Infanzia e famiglia
Stefan Wyszyński nacque a Zuzela, un villaggio della diocesi di Łomża in Polonia, all’epoca parte dell’Impero russo, il 3 agosto 1901, giorno in cui fu anche battezzato.
Era il secondogenito di una coppia di contadini: Stanisław Wyszyński, che era anche organista in un paio di chiese, e Julianna Karp. La famiglia, ambiente nel quale assimilò i principi della cultura e della fede, contava in tutto quattro figli: la maggiore Anastazja, poi Stefan, Stanisława e Janina.
Iniziò a fare il chierichetto quand’era ancora molto piccolo. A nove anni, però, perse la madre, morta il 31 ottobre 1910, poco dopo aver dato alla luce la quinta figlia, Zofia, che visse appena un paio di settimane. Il padre si risposò con Eugenia Godlewska, da cui ebbe Julia e Tadeusz.
Istruzione
Per due anni, Stefan studiò nella scuola del suo villaggio, ma a nove anni venne ritirato: l’insegnamento era infatti impartito in russo, fatto che il padre, sostenitore dell’indipendenza polacca, non apprezzava. Fu lui stesso a insegnargli la storia e la lingua della sua patria, anche portandolo nella foresta di Biała, a seppellire i morti dell’insurrezione di gennaio.
Nel 1912 superò gli esami e iniziò a studiare a Varsavia, presso il ginnasio privato di Wojciech Górski, dove la lingua di insegnamento era il polacco. Proseguì, dal settembre 1915, nella più vicina Łomża, perché il fronte russo-tedesco bloccava la strada per Varsavia.
La vocazione
Sin dall’infanzia aveva avvertito la vocazione al sacerdozio, ma decise di seguirla mentre i trovava a Łomża. Nell’autunno 1917 entrò in Seminario Minore a Włocławek; tre anni dopo, passò al Seminario Maggiore. Una grave malattia rischiò d’impedire la sua ordinazione sacerdotale: quando ne fu guarito, poté riprendere con impegno gli studi teologici.
Venne ordinato nella cattedrale di Włocławek da monsignor Wojciech Owczarek il 3 agosto 1924, giorno del suo compleanno e del suo Battesimo. Era da solo: i suoi compagni erano infatti stati ordinati a giugno, quando lui non aveva ancora compiuto i ventitré anni prescritti dal Diritto Canonico come età minima. Celebrò la Prima Messa il 5 agosto, nel santuario della Madonna di Jasna Góra a Częstochowa.
I primi incarichi e l’attenzione alla dottrina sociale della Chiesa
La sua salute cagionevole non fu di ostacolo perché svolgesse gli incarichi che gli vennero affidati: viceparroco della cattedrale di Włocławek, redattore del giornale diocesano «Słowo Kujawskie» e prefetto dei corsi serali per adulti, presso una fabbrica di cellulosa, organizzati dall’amministrazione comunale.
Dal 1925 al 1929 studiò Diritto canonico e scienze storico-economiche all’Università Cattolica di Lublino, sostenendo la tesi di dottorato sul rapporto tra Chiesa e scuola: del resto, aveva difeso l’affermazione e il riconoscimento civile della stessa Università, del cui convitto era vicerettore.
Nel 1929, grazie a una borsa di studio, compì un viaggio che toccò Austria, Italia, Francia, Belgio, Olanda e Germania. In quel modo poté conoscere associazioni e movimenti impegnati nell’attuazione della dottrina sociale della Chiesa, come la Gioventù Femminile Italiana di Azione Cattolica, la Gioventù Operaia Cristiana nata in Francia e la Cristliche Gesellenvereine tedesca. Queste ultime due associazioni furono da lui tradotte nell’esperienza polacca, a partire dal 1932, con l’organizzazione di una realtà analoga.
Nuove attività pastorali e sociali
Tornato in patria nel 1930, don Stefan si dedicò a numerose attività pastorali e sociali. Divenne infatti professore di Scienze sociali nel Seminario di Włocławek, direttore dell’opera missionaria diocesana, ma anche dell’università cristiana dei lavoratori e del sodalizio mariano. Sostenne anche i sindacati cristiani e l’associazione accademica «Odrodzenie» («Rinascita»).
