Era ancora vuota di bimbi, casa Vacchina,via Guttuari 7 ad Asti, ma la signora Natalinainvocava la Madonna con fiducia e il bambinonacque l’8 marzo 1928. Al battesimo fuchiamato Giorgio. La mamma gli parlòprestissimo di Gesù e della Madonna, gliinsegnò a pregare, a comprendere che Gesù èvivo nel Tabernacolo. La prima preoccupazione di Giorgio fuquella di evitare il peccato, di esser un piccoloangelo in carne. Non andava ancora a scuola,ma aveva imparato i comandamenti di Dio eintere pagine del Vangelo e ne discorreva congli altri. Andava tutte le domeniche alla Messacon la mamma e pretendeva che ci andasserotutti i bambini che conosceva.
“Ciò che importa è Gesù” Ad un’anziana signora disse: “Come? Lei ha quasi i piedi nella tomba e non vaa Messa?”. Quella gli rispose male, ma Giorgio se ne vantava di aver parlato chiaro.(Capita così, quando una mamma e un papà cristiani educano i loro figli per Dio enon per il mondo: oggi i bambini educati senza Dio sono dei “gatti selvaggi”. Quellieducati per Dio, ieri ed oggi, sono dei tesori di bambini! Occorre scegliere). A 5 anni Giorgio non fu mandato alla scuola di danza, ma entrò a far parte dei“fanciulli cattolici” e voleva che la mamma lo accompagnasse sempre agli incontri inParrocchia. Quando un giorno visitò il “Cottolengo” di Torino, fu colpito dalladedizione della suore per i malati. Commentò. “Fanno tutto per Gesù, non è vero?”.Anche lui, crescendo, avrebbe fatto tutto per Gesù. A sei anni a scuola, cominciò a primeggiare, ma il suo grande desiderio eraavere un fratello o una sorella. Nel 1935, venne beatificata Antida Thouret, fondatricedelle Suore della Carità. Il quadro della nuova Beata era esposto in San Secondo inAsti. Giorgio passa ogni giorno a pregarla: “Sbrigati, mandami una sorellina”. Laquale arrivò davvero e fu chiamata Antida. Gesù Bambino era il grande Amore di Giorgio Vacchina. Nel divino Infante,egli scopriva e sentiva l’Amore di Dio. Al giungere del Natale, preparava il presepio,davanti a cui, nei giorni successivi, si fermava a dire le preghiere del mattino e dellasera e, durante la giornata, radunava i suoi amici, per pregare con loro. Ma gli piaceva pure la festa patronale di San Secondo all’inizio di maggio. Igiocolieri con i loro trucchi, le giostre rumorose erano la sua passione. Poi vennel’ora di andare a catechismo per prepararsi alla Prima Comunione. Partiva sempre contento per andarci, ma tornava a volte piuttosto preoccupato.“Ho dato un ceffone al tale – confidava – Sono corso dietro a quello! Io non voglio,ma quelli mi tirano!”. Ci pensò il Parroco a dirimere le questioni e il bambino,preparatissimo, si accostò a ricevere la Prima Comunione, il 22 aprile 1935. Felicepiù di un principe promise a Gesù di riceverlo molto spesso e di essere, per suoamore, puro come un angelo. Forse Gesù gli aveva fatto comprendere che, proprioperché ci sono tante pozzanghere di fango, i gigli sono più candidi e più luminosi. Inaltre parole: che l’uomo davvero forte, sa essere limpido e puro. Qualche tempo dopo, stava preparandosi alla Prima Comunione una suacuginetta, la quale, un giorno, cominciò a parlare a Giorgio della festa che avrebbefatto in famiglia, con il vestito bianco, il velo, i fiori, il pranzo, i regali… Giorgio lainterruppe e le disse: “Ma tu, che cosa desideri per la Prima Comunione? Sei contentaperché indosserai l’abito e il velo bianco, perché mangerai dei dolci, oppure perchévai a ricevere Gesù, in persona?”. Quella fu costretta a riflettere assai. Quando la bambina mostrò al cugino la sua foto ricordo della Prima Comunione,Giorgio vi scrisse sopra a matita: “Gesù ti sarà sempre vicino!”.
