Un giovane domenicano innamorato di Gesù Cristo L'immane incendio che avrebbe devastato l'Europa era già cominciato da più di un mese. II 7 ottobre 1939, Madonna del Rosario, era festa umile e grande nel convento domenicano di Chieri (Torino): undici giovani vestivano il bianco abito dei Predicatori. Tra di loro vi era Sergio Poggi, al quale, come allora si usava, misero nome «fra Candido». Quella sera, assai lieto, scrisse nel suo diario: «Il mio nome sarà il mio ideale. Conserverò il candore per tutta la vita. La mia vita sarà per Gesù Crocifisso e per Maria. Vivrà fedele all'ideale domenicano fino alla morte». Iniziava così, sotto la guida del suo Maestro, il P. Feliciano Gargiulo, il noviziato, che doveva portarlo a vivere in pienezza la sua futura vita di domenicano e di sacerdote.
II sentiero di un ragazzo Era nato il 1 luglio 1923 a La Spezia, figlio di una famiglia di lavoratori. Nella sua parrocchia, retta dai Padri Domenicani, Sergio si appassionò di Gesù e di Maria SS.ma, sua madre, diventando piccolo «Rosariante» e chierichetto all'altare. Molto presto, capo dei chierichetti, quasi piccolo cerimoniere, così da stupire il Vescovo diocesano, Mons. Stella, in visita pastorale. S. Domenico di Guzman e la vita apostolica dei suoi Frati gli piacevano fin da bambino. A chi gli chiedeva: “Che cosa fari da grande?”, rispondeva convinto: «Farò il Predicatore». Lo disse persino al Papa Pio XI, un giorno che con altri ragazzi andò in udienza da lui in «S. Pietro» a Roma. Cresceva limpido e generoso come un torrente di montagna pieno di cielo e di luce. Aveva iniziato la scuola media con entusiasmo e l'aveva continuata fino in 5° ginnasio, qualche volta «zoppicando» un po' per poca voglia di studiare. Ma nel cuore, forse un po' velato, lo stesso grande progetto: «Sarò domenicano e sacerdote». Gesù era sempre il suo grande Amore, mai tradito, mai dimenticato neanche quando provò una leggera simpatia per un bel volto di ragazza. Ma Dio se lo riservava per Sé, solo per Sé. Il 19 settembre 1938, Sergio, in oratorio parrocchiale, incontrò il P. Enrico Paravagna (1898 1985), che a soli 30 anni era già stato maestro degli studenti domenicani per volontà del Maestro Generale P. Bonaventura De Paredes (+ 1936). Il P. Enrico si stabiliva a La Spezia e diventava la sua guida spirituale, il suo «Padre». Anima ardente di apostolo, educò Sergio quindicenne a vivere un'intensa vita cristiana. Gli voleva un bene grandissimo, «come a un figlio in Cristo», e proprio per questo non gli perdonava neppure il più piccolo difetto, lo illuminava, lo sosteneva, lo innamorava di Dio. Lo guidava a essere simile a Gesù, a ogni costo, nella vita della Grazia santificante. Da lui, Sergio imparò ad accostarsi ogni giorno alla Comunione eucaristica, ogni settimana alla Confessione e al colloquio con «il Padre». «Tocca a te gli disse P. Enrico scegliere tra l'amore esclusivo, pieno, totale, di Gesù Cristo, e l'amore sia pur santo, ma diviso di una sposa. Le due vie sono buone, ma la vita consacrata è più alta in se stessa. Io ti condurrò sulla via dove il Signore ti vorrà, ma sia che domani ti sposi o ti faccia religioso, Sergio, devi essere santo». Gesù gli parlava al cuore e lo affascinava ogni giorno di più. Il 24 maggio 1939, festa dell'Ausiliatrice, Sergio accompagnò «il Padre» a passeggio sul molo del porto della città. In quello scenario splendido, tra cielo e mare, Sergio esclamò come rapito in un'estasi di bellezza e di amore: «Sì, Gesù, io sarò tuo, tuo per sempre. Sarò tuo nella famiglia domenicana fino alla morte».
Sulla vetta di Dio La sua piccola vita narrata in seguito dal P. Enrico Paravagna («Fra Candido», dall'Azione Cattolica al chiostro, Stringa Editore, Genova 1953), ha incantato, Dio solo sa, quanti ragazzi, ed è uno dei libri più belli che abbiamo letto. All'alba del 7 settembre 1939, Sergio partì felice per il convento di Chieri, dove un mese dopo, come abbiamo narrato, diventò Fra Candido. Aveva solo 16 anni, ma vestito del suo bianco abito fu davvero un innamorato di Cristo, un piccolo contemplativo, un fratellino eroico per tutti, per gli altri novizi e per i Padri. Studio, preghiera, obbedienza, silenzio, lavoro: voleva essere proprio, sulle orme di s. Domenico, «un altro Gesù». Alla scuola del P. Gargiulo, sempre «fervente nello spirito», aveva subito compreso che l'essenza della vita consacrata è la perfezione della carità teologale per vivere e agire solo per amore a Gesù, fino alla totale configurazione a Lui, nel più piccolo come nel più grande gesto, nella gioia come nel sacrificio e nella rinuncia: tutto per amore a Gesù, Verbo incarnato per noi, Crocifisso in espiazione del peccato, vivo e vero nell'Eucaristia per perpetuare il suo Sacrificio e darsi come nostro Pane di vita eterna. Proprio per questo, fra Candido, come esercizio richiestogli di predicazione, nell'unica predica che tenne nel marzo 1940, volle parlare del suo patrono, s. Candido, uno dei 40 giovani martiri di Sebaste, annegati in un lago ghiacciato, sviluppando la sua idea dominante: «L'amore di Gesù forma i martiri e li spinge a dare per Lui la vita». Lo ascoltarono, anche i Padri più anziani, con sconfinata compiacenza, quasi parlasse un piccolo angelo. E come un angelo che sale al Cielo, a neppure 17 anni, si spense, dopo breve agonia, il 13 aprile 1940, fatti i voti «in articulo mortis» nelle mani del suo Padre Maestro e promettendo, come s. Teresina di Gesù Bambino: «Anch'io farò scendere dal cielo una pioggia di rose». Nei brevi mesi di noviziato, Fra Candido Poggi era diventato un intimo di Gesù nella preghiera e nell'adorazione a Lui Eucaristico. Quando aprirono le sue note d'anima, il Maestro P. Gargiulo e la sua guida P. Paravagna, e quanti già sperimentati nelle vie di Dio le lessero, provarono un sovrumano incanto, soprattutto là dove aveva scritto: «Un raggio di sole / in un giorno quieto di primavera, / il chiarore lunare in una notte serena... / Ma più bello il piccolo lume/ che arde nella tua casa, Signore. / Oh, quando la sera, vengo per salutarti / l'ultima volta, mio Dio, prima del sonno, / bramo la sorte del lume... / Sempre con Te, in un abbraccio d'amore, / per Te lentamente ardere / fino all'estremo, fino alla morte! / Tu per me prega. La tua fiammella sempre per me arda! / Piccolo lume, che mandi i tuoi bagliori solo, / solo nella casa del Signore!».
Ardere. Risplendere. Irradiare Gesù.
Consumarsi per additare Gesù alle anime: ecco il suo ideale. Che sia l'ideale di molti giovani d'oggi.
Fonte:
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www.carloacutis.com
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