Il suo impegno non sfuggì al cardinal August Hlond, Primate di Polonia, che dal 1937 lo volle nel Consiglio Sociale del Primate di Polonia. Continuò anche l’attività giornalistica: su «Ateneum Kapłańskie» («Ateneo Sacerdotale»), rivista specializzata per il clero, pubblicò circa centosei tra articoli e lavori più ampi, su temi sociali.
Durante la seconda guerra mondiale
Nel 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, divenne ricercato dai nazisti. Monsignor Michał Kozal, vescovo ausiliare di Włocławek (beatificato nel 1987), gli ordinò allora di lasciare la città. Si rifugiò quindi a Wrociszew, vicino a Warka, insieme a suo padre.
Dal luglio 1940 divenne cappellano del centro per i non vedenti di Laski: era un’opera seguita dalle Suore Francescane Ancelle della Croce, congregazione fondata da madre Elisabetta (al secolo Róża) Czazka. A causa della guerra, suore e ospiti avevano dovuto sfollare a Kozłówka, quindi a Żułów.
Don Stefan fu accanto a loro in quei trasferimenti e nel ritorno a Laski, avvenuto nel 1942, quando divenne ufficialmente il loro cappellano. In aperto contrasto con gli occupanti tedeschi, organizzò circoli di spiritualità per gli intellettuali e guidò gli Esercizi spirituali per le suore. Insegnò anche dottrina sociale, catechetica e psicologia in un’università clandestina.
Il 26 agosto 1942, insieme a Maria Okońska, diede vita, a Szymanów, all’Istituto Secolare delle Ausiliarie di Maria di Jasna Góra, Madre della Chiesa, dal 2006 chiamato Istituto del Primate Wyszyński. Uno degli scopi era la collaborazione per lo sviluppo delle istituzioni e delle comunità ecclesiali.
L’insurrezione di Varsavia
Per sessantatré giorni, dal 1° agosto al 2 ottobre 1944, gli abitanti di Varsavia insorsero contro gli occupanti. Molti religiosi e sacerdoti curavano i feriti, battezzavano i bambini o impartivano l’assoluzione “in articulo mortis”. Don Stefan si prestava per le confessioni anche dei tedeschi feriti, perché conosceva bene la loro lingua.
La sua esperienza come cappellano degli insorti della zona operativa “Żoliborz-Kampinos” e dell’ospedale approntato a Laski fu la fonte per uno dei suoi libri, «Lo spirito del lavoro umano», pubblicato nel 1946. In esso osservava come l’uomo del secondo dopoguerra intendesse, anche tramite il lavoro, risollevarsi e riparare il male che era accaduto.
Ritorno a Włocławek
Nel febbraio 1945, sul finire della guerra, tornò nella sua diocesi. Molti sacerdoti erano stati uccisi dai nazisti, i quali avevano anche chiuso il Seminario diocesano. Il primo impegno di don Stefan fu quindi quello di riaprirlo: il 19 marzo 1945 ne divenne rettore. Dovette poi occuparsi di entrambe le parrocchie di Włocławek, proprio a causa della morte dei rispettivi parroci.
Il 15 agosto venne nominato canonico della cattedrale. Continuò a interessarsi alla stampa cattolica, assumendo la direzione del settimanale diocesano «Ład Boży» (“L’Ordine Divino»). Quel periodico, insieme al già citato «Ateneum Kapłańskie» e all’organo ufficiale «Kronika Diecezji Włocławskiej», era stampato nella tipografia diocesana, che lui volle riattivare.
Vescovo di Lublino
Il 4 marzo 1946 fu nominato da papa Pio XII vescovo di Lublino; fu ordinato il 12 maggio seguente, nel santuario di Jasna Góra. Il giorno del suo ingresso solenne, il 26 maggio 1946, dichiarò, durante la Messa nella cattedrale di Lublino: «La saggezza politica non consiste nel distruggere le differenze, ma nel riconciliarle per il bene comune». Il suo motto episcopale, invece, fu «Soli Deo» («A Dio solo»).
