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Zduny, Polonia, 26 febbraio 1908 - Dachau, Germania, 13 settembre 1942
Nato a Zduny, il 26 febbraio 1908, Francesco entrò adolescente nel seminario di Zdunska Wola nella Piccola Opera della Divina Provvidenza di san Luigi Orione. Dopo gli studi liceali e filosofici, nel 1931 andò in Italia, nella Casa madre di Tortona, per il noviziato e gli studi di teologia. Fu ordinato sacerdote il 6 giugno 1936. Operò poi al Piccolo Cottolengo di Genova-Castagna. Ritornato in Polonia nel 1937, fu educatore nel collegio di Zdunska Wola. Nell'estate del 1939 fu chiamato ad occuparsi della parrocchia «Sacro Cuore» e del Piccolo Cottolengo di Wloclawek. Qui lo sorprese la guerra. L'occupazione nazista in Polonia divenne persecuzione religiosa. Il 7 novembre 1939, don Drzewiecki e quasi tutto il clero della diocesi di Wloclawek, compresi i seminaristi e il vescovo, furono arrestati e tradotti in carcere. Internato a Dachau il 14 dicembre 1940, don Franciszek, dopo due anni di stenti, di privazioni, di lavori forzati e di nobile presenza umana e religiosa, fu eliminato perché «invalido a lavorare». Morì il 13 settembre 1942. (Avvenire)
Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, beati Francesco Drzewiecki, della Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza, ed Edoardo Grzymała, sacerdoti e martiri, che, polacchi di origine, durante la devastazione della patria in tempo di guerra furono messi dai loro persecutori in un carcere straniero e raggiunsero Cristo uccisi in una camera a gas.
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Don Orione l’aveva quasi profetizzato e certamente si era augurato che la sua ancor giovane congregazione venisse fecondata dalla testimonianza e dal sangue di martiri, ma certamente non poteva prevedere che questo suo desiderio si sarebbe attuato tanto presto. Infatti, il primo martire degli Orionini, riconosciuto tale dalla Chiesa, arriva appena due anni dopo la morte del fondatore. Francesco Drzewiecki nasce il 26 febbraio 1908, in Polonia, a Zduny, ed entra nel seminario di Zdunska Wola, cioè nella città in cui è nato San Massimiliano Kolbe, anch’egli martire dei lager. La sua vocazione è chiara e ben delineata: diventare sacerdote e religioso all’interno della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Lo mandano a fare il noviziato e a studiare teologia a Tortona, proprio dove vive don Orione, che con la sua sola presenza plasma e modella i suoi figli. Più o meno negli stessi anni e nella stessa Casa si sta forgiando la centallese suor Plautilla, anche lei avviata alla gloria degli altari. Ordinato sacerdote il 6 giugno 1936, fa una breve esperienza nella struttura per handicappati gravi del Piccolo Cottolengo di Genova-Castagna, e poi a fine 1937 ritorna in patria, dove lo attende un’intensa attività educativa e pastorale, che svolge con generosità e dedizione. Tutto ciò fino al 1° settembre 1939, giorno in cui la Germania invade la Polonia, dando inizio ad una feroce persecuzione religiosa. Il successivo 7 novembre quasi tutto il clero della diocesi di Wloclawek, Vescovo e seminaristi compresi, viene arrestato e incarcerato: tra loro anche don Francesco, che inizia così una via crucis, le cui “stazioni” dolorose hanno i nomi di Wloclawek, Lad, Szczyglin, Sachsenhausen, corrispondenti ai vari “campi” in cui viene internato e in ciascuno dei quali il pretino viene ricordato come “l’uomo che edificava con la sua cortesia e premura”. Il 14 dicembre 1940 fa il suo ingresso nel famigerato lager di Dachau e destinato alle piantagioni: così, alle sofferenze e alle umiliazioni degli altri campi, si aggiungono estenuanti marce di trasferimento da una coltivazione all’altra e un duro lavoro sotto sole, vento o pioggia che finiscono per stremare quei poveri corpi già minati dalla fame e dalle malattie. Anche qui si accorgono della sua presenza, perché “si distingue fra tutti come il più buono, il più servizievole, il più caritatevole”. Accovacciato per terra, come gli altri, per togliere erbaccia, o piegato a zappare e vangare, tiene davanti a sé la scatoletta dell’Eucaristia e fa adorazione ed è evidentemente questa a dargli la forza non solo per non disperare, ma anche per incoraggiare gli altri. Arriva però il giorno in cui anche don Francesco si ammala e deve essere eliminato “perché invalido a lavorare”. Il 10 agosto 1942 inizia il suo ultimo viaggio verso la morte, che si concluderà nella camera a gas del castello di Hartheim, nei pressi di Linz. “Come polacchi offriremo la nostra vita per Dio, per la Chiesa, per la Patria”: sono le ultime parole, accompagnate da un sorriso, che un chierico orionino di 24 anni raccoglie dalle sue labbra prima della partenza e che fanno, della sua, non una morte subita, ma un’offerta deliberatamente e coscientemente compiuta.Viene eliminato il 13 settembre 1942, ad appena 34 anni di età e 6 di ordinazione, lasciando in tutti la sensazione di un vero martire. E poiché anche la Chiesa tale lo ha riconosciuto, è stato beatificato da Giovanni Paolo II° nel 1999.
