"Voglio andare a vedere Gesù", aveva detto un giorno Maria Gabriella. Aveva desiderato tanto riceverlo nel suo piccolo cuore, ma non gli era stato possibile. A sei anni, cinque mesi e sei giorni, dopo aver ripetuto il suo desiderio, andava a vederlo e a goderlo, per sempre, in Cielo. Era nata a Tolone il 19 settembre 1905 e poiché si festeggiava l'anniversario dell'apparizione di Nostra Signora a La Salette, Maria Gabriella o "Rirì", come la chiamavano in famiglia, si considererà come la "figliuola della Santa Vergine". In casa aveva trovato un fratello, Giuseppe, che contava nove anni più di lei. Dopo Giuseppe i genitori non avevano potuto avere altri figli a cui donare il loro amore e allora avevano deciso di adottare una bambina. Ma questo Maria Gabriella non lo saprà mai. I due fratelli si amarono tanto e giocavano tanto volentieri insieme. In casa, Maria Gabriella era coccolata da tutti: dal babbo che, essendo ufficiale di marina, passava lunghi periodi in mare, lontano da casa e perciò vedeva raramente la sua bambina, dalla mamma che le insegnava ad unire le manine e a mandare i bacetti a Gesù e a Maria, dalle zie Luisa e Manetta che abitavano nella stessa casa e da Giuseppe che era impaziente di vederla crescere per correre con lei in giardino e sulla riva del mare. Era bionda e paffuta, con gli occhi color castano scuro. I suoi capelli color oro erano straordinariamente abbondanti. Sembrava che le pesassero perchè Gabriella chinava la testina verso una parte. Era tanto bella in quella sua semplice mossa di timidezza! Tutte le mattine, da quando seppe balbettare le prime parole, si inginocchiava a terra e, in compagnia della mamma, diceva le sue preghiere e invocava la Madonna per il papà lontano: "Stella del mare, proteggi papà!". La tormentavano mille perché e faceva continuamente domande alla mamma, ai parenti e ai conoscenti: - Perché i bimbi si bagnano quando piove? Che cos'è l'acqua? Perché Gesù non si fa vedere? Perché si nasconde? - Mamma, - domandò un giorno - ci saranno i confetti in Paradiso? - Sicuro! Ce ne saranno tanti! - Allora li mangerò anch'io e non mi faranno male, vero? Gabriella soffriva quasi sempre di una noiosa enterite, perciò non poteva mangiare roba dolce. Era un vero sacrificio per lei, ma si consolava pensando che in Paradiso si sarebbe rifatta di ogni privazione. Amava ed era riamata. Spesso interrompeva il gioco e mettendo la sua testina sul grembo della mamma, le gridava affettuosamente: - Mamma, ti voglio tanto bene! Quando il babbo tornava, Maria Gabriella gli andava incontro festante, gli si arrampicava sulle ginocchia e le sussurrava mille tenere ed affettuose parole. - Sai papà, Rirì ha imparato bene il catechismo, ha obbedito alla mamma, non ha mangiato cioccolatini... Poi, abbassando la voce fissandolo con gli occhi lucidi: - Che cosa mi hai portato, papà? Quando il babbo si trovava in casa lei gli si gettava tra le braccia, semplicemente, tacendo. Il babbo allora la chiamava con i più dolci nomi, ma Rirì non rispondeva che con una sola parola: "papà!". Voleva dire: "Ti voglio bene, con te non temo nulla, sono la tua Rirì...". Come tutti i bambini Maria Gabriella aspetta il Natale più che ogni altra festa, perché Gesù Bambino è il suo amico più caro. Per lui prepara dei piccoli fioretti, per lui impara la poesia che reciterà davanti al presepio e da lui si aspetta qualche dono. - Ma che Gesù Bambino! - le dice un Natale un'altra bambina - Non è lui che porta i doni! Possibile che quella bambina abbia ragione? Maria Gabriella si fa rossa dallo sdegno e, come al solito, corre dalla mamma a confidare la sua pena. La mamma l'accoglie teneramente e la consola: - Dì a quella bambina che i doni di Natale sono i doni di Gesù Bambino, perché è lui che dà ai parenti il modo di procurare le tante cose belle e ghiotte che trovate nelle scarpine. Maria Gabriella è consolata e ringrazia ancora il piccolo Gesù che le ha inviato tanti doni. Le piace tanto giocare, ma. trova un vero diletto nel divertirsi con le sue bambole. Ne ha quattro, una delle quali si chiama Natalina, perché l'ha ricevuta a Natale. Le altre si chiamano: Maria, Alice e Rosita. A quest'ultima un giorno Maria Gabriella vuole insegnare a camminare. - Guarda come si fa - le dice, tenendola per mano e portandole avanti una gambina. - Ora sai camminare, vero, Rosita? Su, prova un po' da sola! E la