Avviò con decisione la ricostruzione del Seminario e della cattedrale e ravvivò il culto dell’Eucaristia. Riorganizzò la struttura della Curia e istituì la Caritas diocesana. Infine, favorì la rinascita dell’università cattolica del luogo, di cui fu gran cancelliere e dove insegnò dottrina sociale della Chiesa; istituì anche la facoltà di Filosofia cristiana.
Successore del cardinal Hlond come Primate di Polonia
Il suo episcopato a Lublino, però, durò solo due anni. Il cardinal Hlond, infatti, poco prima di morire il 22 ottobre 1948 (è Venerabile dal 2018), l’aveva designato come suo successore. Il 12 novembre 1948 Pio XII lo nominò arcivescovo di Gniezno e Varsavia, firmando la bolla della nomina il 16.
Il giorno prima, però, la Conferenza Episcopale Polacca si era riunita e aveva stabilito di domandare al Papa la separazione di Gniezno da Varsavia e la nomina a Primate dell’arcivescovo Walenty Dymek di Poznań, mentre monsignor Wyszyński sarebbe diventato arcivescovo della sola Varsavia. Quest’ultimo, inizialmente, aveva esitato nell’accettare la nomina: pensava, tra le altre cose, che andasse oltre le sue possibilità; alla fine, il 31 dicembre 1948, accettò.
Il 2 febbraio compì la presa di possesso nella cattedrale di Gniezno, mentre quattro giorni dopo si svolse quella a Varsavia, nella cattedrale provinciale (la cattedrale di San Giovanni era ancora semidistrutta a causa della guerra).
Nella Lettera pastorale per l’ingresso, tracciò il suo programma: «Non sono né un politico né un diplomatico né un riformatore. Sono invece il vostro padre spirituale, pastore e vescovo delle vostre anime. Sono apostolo di Gesù Cristo. La mia missione è sacerdotale, pastorale, apostolica, sgorgata dall’eterno pensiero di Dio, dalla volontà salvifica del Padre, che con gioia condivide la sua felicità all’uomo. Il mio compito è: battezzare, confermare, consacrare, santificare, offrire, insegnare e giudicare. Vi porto il “Lumen Christi” – la luce di Cristo...».
La ricostruzione a Varsavia
Monsignor Wyszyński si adoperò subito, con prudenza e coraggio, per confermare nella fede il popolo che gli era stato affidato. In un tempo in cui i danni della guerra, morali e spirituali, erano stati accresciuti dal nuovo ordinamento socialista, mentre le relazioni internazionali si svolgevano nel clima di “guerra fredda”, la Chiesa era osteggiata e minacciata, mentre il clero era stato praticamente sterminato.
Capì quindi di dover anzitutto formare i sacerdoti nello spirito del vero magistero della Chiesa e della pietà, certo com’era che solo sacerdoti santi avrebbero contribuito a far crescere la religiosità del popolo. Fece anche ricostruire i luoghi di culto, a Varsavia e in altre zone, perché costituivano l’urgenza maggiore.
I contrasti col governo
Poco dopo l’insediamento, promosse la creazione della commissione mista, composta da rappresentanti del governo e dell’episcopato, per affrontare i problemi causati dal corso seguito dal nuovo regime. Il 14 aprile 1950 si pervenne a un accordo: era la prima volta che accadeva in un Paese a regime socialista.
Recatosi per la prima volta in visita “ad limina” nel 1951, chiarì i punti controversi dell’accordo, che tuttavia era stato immediatamente violato dalle autorità, e ottenne poteri speciali per regolare i problemi ecclesiastici, date le difficoltà, per quei tempi, di entrare in contatto con Roma. Il clima, infatti, era sempre più teso: il regime interveniva in modo pesante per frenare la vita della Chiesa, unica istituzione rimasta indipendente dallo Stato.
