015-06-23

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