La sua data di culto è il 10 agosto, mentre la Piccola Opera della Divina Provvidenza lo ricorda il 12 giugno.
Autore: Gianpiero Pettiti
Al lager di Dachau è legata una delle pagine più tragiche e gloriose del Clero polacco: in esso furono reclusi ben 1780 ecclesiastici e di essi 868 vi trovarono la morte. La Chiesa non ha esitato a esaminare gli eventi nella ricerca degli elementi sufficienti per dare a molte vittime la gloriosa corona del martirio. Pensiamo a Massimiliano Kolbe, Tito Brandsma e ad Edith Stein, tra i più noti di una eroica schiera di testimoni di Cristo, periti nei lager.
I martiri di questi campi non ebbero troncata la vita con un attimo pur eroico di sofferenza: si trattò di un lungo calvario fatto di umiliazioni, ingiurie, maltrattamenti, che prepararono e determinarono spesso l'olocausto conclusivo finale. Tra gli eroici testimoni della fede e della carità cristiana morti a Dachau, brilla di eminente splendore la figura di Mons. M.Kozal, vescovo di Wloclawek, e la corona di "socii martyres", con lui morti a Dachau. Per 107 di essi è stata introdotta la causa di beatificazione che mira a provare la loro esemplarità eroica sia nel martirio e sia nella loro vita cristiana: 3 vescovi, 51 sacerdoti diocesani, 21 sacerdoti religiosi, 3 chierici, 7 fratelli coadiutori, 8 suore e 9 laici. Don Francesco Drzewiecki è uno di questi.
Nato a Zduny, il 26.2.1908, Francesco entrò adolescente nel seminario di Zdunska Wola (città di San Massimiliano Kolbe) per realizzare la sua vocazione sacerdotale e religiosa nella Piccola Opera della Divina Provvidenza del beato Don Luigi Orione. Dopo gli studi liceali e filosofici, nel 1931 andò in Italia, nella Casa madre di Tortona, per il noviziato e gli studi della teologia. Fu ordinato sacerdote il 6 giugno 1936. Spese le sue primizie sacerdotali al Piccolo Cottolengo di Genova-Castagna, una istituzione per handicappati gravi, dove era anche formatore di un gruppo di "vocazioni adulte". Ritornato in Polonia sul finire del 1937, Don Francesco continuò la sua attività di educatore nel collegio di Zdunska Wola. Nell'estate del 1939 fu chiamato ad occuparsi della Parrocchia "Sacro Cuore" e del Piccolo Cottolengo di Wloclawek. Qui lo sorpresero i noti e tremendi eventi bellici, scantenatisi a partire dall'invasio-ne tedesca del 1° settembre 1939.