La nomina cardinalizia e il Movimento Apostolico della Famiglia delle Famiglie
Il 29 novembre 1952 venne resa pubblica la nomina di monsignor Wyszyński a membro, uno dei più giovani, del Collegio Cardinalizio. Fu creato cardinale nel Concistoro del 12 gennaio 1953, col titolo di Santa Maria in Trastevere, lo stesso di un altro polacco, Stanislaw Hosjusz, uno dei protagonisti del Concilio di Trento. Tuttavia, non poté recarsi a Roma: il governo gli aveva infatti negato il passaporto necessario per la partenza.
Nel 1952, insieme a Maria Okońska e Maria Wantowska, due delle “Piccole Otto”, come chiamava le prime aderenti all’Istituto Secolare delle Ausiliarie di Maria di Jasna Góra, Madre della Chiesa, diede vita al Movimento Apostolico della Famiglia delle Famiglie, con quattro capisaldi: Ecclesialità, Maria, Patriottismo e Familiarità.
L’opposizione definitiva al governo
Il colpo decisivo nella persecuzione avvenne col decreto del Consiglio di Stato, annunciato il 9 febbraio 1953: con esso, l’autorità statale aveva pieno potere di decidere sulle cariche ecclesiastiche, dai vicari ai parroci fino ai vescovi. Se il Primate e gli altri vescovi si fossero dichiarati d’accordo, avrebbero portato a una rottura con la Santa Sede.
I vescovi polacchi, insieme al Primate, tentarono il dialogo e, alla fine, si opposero con la lettera dell’8 maggio 1953, conosciuto come «Non possumus». Dichiararono di essere disposti a seguire la voce della loro coscienza, non di sacrificare «le cose di Dio sugli altari di Cesare».
Un isolamento fecondo
Quattro mesi dopo, il 25 settembre 1953, il cardinal Wyszyński venne privato della libertà. Fu portato via di notte e condotto inizialmente a Rywałd presso Grudziądz, poi a Stoczek Warmiński, a Prudnik Śląski e a Komańcza. Non fu mai sottoposto a un pubblico processo e fu tenuto costantemente sotto sorveglianza.
Sopportò le sue sofferenze con pazienza e in spirito di affidamento a Dio e alla Vergine Maria. L’8 dicembre 1953, mentre si trovava a Stoczek Warmiński, compì la propria consacrazione a Gesù per mezzo di Maria, seguendo l’itinerario indicato da san Luigi Maria Grignion de Montfort nel «Trattato della vera devozione a Maria». Sempre nel periodo d’isolamento, scrisse numerose lettere ai sacerdoti, poi raccolte in tre volumi.
Progettò anche un piano per il rinnovamento spirituale del suo Paese, nell’imminenza di due anniversari significativi: i mille anni dal Battesimo di re Miecislao I, che sarebbero caduti nel 1966, e il quarto centenario dei voti emessi nel 1656 da re Giovanni II Casimiro a Leopoli, durante l’occupazione svedese. Preparò quindi il testo dei “Voti della Nazione” e il programma pastorale della celebrazione del “Santo Millennio del Battesimo della Polonia”, prevedendo la “Grande Novena” per gli anni 1957-1965.
La liberazione
Il 28 ottobre 1956, tre anni dopo la cattura, fu rimesso in libertà dopo essere stato rassicurato che i fedeli, i quali aspettavano il suo ritorno pregando soprattutto nel santuario di Częstochowa, sarebbero stati rispettati nei loro diritti fondamentali.
Riprese subito il suo servizio anche come presidente della Conferenza Episcopale Polacca, impegnandosi anzitutto nella pacificazione del Paese. Come aveva sperato, avviò le celebrazioni della “Grande Novena” il 3 maggio 1957: a ciascuno dei nove anni che avrebbero seguito quello del quarto centenario dei Voti della Nazione doveva corrispondere un motto e un aspetto particolare da approfondire.