lascia in piedi, ma... Rosita cade a terra e la sua testa di porcellana è in frantumi. Maria Gabriella è triste. Lei obbedisce sempre alla mamma, perché Rosita non obbedisce a lei? - Come è possibile - domanda desolata - che una bimba non obbedisca alla mamma? La bambola Alice aveva una storia molto più gloriosa, perché era appartenuta alla mamma di Maria Gabriella e per questo lei l'amava tanto. Fu appunto per questo che penserà di farne un sacrificio per la Madonna. Insieme con i genitori e la madrina, nel dicembre del 1910, Maria Gabriella si recò ad Aiaccio, in Corsica, mentre Giuseppe restava a casa per proseguire gli studi presso i padri Maristi. Il viaggio in mare fu terribile, perché le onde tempestose, per un certo tratto di mare, sembravano dovessero travolgere la nave, ma poi era tornata la calma e si era potuto approdare nell'isola. Appena sbarcata ad Aiaccio, Maria Gabriella, che era rimasta fino ad allora in silenzio, confidò alla mamma di aver fatto una promessa: - Sai, mamma, - le disse - ho avuto tanta paura, ma ho pregato e promesso alla Madonna la mia bambola Alice se fossimo arrivati salvi in porto. E la promessa fu mantenuta. L'anno dopo venne a trascorrere le vacanze ad Aiaccio anche Giuseppe. Quante passeggiate, quanti divertimenti, quante escursioni in montagna insieme a lui! - Qui mi piace molto, - diceva Maria Gabriella - ma preferisco Tolone perché ci sono le zie. Nella villa dei signori Taurel ad Aiaccio c'era una cappella dedicata a Nostra Signora di Loreto. Così, insieme alla mamma e alla madrina, Maria Gabriella assisteva tutti i giorni alla santa Messa. Alla domenica sì ritrovavano per la Messa gli abitanti dei dintorni, perciò il sabato era la giornata in cui la cappella veniva pulita. Maria Gabriella, anche se era piccola, riservava per sé parte del lavoro: prendeva la scopa e non la lasciava finché non vedeva tutto il pavimento ben pulito. - Il sabato è la domenica della Santa Vergine — diceva con gli occhi che brillavano di gioia. Amava tanto la Santa Vergine, la chiamava "la buona Madre" e la invocava in ogni occasione. Quante volte le offriva le sue preghiere, i suoi fioretti e le confidava le sue pene quando vedeva il mare in burrasca! Il babbo era in mare e Rirì lo diceva alla Madonna. Era sicura che "la buona Madre" l'avrebbe esaudita. Anche nel gioco Maria Gabriella onorava la Santa Vergine. Prendeva una statuina che la raffigurava, la collocava in una nicchia sul terrazzo di casa e poi pregava e cantava inni e lodi, ordinando alle sue bambole di fare altrettanto. Qualche volta, invece delle bambole invitava le amichette e, ad un certo punto, intonava il Rosario. Alcune a-vrebbero preferito continuare a giocare, ma Maria Gabriella sapeva convincerle così bene che cedevano tutte, perché sapevano che se ne sarebbero ritornate a casa più buone. Qualche volta lasciava il terrazzo per recarsi in giardino a raccogliere dei fiori. - Voglio tanti fiori per offrirli alla "buona Madre", perché io sono la sua figliolina - diceva. E staccava, cantando, fiori dai rosai, dai lillà e dalle mimose... Maria Gabriella aveva visto la mamma e la madrina inginocchiarsi al confessionale. Perché non poteva fare anche lei come loro? Un giorno la mamma aveva lasciato Maria Gabriella seduta un po' in disparte, mentre lei andava a confessarsi. La bambina, però, l'aveva seguita a sua insaputa ed era andata furtivamente a mettersi vicino alla mamma senza che lei la vedesse. Credeva così di imparare a confessarsi! A cinque anni seguiva felice i genitori che si inginocchiavano alla balaustra per ricevere la santa Comunione. Ma quale amara delusione provava quando vedeva il sacerdote passare oltre, senza dare a lei quella candida O-stia! - Quando il sacerdote darà Gesù anche a me? - Quando sarai pronta. Bisogna sapere bene il catechismo. Maria Gabriella si mise subito a studiare il catechismo con tutto l'ardore di cui era capace. Le piaceva tanto sentir parlare di Gesù. Ciò che proprio non poteva capire era perché gli uomini cattivi avessero fatto soffrire tanto Gesù. Quando la zie le spiegavano la via Crucis, mostrandole le immagini disegnate in un libro, Maria Gabriella accarezzava il buon Gesù e con il pugno chiuso picchiava i brutti carnefici che l'avevano fatto soffrire. Poi diceva a Gesù tutto il suo amore e con ingenue espressioni cercava di consolarlo. - Quanto è buono il Cuore