Pipino di Landen, detto anche “il Vecchio”, duca di Brabante, nacque nel 575, figlio del principe Carlomanno e della principessa Ermengarda. Fu maestro di palazzo sotto i re di Francia Clotario II, Dagoberto I e Sigeberto II, esercitando questo grande incarico, un po' differente dall'autorità reale, con una rara prudenza. Si contraddistinse particolarmente per la sua fedeltà al re e per il suo amore per il popolo. Egli abbracciò con costanza ineguagliabile i giusti interessi dell'uno e dell'altro, senza temere di dover far torto ai diritti reali in favore del popolo. Con ammirabile equilibrio si prodigò nell'evitare che, usando come pretesto i diritti del re, si opprimesse e si prostrasse il popolo, preferendo così la volontà divina a quella umana, che proibisce di favorire i potenti a scapito dei deboli. Inoltre, era solito rendere al popolo ciò che secondo la giustizia gli spettava ed a Cesare solamente ciò che apparteneva legittimamente a Cesare. Associò a sé al potere Sant'Arnoldo, vescovo di Metz e poi suo con suocero: non faceva niente senza il suo consiglio, conoscendo la sua eminente virtù e la sua grande capacità nel governo dello stato. Alla morte di Arnoldo gli successe nell'amministrazione degli affari un altro grande santo, Cuniberto, arcivescovo di Colonia. Ciò può bastare a giudicare con quale ardore egli abbracciasse la giustizia in ogni sua sfaccettatura, scegliendo degli uomini così eccellenti ed incorruttibili per essere fedeli consiglieri di ogni sua azione.
Ma il re dei Franchi Clotario II non si limitò a mettergli tra le mani la prima carica dello stato, nominandolo maestro di palazzo, e decise dunque di onorarlo di tutta la sua confidenza donandogli tutto il potere che un grande ministro può sperare. Associato il suo figlio primogenito Dagoberto ad una parte della sua potenza e messolo in possesso del regno d'Austrasia, Clotario scelse nel 622 fra tutti i grandi della corte proprio Pinino, uomo ammirabile, per conferirgli interamente la guida del giovane neosovrano.
Pipino esercitò degnamente questa nuova carica, non dimenticando niente di ciò che poteva imprimere nello spirito di Dagoberto il timor di Dio e l'amore per la giustizia, mettendogli sovente davanti agli occhi queste belle parole del Vangelo: “Il trono di un re che rende giustizia ai poveri non sarà mai rovesciato”.
Fu proprio grazie alla prudenza di Pipino che Dagoberto I poté governare bene e fortunatamente, anche quando alla morte del padre ne ereditò il potere sugli altri stati del suo regno. La fazione di suo fratello Cariberto e di vari altri dissidenti fu presto dissipata grazie al valore di Pipino, che si dimostrò valoroso nella guerra, ma soprattutto giusto e saggio nella pace. Dagoberto, riservatosi esclusivamente i diritti che gli erano propri, si guadagnò il cuore di tutto il popolo per la sua libertà, la sua giustizia, la sua dolcezza e tutte le altre qualità degne di un grande re, eguagliando e sorpassando la reputazione dei più illustri dei suoi predecessori. Il suo regno fu uno dei più belli, essendo stato sempre guidato dai consigli di un santo ed abile maestro quale fu Pipino.
Ma, come niente è più difficile che conservare lo spirito puro nel mezzo della corruzione del secolo, ed il corpo casto tra i piaceri che accompagnavano la prosperità e la sovrana potenza, il re Dagoberto si tuffo ad un certo punto nella voluttà, facendo ricorso a metodi ingiusti per soddisfare le sue spese folli e disordinate. Il cuore di Pipino non poté che sentirsi trafitto dal dolore , lo riprese severamente e gli fece notare la sua ingratitudine verso Dio. Ma il giovane non sopportò i suoi rimproveri e meditò di ucciderlo, spinto anche da qualche cortigiano che odiava il santo ed invidiava la sua virtù. Ma Dio, che è il protettore dei giusti, liberò Pipino da questo pericolo. Il re comprese infine la giustezza delle sue rimostranze e tornò a manifestare più venerazione che mai nei suoi confronti. Per dargli una prova non equivoca pose tra le sue mani il suo figlio Sigeberto, che nel 633 inviò a regnare in Austrasia sotto la sua guida. Il giovane fu in realtà re solo di nome, poiché l'effettivo governo del regno fu in realtà completamente in mano a Pipino. Proprio in tale periodo l'Austrasia si trovò liberata dalle grandi incursioni dei barbari, repressi e confinati nel loro paese, che aveva subito sino ad allora. Dopo la morte del re Dagoberto I, Pipino avrebbe desiderato mettere Sigeberto II in possesso di tutti i suoi stati, se suo padre non lo avesse precedentemente obbligato ad accontentarsi dell'Austrasia ed a lasciare il regno di Francia a Clodoveo, figlio secondogenito.