Il 26 agosto 1957, a Jasna Góra, presiedette la cerimonia con cui veniva avviata una peregrinazione nazionale di una copia dell'immagine della Madonna lì venerata. Il percorso durò fino al settembre 1966, quando le restrizioni da parte delle autorità civili toccarono il culmine con l’interruzione forzata dove tutto era cominciato.
Il 3 maggio dello stesso anno, sempre nel santuario di Częstochowa, al culmine delle celebrazioni per il millennio del Battesimo della Polonia, il cardinal Wyszyński compì, alla presenza di oltre un milione di pellegrini, l’Atto di Consacrazione del Popolo alla Madre di Dio per la libertà della Chiesa.
La cura per gli emigrati polacchi
Il cardinale prese poi sul serio uno dei compiti che gli spettavano come Primate di Polonia. Dopo la seconda guerra mondiale, infatti, molti polacchi erano emigrati all’estero, particolarmente in Inghilterra, Francia, Germania, Stati Uniti d’America e Canada. Fu aiutato in questo dal Centro Pastorale per l’Emigrazione Polacca a Roma, a partire dal 1964, e dai contatti che aveva con sacerdoti ed esponenti di varie associazioni e gruppi.
Avrebbe dovuto recarsi negli Stati Uniti nel 1967, sempre per le celebrazioni del millennio, ma gli venne di nuovo rifiutato il passaporto. In compenso, le dodici università cattoliche statunitensi gli conferirono altrettante lauree “honoris causa”, a cui si unì l’Università di Lovanio in Belgio.
A Roma per la berretta cardinalizia e per il Concilio Vaticano II
Il 18 maggio 1957, nel suo primo viaggio a Roma dopo la liberazione, poté ricevere da Pio XII la berretta cardinalizia. I successori e futuri Santi, Giovanni XXIII e Paolo VI, gli rinnovarono i poteri speciali per dirimere le questioni ecclesiastiche: in quel modo, poté continuare a sostenere le Chiese dei paesi orientali sotto il dominio comunista.
Nell’imminenza del Concilio Vaticano II, volle preparare i fedeli attraverso una serie di veglie e di opere caritative. Più direttamente, partecipò alla Commissione Centrale Preparatoria e a tutti i lavori conciliari: nella prima sessione, come membro della Commissione per gli affari straordinari; a partire dalla seconda, invece, nel Consiglio di presidenza del Concilio.
Prese la parola dieci volte in tutto, incidendo in particolare nella redazione della Dichiarazione sulla libertà religiosa «Nostra aetate» e sulla Costituzione Dogmatica «Lumen gentium» con il suo intervento del 15 ottobre 1963: parlò di come la Chiesa, anche in condizioni di oppressione e di difficoltà esterne, debba più che mai far risplendere la propria natura interiore.
Insieme agli altri vescovi polacchi, stese un memoriale teologico relativo al titolo di Maria Madre della Chiesa. La proclamazione avvenne a opera di san Paolo VI il 21 novembre 1964, durante la terza sessione.
Dopo il Concilio
Il tempo del Concilio vide anche un riavvicinamento tra l’episcopato polacco e quello tedesco, con scambi di lettere in cui invocavano il perdono reciproco. Questi tentativi di rappacificazione furono malvisti dal governo, che promosse una campagna denigratoria contro il Primate e i confratelli, appena lui fu tornato da Roma.
Dal canto suo, restò sempre unito alla Sede di Pietro, partecipando anche ai primi lavori del Sinodo dei Vescovi: partecipò a tutte le prime assemblee tranne a quella del 1967 perché, ancora una volta, non gli era stato concesso il passaporto.
Le nuove battaglie del “Primate del Millennio”
Le tensioni sociali degli anni seguenti furono seguite dal cardinale, ormai noto come il “Primate del Millennio” con particolare interesse. Cercò di esprimersi con prudenza e moderazione, invitando a favorire le riforme sociali, evitando però scontri e spargimento di sangue. Nelle «Prediche di Santa Croce», tenute nel gennaio degli anni 1974, 1975 e 1976 nella chiesa di Santa Croce a Varsavia, si concentrò proprio su quei problemi.
