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Beata Albertina Berkenbrock Vergine e martire

15 giugno

São Luís, Brasile, 11 aprile 1919 - 15 giugno 1931

Albertina Berkenbrock, figlia di tedeschi emigrati in Brasile, visse nella cittadina di São Luís, educata dai suoi familiari alla fede e al rifiuto di ogni tipo di peccato. Crebbe generosa e gentile, specie verso i più poveri. Nel pomeriggio del 15 giugno 1931, mentre cercava di recuperare un bue della sua piccola mandria, venne inseguita da Indalício Cipriano Martins (noto anche come Manuel Martins da Silva), un uomo povero alle dipendenze di suo zio, con aperte intenzioni di usarle violenza. Albertina gli si oppose, ricordandogli che quello che stava per farle era peccato, ma fu sgozzata con un colpo di taglierino; aveva dodici anni. La sua fama di martirio in difesa della virtù cristiana della castità si diffuse presto e portò all’apertura del suo processo di beatificazione, iniziato negli anni ’50 del secolo scorso, ma ripreso solo nel 2000. È stata beatificata il 20 ottobre 2007 nella cattedrale di Tubarão. I suoi resti mortali sono venerati dal 2001 nella chiesa parrocchiale di São Luís.

Etimologia: Albertina = forma diminutiva di Alberta, illustrissima, dall'antico germanico


Un tentativo di stupro, una bambina sgozzata, una famiglia distrutta: storia di ieri, come tante storie di oggi. Ma quella è stata ritenuta autentico martirio, e la vittima, il 20 ottobre 2007, è stata proclamata beata. Perché lei, che di anni ne aveva appena 12, non si è lasciata uccidere soltanto per difendere la sua dignità, ma perché aveva ben chiaro ciò che è bene e ciò che è male, cos’è il peccato e cosa bisogna fare per evitarlo.
Il suo cognome, Berkenbrock, tradisce l’origine tedesca della famiglia: a metà Ottocento la bisnonna emigra dalla Westfalia in Brasile con i figli superstiti per sfuggire alla tubercolosi, che le ha già portato via il marito e due figli, e alla miseria che ne è una concausa.
Nasce l’11 aprile 1919 e il 25 maggio successivo viene battezzata con il nome di Albertina. La sua famiglia, come tutti i coloni tedeschi emigrati, conserva gelosamente il patrimonio della fede, quasi come un segno di identità nazionale.
I genitori di Albertina, insieme ai loro sette figli, pregano ogni giorno prima dei pasti: chiedono in particolare che nella loro famiglia non si commettano peccati e si viva da buoni cristiani, come i loro vecchi hanno insegnato.
La comunità di coloni tedeschi in cui Albertina nasce e cresce vive semplicemente del lavoro dei campi e dell’allevamento del bestiame: non tutti hanno fatto fortuna, come speravano, ma perlomeno tutti hanno il pane assicurato.
L’assistenza religiosa, per mancanza di sacerdoti, è saltuaria, appena una volta al mese o poco più, ma supplisce egregiamente la figura del catechista, un tal Hugo Berndt. Già sottufficiale dell’esercito e di fede protestante, si è convertito al cattolicesimo e vive poveramente per scelta, facendo scuola e insegnando catechismo ai bambini del luogo. Insieme al parroco, il dehoniano padre Gabriel Lux, dalla vita santa ed ascetica, ha una parte fondamentale nella formazione di Albertina.
Lei, intanto, a 6 anni riceve la Cresima e a 9 anni la Prima Comunione: ricorderà e festeggerà ogni anno la data di quest’ultima come la più bella della sua vita. Cresce con due punti di riferimento ben precisi: la Madonna e san Luigi Gonzaga, il titolare della chiesetta attorno alla quale è raggruppato il suo villaggio e dove i compaesani la vedono sempre più spesso raccolta in preghiera.
Si sta formando una devozione solida, una fede robusta. A scuola è brava; eccelle nel catechismo, capito ed assimilato più che imparato a memoria; ama dividere la sua merenda con i compagni più poveri di lei. In particolare, per incarico dei genitori, porta spesso il pranzo a un uomo, Manuel Martins da Silva (noto anche come Indalício Cipriano Martins), povero in canna e carico di figli, che lavora alle dipendenze di suo zio.
È proprio questo tale, da lei tante volte beneficato e con i cui figli era solita giocare, che nel pomeriggio del 15 giugno 1931 la segue nel bosco, mente lei è alla ricerca di un bue, allontanatosi dalla sua piccola mandria. Le intenzioni dell’uomo sono palesi e Albertina reagisce come può, sia alle iniziali lusinghe e sia poi alle aperte minacce. Gli ricorda che quanto le sta chiedendo è peccato, che suo padre non vuole, che a casa sua tutti i giorni si prega perché in famiglia non si commettano peccati.
Quando la violenza di Manuel si scatena, reagisce anche con calci e pugni al punto che il violentatore, non riuscendo a piegarla, la sgozza con un temperino, recidendole la giugulare. «Io non voglio il peccato», sono le ultime parole soffocate dal sangue che l’assassino sente pronunciare da quella bambina, che non è riuscito a piegare e che non è riuscito a violentare perché le idee chiare e una volontà d’acciaio le hanno dato un’incredibile forza anche davanti alla morte.


Autore:
Gianpiero Pettiti


Note:
Per approfondire: www.beataalbertina.net - www.beataalbertina.com - Per contattare il Postulatore dott. Paolo Vilotta [email protected]

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Aggiunto/modificato il 2017-01-31

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