La morte del santo duca Pipino, avvenuta il 21 febbraio 640 nel suo castello di Landen, nel Brabante, fece piombare l'intera Austrasia in una profonda afflizione, che lo pianse quale fosse stato uno dei suoi migliori re, ricordandone la sua vita impregnata di santità, la sua reputazione senza macchia, la sua saggezza e la sua condotta ammirabili. Egli fu sempre giustamente considerato quale protettore delle leggi, sostegno dei deboli, nemico delle divisioni, ornamento della corte, esempio per i grandi, guida dei re e padre della patria.
Il suo corpo, subito deposto nel luogo della morte, fu in seguito trasferito nel monastero di Nivelle.
E' da precisare che il personaggio in questione, Pipino di Landen, non è assolutamente da confondere con altri due suoi omonimi i cui nomi sono assai più celebri suoi nostri libri di storia: il primo è Pipino di Héristal, anch'egli maestro di palazzo e padre di Carlo Martello, mentre il secondo è Pipino il Breve, figlio appunto di Carlo Martello e primo re francese appartenente alla seconda dinastia, cioè quella poi definita carolingia. Il nostro santo, invece, più antico di entrambi, fu antenato di Pipino di Héristal tramite sua figlia Begga, che sposò il figlio del vescovo sant'Arnoldo, da quest'ultimo donatole per il bene della Francia ed il sostegno della sua grande ed illustre monarchia.
Si può dunque come constatare come la famiglia di Pipino sia stata una famiglia di grandi santi e sante. Sua moglie Itta, nome italianizzato in Ida, sorella dell'arcivescovo di Trèves san Modoaldo, dopo aver vissuto santamente la realtà matrimoniale, si prodigò anche da vedova in ogni sorta di buone opere e ricevette il velo di benedettina del celebre monastero di Nivelles. Qui trascorse il resto dei suoi giorni, offrendo alle altre religiose un raro esempio di perfezione e di virtù. Alla sua morte anche il corpo di Pipino fu ricongiunto a lei in questo monastero da loro fondato. Ida è venerata come santa l'8 maggio.
Pipino e Ida possono dunque essere considerati i capostipiti della dinastia dei Pipinidi, detta poi “carolingia” in onore del primo Sacro Romano Imperatore Carlo Magno.
Dopo il primogenito Grimoldo, che successe al padre Pipino, nacquero due figlie
La primogenita, la grande ed illustre Santa Geltrude, ancora giovanissima dichiarò dinnanzi alla corte franca di scegliere la vita religiosa e di preferire l'obbedienza al Creatore piuttosto che l'autorità regia. Pare infatti che il re Dagoberto stesse ipotizzando un matrimonio con lei. Entrata nel monastero di Nivelles, ne venne eletta prima badessa all'età di appena vent'anni per le sue eccezionali qualità. Fu eminente in santità, a tal punto da poter essere considerata come uno dei più bei lumi della cristianità.
Sua sorella Santa Begga, invece, ebbe l'onore di essere la radice da cui nacque la seconda dinastia dei re di Francia, come già spiegato precedentemente.
Pipino di Landen lasciò dunque dietro di sé una tale scia di santità tanto da essere considerato subito un santo pur senza essere stato ne monaco, ne prete, ne vescovo, bensì un semplice laico. E' venerato il 21 febbraio, anniversario della sua nascita al cielo.
Autore: Fabio Arduino
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