Poiché l’insegnamento del catechismo era stato eliminato dalle scuole pubbliche, fece in modo che nelle parrocchie venissero istituiti degli appositi punti catechetici. Mise in campo tutto il suo equilibrio in altre questioni, come quelle seguite alla liquidazione delle facoltà teologiche presso le Università di Cracovia e Varsavia.
Non dimenticò neppure la realtà della stampa cattolica: libri e periodici dovevano non solo creare cultura, ma essere anche un argine alla propaganda diffusa dai mezzi di comunicazione controllati dallo Stato.
Il 3 agosto 1976, al compimento dei settantacinque anni, secondo le disposizioni del Decreto Conciliare «Christus Dominus», il cardinale presentò le proprie dimissioni. Svariati esponenti del mondo ecclesiale, della società e perfino alcune autorità, invece, domandarono di poterlo avere ancora in carica. Paolo VI, alla fine, decise di lasciarlo al suo posto.
Dal 20 al 25 settembre 1978, il cardinal Wyszyński si recò nella Germania Federale per una nuova missione pacificatrice: fu il suo unico viaggio, da Primate, al di fuori dei confini polacchi, esclusi quelli a Roma per motivi ecclesiali.
L’elezione di Giovanni Paolo II
Della delegazione dei vescovi polacchi partecipanti a quel viaggio faceva parte anche il cardinale arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyła. Il cardinal Wyszyński partecipò al Conclave (era stato parte anche dei tre precedenti) da cui quest’ultimo venne eletto Papa, col nome di Giovanni Paolo II, anche lui futuro Santo.
Nella Lettera ai connazionali polacchi, datata 23 ottobre 1978, gli si rivolse con queste parole: «Venerabile e diletto Cardinale Primate, permetti che Ti dica semplicemente ciò che penso. Non ci sarebbe sulla cattedra di Pietro questo papa polacco, che oggi pieno di timore di Dio, ma anche di fiducia, inizia un nuovo pontificato, se non ci fosse la tua fede, che non ha indietreggiato dinanzi al carcere e alla sofferenza. Se non ci fosse la tua eroica speranza, la tua fiducia senza limiti nella Madre della Chiesa. Se non ci fosse Jasna Gora, e tutto il periodo della storia della Chiesa nella nostra Patria, unito al tuo ministero di vescovo e di Primate».
Il rapporto con Solidarność
Il Primate gli espresse la propria gratitudine organizzando il suo primo viaggio apostolico in patria, dal 2 al 10 giugno 1979. La Chiesa polacca, intanto, continuava a subire persecuzioni e limitazioni, mentre crescevano anche movimenti tra i lavoratori, come il sindacato indipendente Solidarność.
Il 26 agosto 1980, a Jasna Góra, pronunciò un’omelia nella quale sosteneva, di nuovo, sia il riconoscimento del diritto di associazione, sia la necessità di attendere per l’attuazione di richieste pur legittime come quelle emerse, ad esempio, nello sciopero dei cantieri di Danzica.
Inviò personalmente consiglieri e cappellani che raccogliessero la voce dei lavoratori. Il 7 settembre 1980 ricevette in udienza Lech Wałęsa, il fondatore di Solidarność: da allora ne divenne, per certi versi, il consigliere informale, per via della sua capacità di mantenersi al di sopra delle parti.
Il suo carattere e la sua spiritualità
Il cardinale aveva modi signorili e affabili, con i quali cercava di entrare subito in contatto con i suoi interlocutori. Anche quando la sua fermezza e la sua onestà sembravano messe alla prova, non venivano comunque mai meno.
Nelle sue omelie, anche quando erano a sfondo sociale, radicava costantemente la sua esposizione sul Vangelo, così da illuminare le situazioni concrete della vita. Del resto, la fede e la dedizione alla Chiesa erano i motivi fondamentali del suo agire.