“Voglio farmi santo” Nel luglio del 1935 si trasferì con la famiglia a Torino. Giorgio volle conoscereil suo nuovo Parroco ed iscriversi ai “Fanciulli cattolici”. Per le vie era attratto daifilm annunciati nei cinema e voleva andare a vederli. La mamma gli spiegò che inquei luoghi poteva offendere il Signore con il peccato, mentre Gesù meritava qualchesacrificio per suo amore. Giorgio le rispose: “Grazie mamma, per avermelo detto!”,anche se gli costava. Ma quando si trattò di vedere un film sulla vita di don Bosco e un altro sullaPassione di Gesù, la sua mamma lo condusse al cinema. Giorgio ne fu contentissimoe guardava, con gli occhi sgranati che gli si riempivano di lacrime, contemplando lesofferenze cui Gesù si è lasciato sottoporre. Proprio in quell’occasione, vide un giovane e una ragazza che fumavano eridevano. Come era suo solito, non poté trattenersi dal dire loro: “Come è possibileridere e fumare, mentre si vede quanto Gesù ha sofferto per noi?”. Quelli loguardarono interdetti, che un piccino così, non solo la “sapeva lunga”, ma osava fardi questi appunti. Nella nuova scuola che frequentava, amato da tutti, andò fino al 7 febbraio 1936,l’indomani si mise a letto tra dolori atroci: reumatismo articolare acuto che siestendeva a tutto l’organismo. Iniziava il suo Calvario ed è appunto il Calvario chepose Giorgio sul candelabro per far luce a molti, anche oggi. Giorgio, ammalato,disse alla mamma: “Ho deciso di farmi santo! Ora sono ammalato, chiederò a Gesùtante sofferenze per espiare i peccati. Non ne commetterò più, così alla mia morte,andrà subito in Paradiso”. Nonostante le cure, i dolori straziavano il piccolo che si lamentava. “Ma non haideciso di farti santo?”. Giorgio si rasserenava: “Non lo farò più. Grido senza volerlo. Ma tu ricordami Gesù in croce e io farò come Lui”. Aveva capito che il “libro del Crocifisso” illumina tutto, anche il dolore piùinnocente. Gesù in croce non è forse il più Innocente di tutti? “Eppure si è caricato inostri delitti e noi lo abbiamo visto castigato ed umiliato” (Is 53). La sua gioia più grande era accogliere spesso il sacerdote per confessarsi ericevere la Comunione. “Gesù – diceva – mi dà le sue carezze”. Benché ancorapiccolo, provò le prime tentazioni al male. La mamma gli disse: “Gesù è con te:rivolgiti a Lui e alla Madonna”. Il confessore gli spiegò fin dai primi giorni dellamalattia: “Offri a Gesù le tue sofferenze con amore, sii sempre obbediente e ti faraisanto”. Gli regalarono una coroncina del Rosario e Giorgio lo recitava più volte algiorno, per i suoi cari, per i compagni, per i problemi dell’umanità. Ebbe in dono unquadro di Gesù con i bambini (una riproduzione del Vogel). Guardandolo, Giorgiodisse: “Vorrei essere quel bambino che nasconde la faccia sulle ginocchia di Gesù”. Era stato portato nella sua casa di campagna a San Marzanotto d’Asti, piena disole e di luce. Il suo lettino diventò un altare su cui Giorgio offriva a Gesù il suosacrificio. Alle persone che venivano a trovarlo, insegnava a vivere e ad amare. Con ibambini che venivano a fargli compagnia, pregava a lungo. Un giorno, da alcunebambine seppe che andavano a ballare. Giorgio si fece severo: “Non sapete che Gesùnon vuole? – disse – che perderete la sua amicizia?”. Una domenica domandò a unabambina: “Sei andata a Messa?”. “E’ andata mia sorella”. “Devi andare tu perchéDio ti chiederà conto delle tue azioni”. Ad un tale che bestemmiava in cortile, urlòforte: “Maleducato!”. Una sera di maggio, Giorgio disse alla mamma: “Gesù mi ha fatto saper chemorirò presto. Non piangere. Sarò un angelo e Gesù mi manderà a custodire qualchebambino, forse la mia sorellina!”. Le ultime settimane di vita si fecero dense diamore. Giorgio rispondeva raggiante: “Andrei subito in Paradiso, da Gesù”.Ad otto anni, questo bambino era già diventato un maestro altissimo del vivere emorire, anche per quelli che dicono di saper tutto, ma ignorano il senso ultimo dellavita.
Incontro alla morte, cantando Un visitatore gli disse: “Il Paradiso occorre cominciare a goderlo qui in terra,perché non sappiamo com’è!”. Giorgio rispose: “Ma lei è un matto!”. Ormai ilParadiso era il suo sogno. “Tu però non sai com’è” – gli disse qualcuno. Rispose:“So che è tanto bello e io, facendomi santo, ci andrò”. Sapeva orami che la morte era vicina e, passerotto di appena otto anni, si mise acantare le lodi del Signore: “Qual cervo assetato/corre desioso al rio/sull’ali deldesio/vola il mio cuore a te:/vieni, mio Gesù”. Gli dissero: “Se canti non sei piùmalato”. “Ma io canto – spiegò Giorgio – per far piacere a Gesù e perché ora vadoa vederlo”. Ai suoi amici di Azione Cattolica disse: “Non sono stanco di soffrire. Soffrovolentieri per Gesù”. La mamma gli ricordò: “Il Papa vuole che il giorno diPentecoste tutti i malati preghino per la Chiesa e per la pace”. “Ma io lo facciosempre, tutti i giorni”, rispose Giorgio. E riprese a cantare: “Lasciami cantare,mamma: mi fa crescere il coraggio!”. E poi, ormai, sentendosi vicino alla vetta:“Gesù, io ti amo, ti amo, ti amo”. La malattia, nonostante le cure intense, era andata aggravandosi. “Se guarirò –disse Giorgio – mi farò sacerdote e porterò tutti i ragazzi a Gesù, come Don Bosco”.Ma ormai pensava soltanto a vedere il suo grande Amico: “Sì, a volte mi lamentoancora, ma Gesù sa che ho tanto dolore, e presto lo vedrò così bello come lui è”. Eravicina la sua ultima ora: “Come si fa a morire, mamma? Quando tutto sarà finito,solo tu, mamma, mi vestirai”. L’8 luglio 1936 si fece silenzioso. Venne il giovane cugino sacerdote a salutarlo,ricevette la sua benedizione, l’ultima Comunione eucaristica. Poi disse alla mamma:“Dì tu le preghiere, io non posso più”. Seguì attento, assorto in preghiera. Alleventitré, nel cuore della notte gremita di stelle, Giorgio Vacchina vedeva Dio. Il suofunerale fu un trionfo. Di lui parlarono i giornali come di “un modello di fanciullocattolico”, di “un ragazzo angelico”, del “piccolo Giorgio santo”, intercessore inCielo presso Dio. Ed oggi Gesù, Divino Maestro, a noi spesso superbi per nulla, ce lopone innanzi e ci ripete: “Se non vi farete come questo bambino, non entrerete nelmio Regno”.
Autore: Paolo Risso
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