di Gesù - sospirava, contemplando un quadro mentre la signorina incaricata dell'insegnamento le spiegava il catechismo. - Ma come hanno potuto fargli tanto male? Maria Gabriella era tutta presa da quel pensiero, tanto che non seguiva più nulla. Fu necessario che la signorina le facesse voltare le spalle al quadro. - Se no - le disse - tu non senti più quello che dico. Lo guarderai a lezione finita. - Non posso capire, - disse, scuotendo la testa, mentre faceva violenza a sé stessa, per obbedire alla signorina -non posso capire come mai i cattivi abbiano piantato i chiodi nelle mani e nei piedi di Gesù. Ma ancora meno posso rendermi ragione che essi abbiano squarciato quel Cuore che noi amiamo tanto! Ma ciò che non poteva capire, Maria Gabriella lo credeva. - Che cos'è Dio? - le domandò un giorno la mamma. - Dio, - rispose sicura la bambina - è un purissimo spirito che non ha né forma né colore, infinitamente perfetto, creatore del cielo e della terra, padrone assoluto di tutte le cose. La risposta è esatta, ma Maria Gabriella, dopo alcuni momenti di riflessione, domandò: - Ma come si può essere, mamma, se non si ha né forma né colore? La signora Taurel spiegò: - Ci sono tante cose che non si sapranno mai qui sulla terra. Crediamo nell'insegnamento del catechismo e un giorno, in Cielo, saremo illuminati. - Ebbene, sì, voglio fare come te, mamma, Voglio credere, senza ben capire, certe cose che si chiamano "mistero". Man mano che imparava il catechismo, Maria Gabriella imparava a vincere i suoi difetti e ogni giorno riportava delle piccole vittorie su sé stessa. Le piacevano i vestitini eleganti, i bei nastri tra i capelli, le scarpette di lusso, le costava obbedire, non voleva ammettere di aver sbagliato o di essersi meritata un rimprovero. Ma appena la mamma le faceva notare che quelle cose non piacciono a Gesù, Maria Gabriella rientrava in sé e si sforzava di vincersi. Non le piacevano i giochi rumorosi del fratello, ma cedeva e vi prendeva parte per far contento Gesù a cui offriva il suo sacrificio. Come tutti i bambini anche a Maria Gabriella piacevano i dolci, ma sapeva di poterli mangiare raramente, a causa della sua enterite, perciò, quando gliene offrivano, rifiutava rispondendo semplicemente: - La mamma non vuole che io li mangi. Quel rifiuto le costava molto, ma la mamma le aveva insegnato a "farlo volentieri in spirito di penitenza per essere cara a Gesù". E Maria Gabriella rinnovava l'offerta ogni volta che ne aveva l'occasione. Una sera il dottore, per premiare la calma di Maria Gabriella, le diede un cioccolatino. Glielo dava il dottore e, quindi, poteva prenderlo, ma la bambina pensò di fare una mortificazione. - Prendi, mamma, - disse - dallo a Giuseppe. Commosso, il dottore gliene diede un altro e Maria Gabriella lo prese, ringraziando gentilmente. L'unica ghiottoneria che le era permessa era qualche zolletta di zucchero nel caffèlatte, ma durante la Quaresima del 1911 volle privarsene per fare penitenza. Quanto avrà fatto piacere a Gesù la generosità di una bambina di poco più di cinque anni! Qualche volta la piccola volontà ribelle trionfava. - No, no e poi no - diceva, pestando i piedi. Quel capriccio meritava il castigo e la mamma non glielo risparmiava. Ma Maria Gabriella si ravvedeva subito. - Perdono, mamma! Mai più! Perdono!... Un giorno, aveva appena tre anni, fu sorpresa a mettersi della terra in bocca. Fu sgridata e, per darle una lezione, la mamma le servì a pranzo un po' di terra sul piatto. Maria Gabriella capì, pianse e promise di non farlo mai più. E mantenne la promessa. Una volta, in casa di amici, si ostinò a non voler cantare. I genitori le diedero un castigo ben meritato: fecero finta di non occuparsi più di lei. Maria Gabriella ebbe il tempo di riflettere e quando si trattò di tornare a casa, supplicò finché ottenne di rientrare, cantare ed avere il bacio e il perdono di tutti. Un giorno giunse in ritardo a colazione. Fu servita da sola, ma non iniziava a mangiare. - Rirì, - disse la mamma - lasci raffreddare il tuo caffè-latte! - E la preghiera, mamma? La preghiera la recitava il babbo o la mamma e Maria Gabriella non iniziava a mangiare se non era stata detta. Era caparbia di carattere, ma corretta per tempo divenne così docile e così gentile, che tutti le volevano bene. - Vero, mamma, - domandava dopo ogni vittoria sul suo carattere - che adesso sono proprio