«Proibito essere esuberanti. Proibito parlare ad alta voce. Proibito gesticolare. Proibito arrampicarsi sul cancello. Proibito posare i piedi sull'orlo delle aiuole. Severamente proibito disobbedire...». Queste erano le proibizioni feriali. Di domenica si aggiungevano altre proibizioni. Così l'ordine regnava in casa Ben-son. Famiglia d'alto rango, dove il padre, Edward, arcivescovo anglicano di Canterbury, dettava legge e si spostava da una città all'altra, secondo le necessità del suo ministero, con la consorte e la sua tribù di sette figli, nessuno dei quali osava fiatare dinnanzi a lui. L'ultimo si chiamava Robert Hugh ed era nato il 18 novembre 1871. Aveva una folle paura del padre, ecclesiastico e mozzafiata. Con la mamma era tutt'altra cosa e solo con lei stava davvero bene. Ma in casa, Hugh si sentiva mancare il respiro. L'Anglicanesimo, tutto sommato, lo opprimeva, mentre il Cattolicesimo gli dava l'impressione della gioia, anche se gli avevano insegnato a pregare: «dal Papa e dai suoi errori, liberaci, o Signore!». A Eton, Hugh compì i primi studi. Educazione religiosa anglicana in casa e in collegio. Prima comunione e cresima nell'Anglicanesimo. Il giorno in cui ricevette la cresima, si pose una questione: «Oggi è lecito o no giocare a tennis?». Con i compagni, approfondita la riflessione, concluse: «Sì, se in modo riservato». Nel 1887, nel clima entusiastico delle celebrazioni del giubileo della regina Vittoria, Hugh decise che sarebbe diventato «commissario capo» nell'Indian civil service. Ma non fu ammesso. Allora decise di conseguire i classica! honours, cioè la laurea in lettere all'università di Cambridge. L'appassionava lo spiritismo, ma i tavoli che tentava di far ballare, per sua fortuna, rimasero sempre fermi. Ammirava Parsifal e i cavalieri del Santo Graal. Seguì la laurea e la decisione di entrare nel clero anglicano.
La verità è una sola Tuttavia l'Anglicanesimo, per quanto studiato, non l'appagava. Era pieno di dubbi. Le discussioni teologiche con il padre non lo lasciavano mai soddisfatto. Nel 1895 è ordinato sacerdote e mandato in un quartiere poverissimo di Londra. C'era però un problema: ad Hyde Park, di domenica, ad ogni dieci passi, un oratore si sfiatava ad offrire la «sua» verità agli ascoltatori. Ce n'erano di tutte le religioni. Ma la Verità, quella con la «V» maiuscola — pensava Hugh — non è che una sola. Ma dove si trova? Erano gli anni in cui Lord Halifax, anglicano, e l'Abbé Portai, cattolico, studiavano la possibilità di un avvicinamento tra la Chiesa anglicana e la Chiesa cattolica. Leone XIII rispose con l'Apostolicae curae che la Chiesa cattolica non cambiava una virgola del «sacro deposito» della fede, ricevuto da Cristo. Alla morte del padre, nel 1896 Hugh, con madre e sorella Maggie, andò in Egitto. Andando a zonzo per Luxor, si imbatté per caso in una chiesetta cattolica. Per lui fu come un pugno sulla faccia: in un paese di copti, ebrei, musulmani, quell'umile costruzione testimoniava che il Cattolicesimo è universale. Mentre l'Anglicanesimo che cos'era? Chiesa nazionale e nulla più! Passò, al ritorno, sui luoghi santi: Betlemme, Gerusalemme... Intuì, come per una folgorazione interiore, che solo la Chiesa cattolica poteva essere la legittima erede di quell'Avvenimento che là era accaduto. Ritornato in Inghilterra, fu nominato parroco nella borgata rurale di Kemsing. Sognava di lavorare e di studiare in pace, ma il pensiero della Chiesa di Roma lo tormentava. Persino le lapidi tombali della sua chiesa di Kemsing, con i nomi dei parroci cattolici prima dello scisma di Enrico VIII, lo interpellavano: «Sei proprio sicuro di essere il nostro legittimo successore?». I suoi parrocchiani lo giudicavano un po' strano. «Sento di non avere l'anima del pastore» — confessava Benson. Pensò allora di trovare nella vita monastica la pace che non aveva.