La connotazione mariana della sua spiritualità era tale che a volte completava il motto episcopale aggiungendo, a «Soli Deo», «et Mariae». Il 14 febbraio 1953 aveva espresso la sua fiducia nella Madre di Dio in questi termini: «Ho trovato mani nelle quali assicurare le sorti della Chiesa e della Nazione. Tutto affido a Maria!».
La morte
Dall'inizio del 1981, precisamente dalla metà di marzo, la salute del cardinal Wyszyński iniziò a deteriorarsi: ben presto, gli furono trovate cellule cancerose nel liquido addominale. Nonostante questo, continuò a lavorare e a tenere udienze, compresa quella al generale Wojciech Jaruzelski.
Il 13 maggio gli arrivò da Roma la notizia dell’attentato al Papa; tre giorni dopo, ricevette l’Unzione degli Infermi. Rinnovò quindi la sua professione di fede, affidò la Chiesa alla Madonna di Częstochowa e, ringraziando i suoi collaboratori, diede loro la sua benedizione.
Tramite un messaggio registrato per i fedeli di Varsavia, fatto ascoltare in una celebrazione eucaristica svolta in una piazza il 14 maggio, domandò che essi pregassero non per la sua salute, ma per il Papa. Parlò per l’ultima volta con lui, convalescente al Policlinico Gemelli, per telefono, il 25 maggio.
Il cardinale morì tre giorni dopo, alle 4.40 del 28 maggio 1981, quell’anno festa dell’Ascensione del Signore. Aveva quasi ottant’anni, di cui cinquantasette di sacerdozio e trentacinque trascorsi da vescovo.
I suoi funerali furono celebrati il 31 maggio in piazza Zwycięstwa a Varsavia, presieduti dal cardinal Agostino Casaroli come inviato del Santo Padre: parteciparono centinaia di migliaia di fedeli, insieme a esponenti del mondo del lavoro e delle istituzioni. Il suo corpo venne sepolto nella cripta della cattedrale di San Giovanni Battista a Varsavia.
La fama di santità e l’avvio della causa di beatificazione e canonizzazione
La sua fama di santità, sia in vita che dopo la morte, fu di tale portata da condurre all’apertura della sua causa di beatificazione e canonizzazione, per la verifica dell’esercizio in grado eroico delle virtù cristiane.
Il 3 aprile 1988, la Conferenza Episcopale Polacca, su istanza del cardinal Józef Glemp, nuovo Primate, diede parere favorevole per l’inizio della causa. La Congregazione delle Cause dei Santi rilasciò invece il nulla osta il 26 aprile 1989.
L’inchiesta informativa presso la diocesi di Varsavia si svolse dal 20 maggio 1989 al 6 febbraio 2001. In parallelo si svolsero due inchieste rogatorie: a Gniezno, dal 17 novembre 1989 al 22 settembre 1992, e a Parigi, dal 25 gennaio 1990 al 2 ottobre 1990. La validità giuridica degli atti di tutte le inchieste fu confermata col decreto della Congregazione delle Cause dei Santi l’8 febbraio 2002.
Il decreto sulle virtù eroiche
Dopo la consegna dei tre volumi della “Positio super virtutibus”, avvenuta il 24 novembre 2015, si tenne il Congresso dei Consultori teologi, il 25 aprile 2016, con esito positivo. I cardinali e i vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi, nella Sessione Ordinaria del 12 dicembre 2017, riconobbero che il candidato aveva praticato eroicamente le virtù teologali, cardinali e annesse.
Il 18 dicembre 2017, ricevendo in udienza il cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò quindi la promulgazione del decreto con cui il cardinal Wyszyński veniva dichiarato Venerabile.
Il miracolo per la beatificazione
Tra le grazie a lui attribuite venne preso in esame, in vista della beatificazione, il presunto miracolo avvenuto a suor Nulla (al secolo Lucyna) Garlińska, religiosa delle Suore Discepole della Croce. Nel 1986, poco tempo dopo essere diventata una delle prime novizie della congregazione, si accorse di avere un nodulo sul collo: dopo successivi esami, le venne diagnosticato un adenocarcinoma papillare della tiroide con metastasi.