la figliuola della Santa Vergine? La mamma le rispondeva di sì, perché è proprio vero che la Madonna si compiace tanto delle vittorie dei bambini e fa loro delle carezze che si gustano nel cuore più che tutte le caramelle e le cose buone. Nel dicembre del 1911, la famiglia Taurel lasciava Aiac-cio e tornava a Tolone. A Tolone era scoppiata un'epidemia di ipertosse e Maria Gabriella ne fu subito colpita. Il medico le ordinò di cambiare aria, ma la piccola insisteva che prima di partire le si desse Gesù. Perciò si decise di farle fare la prima Comunione. Superato l'esame di catechismo, si fissò la data della cerimonia per il 2 di febbraio, festa della Purificazione di Maria Santissima. Maria Gabriella contava i giorni nell'attesa del "gran giorno". Ma intanto l'ipertosse non le dava tregua. In più il 2 febbraio 1912 fu una pessima giornata: freddo, pioggia, vento... La signora Taurel temette per la piccola e non la svegliò. Quando la Maria Gabriella aprì gli occhi e seppe del sacrificio che le si chiedeva si mise a piangere silenziosamente, mentre un violento attacco di tosse - Non è nulla, caro angelo! - cercava di consolarla la mamma - Questa brutta tosse passerà. Non piangere così... E per quel giorno fece la sua più ardente Comunione spirituale. Passarono alcuni giorni e Maria Gabriella fu portata in una località dove avrebbe potuto respirare aria buona. Lì si sperò di poterle far ricevere il sospirato Gesù, ma, quando sembrava che stesse meglio, sopravvenne una complicazione: la tosse era accompagnata dal vomito che la faceva tanto soffrire. - Datemi il buon Gesù! - supplicava. Ma come era possibile, in quello stato? Dopo le terribili crisi si addormentava, ma al risveglio si metteva subito a pregare. - Chiedi a Gesù di guarirti? - domandò una volta la mamma. - Oh, no, mamma: io gli dono il mio piccolo cuore. Gli voglio tanto bene e desidero vederlo. Gesù Ostia occupava tutti i suoi pensieri. - Quando farò la prima Comunione? - domandava continuamente. - Appena questa brutta tosse non ti obbligherà a vomitare. La bambina sospirava rassegnata. - Soffro molto, - diceva - ma anche il buon Gesù ha sofferto tanto. E perciò non si lamentava mai, prendeva volentieri le medicine ed esortava i suoi a stare sereni. - Non piangete, - diceva - non temete nulla per me. Qualche volta voleva che la mamma le cantasse qualche lode o qualche inno e cullata dal dolce canto, Maria Gabriella si addormentava. L'11 febbraio il babbo dovette partire e la bambina lo accompagnò con la preghiera. Non si sarebbero mai più rivisti su questa terra. Il 24 febbraio all'ipertosse si aggiunsero altre complicazioni. Si trattava di polmonite. Maria Gabriella soffriva molto, emetteva piccoli sospiri e chiamava dolcemente i suoi: - Papà! Mamma! Madrina! Voglio andare a vedere il buon Gesù. - Venne il parroco che gli diede la benedizione. La morte si avvicinava. Poco prima i presenti avevano visto Maria Gabriella attorniata da una insolita luce. No, non era il miracolo della guarigione, come aveva chiesto lungamente la mamma nella preghiera. No, Gesù veniva a prendersi la sua piccola innamorata. Maria Gabriella agitò le sue piccole mani. Era tutta sudata e non tossiva più. Guardava tutto intorno. - Perché piangete? Quando avrò il buon Gesù? Addio, mamma! Addio, madrina!... Ho tanto sonno! Datemi il buon Gesù, perché io lo abbracci! E anche la "buona Madre", anche... Abbracciò il Crocifìsso, strinse al petto una statuetta dell'Immacolata di Lourdes e tacque per sempre. - Rirì, - supplicò la mamma - il Signore ti chiama... la Vergine viene a cercarti. La vedi? Maria Gabriella si voltò, spalancò i suoi occhioni scuri, trasse un profondo sospiro e... si addormentò. Il suo piccolo cuore aveva cessato di battere. La "figliolina della Santissima Vergine" poteva finalmente godere Gesù in Cielo, dove vanno tutti i bambini buoni. Era la domenica 25 febbraio 1912, anniversario della dodicesima Apparizione di Nostra Signora di Lourdes. Maria Gabriella, piccolo fiore dai riflessi di cielo, prega perché tanti bambini imparino a vincersi per amore di Gesù e della Madonna, crescano buoni e si ritrovino un giorno lassù dove li hanno preceduti molte bimbe che tanto hanno amato Gesù.
Autore: Maria Cecilia Calabresi
Fonte:
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Come fiori per Gesù
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