L'occupazione nazista si trasformò ben presto in persecuzione religiosa, realizzata in modo sistematico e particolarmente violento nella Polonia cattolica. Il 7 novembre di quel 1939, Don Drzewiecki e quasi tutto il Clero della diocesi di Wloclawek, compresi i seminaristi e il Vescovo Mons. M. Kozal, furono arrestati e tradotti in carcere. Iniziava una lunga via crucis di umiliazioni e di sofferenze: Wloclawek, Lad, Szczyglin, Sachsenhausen e infine Dachau. Dai compagni di lager fu ricordato come "l'uomo che edificava con la sua cortesia e premura", secondo l'espressione di Mons. F.Korszynski nel suo noto libro Jasne promienie w Dachau (Pallottinum, Poznan) p.193. Internato a Dachau il 14 dicembre 1940, Don Franciszek Drzewiecki, dopo due anni di stenti, di privazioni, di lavori forzati e di nobile presenza umana e religiosa, fu eliminato perché "invalido a lavorare". Morì il 13 settembre 1942. Aveva solo 34 anni: 6 di sacerdozio.
Tante sono le testimonianze della nobiltà e santità d'animo di Don Drzewiecki, spicca quella di Don Jozef Kubicki, anch'egli Orionino e chierico di 24 anni al momento della reclusione a Dachau. Don Kubicki racconta: "Al campo di concentramento, don Drzewiecki era stato destinato alle piantagioni. Doveva fare lunghe ed estenuanti marce di trasferimen-to a piedi, lavorare sotto sole, pioggia, vento. Venne il tempo in cui don Drzewiecki, si indebolì e si ammalò gravemente. Gli mancavano le forze per camminare. Andò al revier (inferme-ria). Mentre don Drzewiecki si trovava al revier è venuta una Commissione e tutti quelli che non erano in grado di lavorare ("i mussulmani", li chiamavano) li eliminavano: o venivano gasati o uccisi con altri modi. Fu così che don Drzewiecki fu iscritto per il trasporto di invalidi". Quei viaggi terminavano al forno crematoio. Con il trasporto del 10 agosto 1942, egli fu portato per l'eliminazione con il gas al Castello di Hartheim, nei pressi di Linz. Era mattino presto. Avevo finito il turno notturno di lavoro. Nella strada principale del lager avevano radunato gli invalidi per il carico dell'invali-dentrasport. Don Francesco, pur sapendo di rischiare, attraver-sò la strada e mi venne a dare l'addio. Ha bussato alla finestra e io sono saltato su dal giaciglio. Don Drzewiecki mi disse: Giuseppino, addio! Partiamo. Ero tanto abbattuto che non riuscivo a dire neanche una parola di rammarico. E don Drzewiecki continuò: Giuseppino non ti dar pena. Noi, oggi, tu domani... E con grande calma disse ancora: Noi andiamo... Ma offriremo come Polacchi la nostra vita per Dio, per la Chiesa e per la Patria" (da Due Orionini al Lager. Memoriale, Roma, 1997).
Don Drzewiecki manifestò in questo supremo e drammatico momento di essere buon pastore "pronto a dare la vita per le sue pecore" (Gv 10,11) e lo espresse nell'offrire, coscientemente e liberamente, quella vita che, all'apparenza dei fatti, gli era tolta iniquamente. Come Gesù. "Io offro la mia vita e poi la riprendo. Nessuno me la toglie; sono io che la offro di mia volontà" (Gv 10,17-18). Per don Drzewiecki, "agnello mansueto condotto al macello", la conformazione a Cristo, raggiunge il suo apice in quel saluto, prima di salire sul convoglio dell'invalidentrasport: "Per Dio, per la Chiesa e per la Patria". La carità, frutto della sua abituale unione con Dio, fu il tessuto della sua vita. Lo rese prima chierico esemplare, poi educatore e pastore zelante, infine, lo sostenne ed esaltò nella terribile prova e morte nel lager. La causa di Don Francesco Drzewiecki, come quella dei "Socii martyres", è iniziata nella diocesi di Wloclawek nel 1992. Conclusa la fase istruttoria, la Congregazione per le Cause dei Santi ha emesso il Decreto di validità del processo diocesano il 24 gennaio 1995. L'Informatio de vita, virtutibus, martyrio et fama martyrii è pronta per il giudizio conclusivo.
E' stato beatificato da Giovanni Paolo II° nel 1999.
La sua data di culto è il 10 agosto, mentre la Piccola Opera della Divina Provvidenza lo ricorda il 12 giugno.
Autore: Don Flavio Peloso - Postulatore generale
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