Tra i monaci di Mirfield A Mirfield, nello Yorkshire, c'era un ordine monastico singolare. Sei mesi, i monaci studiavano e pregavano. Sei mesi si davano all'evangelizzazione. In mezzo a loro Hugh pensava di essere felice. Lunghi colloqui con Dio, la preghiera del Rosario offerta quotidianamente alla santa Vergine, la composizione di poemetti ispirati, riempivano le sue giornate. Diventava un innamorato di Cristo. « Tenni dietro al Salvatore — scrive — con solo la fede per compagna. Irradiava da Lui un sì dolce lume... — «Io so che ho veduto il mio Salvatore e che Lui mi ha sorriso». Dopo i primi sei mesi di studio, Hugh andò per l'Inghilterra a predicare. Parlava chiaro e semplice, anche contro le guerre coloniali. Il suo tema prediletto: «Di ciascun dovere, anche del più insignificante, fatene un sacramento. Consacratelo, affinché diventi cosa santa come il pane e il vino dopo l'offerta del sacerdote». Scrisse in quel tempo la sua prima opera: «La luce invisibile». 1° agosto 1901. Robert Hugh Benson pronunciava i voti. Aveva trent'anni: sembrava estatico quel giorno, ma dentro i dubbi non gli davano pace. Corrispondeva per lettera con alcuni sacerdoti cattolici. Cercava affannosamente la Verità. Allora diede l'assalto alle opere di Newmann e di Mallock: «Il primo fu per me un profeta. Il secondo mi sciolse ogni dubbio». Nel cuore era già cattolico.
Roma, radiosa di luce La Chiesa di Roma lo colpiva con la sua fede incrollabile e la sua poderosa unità. La Chiesa anglicana era piena di contraddizioni insanabili. « Vedevo la Chiesa d'Inghilterra, vecchia padrona amorevole e bonaria, in atto di trattenermi al suo servizio per mezzo di tutti i vincoli umani; di contro ad essa, vedevo sfolgorante di luce la Chiesa di Roma, la Sposa di Cristo, dominatrice e autoritaria sì, ma con negli occhi e sulle labbra uno sguardo e un sorriso tanto radiosi che solo potevano riflettere una visione celeste». L'11 settembre 1903, Robert Hugh Benson lasciò per sempre l'Anglicanesimo ed entrò, rappacificato e felice, nella Chiesa cattolica. Come il grande John Henry Newmann, non aveva mai peccato contro la luce ed ora la luce di Cristo e del Pontefice di Roma lo inondava tutto. Poco tempo dopo, a Roma, faceva l'ingresso in seminario per diventare prete cattolico. Durante il suo soggiorno a Roma, partecipò un giorno alla Messa celebrata dal Papa Pio X: non dimenticherà mai più la sua bianca santa figura. Nel giugno 1904 Robert Hugh Benson era ordinato sacerdote cattolico. Di ritorno in Inghilterra, si stabilì a Cambridge per dedicarsi all'animazione spirituale dei giovani universitari. Traboccante di gioia, nel nuovo campo di lavoro, si impegnò in due attività: predicatore e romanziere, entrambe consacrate all'annuncio della Verità, del Cristo-Verità assoluta ed eterna, vivente nella Chiesa cattolica, apostolica e romana. In breve, non solo la sua patria, ma persino gli Stati Uniti d'America, ascoltarono la sua parola, facile, suasiva, ricca di humour, dai pulpiti e dai tavoli delle conferenze, nelle chiese e nelle università, tra i giovani e gli uomini di cultura, in mezzo al popolo. Affascinava ascoltarlo, quando raccontava la storia della sua chiamata: era il Cristo che l'aveva tormentato dentro, era il Cristo finalmente trovato nella sua interezza nel Cattolicesimo romano. Ma Padre Hugh, preferiva la sua attività di romanziere, perché il romanzo raggiunge un pubblico più vasto e un numero sempre più grande di anime poteva accogliere l'annuncio della Verità. Per portare i fratelli a Cristo, Padre Hugh era solito indicare una «via», la via maestra: Maria. Agli altri anglicani insoddisfatti e cercatori di luce e tardi ad arrendersi alla luce, era solito dire: «Andate a Lourdes». Là, con Maria, si ritorna bambini e abbandonandosi fiduciosi tra le braccia della Madre celeste, si trova il Cristo nella sua pienezza. Scriveva: «Sono andato a Lourdes e ho veduto Gesù di Nazareth, ed ho veduto gli infermi sanati alzarsi dalla barella... Non pensavo che al giorno d'oggi accadessero fatti di tal genere. Ho fatto atto di fede ed ho veduto».
