Messico, 5 febbraio 1917. La costituzione entrata in vigore quel giorno, buttava la Chiesa letteralmente sul lastrico: l’insegnamento sarebbe dovuto essere totalmente laicista, di fatto, ateo; venivano soppresse le comunità religiose, si confiscavano il beni della Chiesa, si limitava l’attività del Clero pensando a una sua totale eliminazione. Era la persecuzione che iniziava con Carranza e Obregon e avrebbe raggiunto il livello più terribile con Calles, i tre “presidenti” del Messico, emuli dei più dichiarati nemici di Cristo, sostenuti dalla finanza e dalla massoneria. La Chiesa fece di tutto per condurre a ragionevolezza costoro. Non servì a nulla. I cattolici del Messico – cioè la stragrande maggioranza della popolazione – inviarono a Calles, nel 1926, una domanda con cui chiedevano l’abrogazione della legge di 33 articoli che di fatto li strangolava nella loro vita e nella loro azione. Non fu presa in considerazione, come furono ignorate la lettera pastorale dei Vescovi messicani e la vibrante protesta del Santo Padre Pio XI. Falliti tutti i mezzi pacifici, davanti alla persecuzione ormai dilagante in tutto il paese, i cattolici si organizzarono e insorsero con coraggio nell’esercito dei “Cristeros”: un gruppetto, all’inizio di poche persone, che diventò di alcune decine di migliaia di soldati di Cristo Re, ben addestrati, che avrebbero dato filo da torcere ai “governanti”, con le loro azioni di veri eroi, capaci di giungere alla vittoria. La storia della “Cristiada”, cioè della “lotta per Cristo”, è ignorata da molti libri di storia, ma è pagina gloriosa di fede e di eroismo del secolo XX e di tutta la Chiesa. I cattolici messicani ebbero i loro martiri e i loro santi – citiamo tra tutti il P. Agostino Pro, Gesuita – molti dei quali il Papa Giovanni Paolo II ha elevato alla gloria degli Altari il 22 novembre 1992. Già Pio XI nell’enciclica Iniquis afflictisque (18 novembre 1926) li aveva indicati come modelli al mondo. Leggendo l’epopea di questi soldati e martiri per Gesù, siamo stati commossi sino alle lacrime, soprattutto dall’eroismo e dal sacrificio dei ragazzi cattolici: qualcosa di sublime, eroi del puro ideale, che affrontarono la morte solo per difendere l’integrità della loro fede. I protomartiri della “Cristiada” furono Joaquim Silva di 27 anni, e Manuel Malgarejo di 17 anni, entrambi attivissimi nella Gioventù Cattolica.Una volta sospeso il culto pubblico nelle chiese e iniziata una nuova era delle catacombe, per opere dei “progressisti” al potere, Joaquim e Manuel cominciarono a viaggiare per il paese, tenendo conferenze, incontri, in cui con la loro solida cultura, una fede ardente, “incendiavano” gli animi dei compagni di fede e a resistere e a testimoniare Gesù, sino all’ultimo. Sempre, ma più che mai in quel momento, la vita cristiana doveva essere intesa come milizia per Cristo. Il 12 settembre 1925, in treno si recavano a Zamora per tenervi uno dei loro incontri. Proprio sul treno furono riconosciuti e arrestati dalla polizia. Calles, informato della loro cattura, diede di persona l’ordine di fucilarli immediatamente. Joaquim chiese che Manuel, minorenne, fosse risparmiato. Fu richiesta inutile.Furono condotti tutti e due contro un muro: tenevano in mano la corona del Rosario e pregavano la Madonna di Guadalupe, patrona del Messico, per la loro patria. Nessuno riuscì a toglier loro di mano la corona. Ormai davanti al plotone di esecuzione Joaquim Silva parlò così ardente che i soldati ne furono toccati dentro. Uno di loro si rifiutò di partecipare all’esecuzione, per cui fu a sua volta arrestato e fucilato il giorno seguente. Joaquim disse con fierezza al comandante che li accusava di sovversione: “Noi non siamo dei criminali, né abbiamo paura della morte. Io stesso vi darò il segnale di sparare, quando griderò Viva Cristo Re, viva la Vergine di Guadalupe!”. Caddero così, pochi istanti dopo, al grido di battaglia e di vittoria. I loro corpi straziati furono esposti nel cimitero. Prima della sepoltura i cattolici del luogo accorsero, videro che tenevano ancora il Rosario nelle mani irrigidite, si divisero in frammenti i loro abiti insanguinati per tenerli come reliquie, poi li rivestirono di bianche vesti, come i martiri delle prime generazioni cristiane, per l’eterno convito di gioia con Gesù.
Autore: L. Ziliani
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