Il febbraio 1988 fu operata per la rimozione delle lesioni neoplastiche e dei linfonodi metastatici, quindi fu sottoposta a radioterapia e iodioterapia. Durante una visita di controllo nel dicembre successivo, le venne riscontrata una metastasi nel campo polmonare sinistro: se fosse stata operata per l’asportazione, sarebbe stata in grave pericolo di vita.
Suor Nulla rifiutò l’intervento, sottoponendosi invece a un nuovo ciclo di iodioterapia, ma non ebbe successo. Nel frattempo si era formato un tumore di cinque centimetri, che provocò un’insufficienza respiratoria acuta di tipo asfittico: per la novizia, ogni respiro poteva essere l’ultimo.
A quel punto, la fondatrice delle Suore Discepole della Croce, suor Krystiana Mickiewicz, prese l’iniziativa d’invocare l’intercessione del cardinal Wyszyński. Aveva infatti fondato la congregazione dopo essere entrata in contatto con l’Istituto Secolare da lui promosso e ne aveva accolto la spiritualità, uscendo dalla congregazione a cui apparteneva e radunando, col permesso dell’autorità ecclesiastica, le prime postulanti, compresa la futura suor Nulla. Si unirono quindi in preghiera le consorelle, la madre della malata e diverse altre persone.
Tra il 14 e il 15 marzo 1989, proprio mentre la paziente rischiava di morire, il tumore cominciò a ritirarsi. Tre settimane dopo, la novizia lasciò l’ospedale: completò poi il noviziato ed emise regolarmente i voti, anche se le era stato concesso, se si fosse aggravata, di professarli “in articulo mortis”.
Il processo sul miracolo
Nel 2011 il cappuccino padre Gabriel Bartoszewski fu chiamato a preparare la stesura delle Costituzioni delle Suore Discepole della Croce. Un anno dopo, terminato il lavoro, mentre salutava le suore, queste gli chiesero a che punto fosse la causa del cardinale, di cui lui era vicepostulatore. Rispose che era in corso, però mancava il miracolo per la beatificazione. A quel punto, dopo oltre vent’anni, emerse il caso di suor Nulla.
Vennero quindi richiesti i documenti necessari dagli ospedali di Stettino e Gliwice, dov’era stata in cura; il vicepostulatore si rivolse poi al vescovo di Stettino, Andrzej Dzięga, per avviare il processo sul presunto miracolo, dopo aver richiesto una perizia a due medici. Il Tribunale ecclesiastico fu istituito il 27 marzo 2012 e concluse i lavori il 28 maggio 2013; gli atti relativi vennero convalidati il 10 ottobre 2014.
Il 29 novembre 2018, la Consulta Medica della Congregazione delle Cause dei Santi fu unanimemente favorevole all’impossibilità di spiegare scientificamente l’accaduto. I Consultori teologi, il 21 marzo 2019, emisero giudizio positivo, riscontrando il collegamento tra l’asserita guarigione e l’invocazione a Dio per mezzo del Primate. Nella Sessione plenaria del 24 settembre 2019, i cardinali e i vescovi membri della stessa Congregazione confermarono l’autenticità della guarigione e dell’intercessione.
Il 2 ottobre 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto sul miracolo, aprendo la via alla beatificazione del cardinal Wyszyński.
La beatificazione
La sua beatificazione, inizialmente prevista per il 7 giugno 2020, fu rinviata a causa della pandemia da coronavirus. La nuova data venne quindi fissata al 12 settembre 2021. Venne contestualmente stabilito che, nella medesima celebrazione, sarebbe stata beatificata anche madre Elisabetta Czazka, che lui aveva conosciuto e apprezzato per la sua opera a favore dei non vedenti.
La Messa con il Rito della Beatificazione, presso il Tempio della Divina Provvidenza a Varsavia-Wilanów, fu presieduta dal cardinal Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come delegato del Santo Padre. La memoria liturgica del Beato Stefan Wyszyński venne quindi fissata al 28 maggio, giorno della sua nascita al Cielo.
Autore: Emilia Flocchini
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