«Il padrone del mondo» In quegli anni, nella pace del suo cuore, scrisse molto: romanzi, poesie, scritti spirituali, una vita di san Tommaso Becket. I romanzi non hanno nulla di convenzionale, ma esprimono la vita come dramma: la vita — nella lotta ininterrotta tra il Cristo e Satana, tra raccoglimento del Cristo e il rifiuto di Lui — vi appare nel suo senso tragico. L'azione che vi si svolge si identifica con la ragione stessa della vita e della ricerca del suo significato. Il più noto dei suoi romanzi, uscì nel 1908 e si intitola The Lord of the World (Il Padrone del mondo). L'azione del romanzo anticipa quello che, secondo Benson, sarà il mondo del futuro. L'uomo ha ormai raggiunto i massimi confini del progresso materiale e intellettuale. Tutto è meccanizzato, programmato, razionalizzato al massimo. Finalmente ha vinto la ragione dell'uomo. La guerra è stata eliminata, i rumori e gli inquinamenti sono stati aboliti, la malattia e il dolore sono stati vinti dalle scoperte della medicina e dall'eutanasia, sono stati adottati cibi artificiali, l'esperanto ha unito i popoli in una sola espressione, Oriente e Occidente sono stati uniti nella pace finalmente raggiunta. Trionfano dunque i «valori» umani: è la vittoria dell'umanitarismo, il mondo nuovo dell'umanità. Non c'è più bisogno di Cristo né della Chiesa. L'uomo, l'umanità è capace di costruirsi da sé, anzi contende a Dio il dominio del mondo. Giuliano Felsemburg è il protagonista di questa storia nuova dell'umanità e sembra essere diventato lui stesso «il padrone del mondo». Ma l'uomo solo con i suoi valori umani, senza Cristo, è soltanto in fondo un infelice e un violento, persino contro se stesso. In questo clima (non è soltanto una fantasia di P. Benson, ma rivela, 80 anni prima, molti aspetti del mondo contemporaneo), Padre Percy Franklin, è un giovane prete, che non ha accolto la «religione» dei valori, la «fede» nell'umanitarismo autosufficiente, ma resta ancorato al Cristo come all'Avvenimento decisivo, alla Persona Unica e Indispensabile per la salvezza dell'umanità. La sua vita, la sua azione, la sua preghiera si fonde in una sola invocazione al Cristo: «Non essere per noi giudice, ma Salvatore». Al Papa che gli chiede «che cosa dobbiamo fare», Padre Percy risponde: «Santo Padre, la messa, la preghiera, il rosario. Queste sono le prime e le ultime cose. Il mondo nega la loro potenza ed è invece in tutto questo che il cristiano deve cercare appoggio e rifugio. Tutte le cose in Gesù Cristo: in Gesù Cristo, ora e sempre. Nessun altro mezzo può servire: Gesù deve fare tutto perché noi non possiamo far più nulla». Pessimista, padre Benson nella sua visione del futuro? Certamente, la sua è una visione che scuote e nella fiducia totale nel Cristo Risorto e in sua Madre, l'Assunta, ha un compito meraviglioso da proporre ai cristiani di oggi: «Santità — egli dice al papa che lo interroga — ho un vecchio disegno, antico quanto Roma. L'ideale dei pazzi. Un nuovo ordine. Un nuovo ordine religioso, senza abito o distintivo particolare, soggetto direttamente alla Santità vostra. Più libero dei gesuiti, più penitente dei certosini, più povero dei francescani. Uomini e donne che fanno i tre voti e, in più, dichiarano la loro disponibilità a ricevere il martirio. Il Cristo crocifisso ne sarà il patrono!». Il resto del romanzo — fantastico ed affascinante — lo lascio alla scoperta dei lettori. (R. H. Benson, Il Padrone del mondo, Jaca Book, Milano, 1987). Quando nel 1914 scoppiò la guerra, Padre Hugh chiese di poter seguire le truppe che andavano a combattere sul continente, come cappellano militare, in un supremo atto d'amore per le anime che più avevano bisogno. Ma la sua salute, ormai logora dal lavoro e dallo studio, dalla sua formidabile tensione d'amore per Dio e per i fratelli, non glielo permise. Era solo più capace di pregare e di offrire, come il suo grande Amico: Gesù Crocifisso. Si spense il 19 ottobre 1914 a 43 anni, ma vero profeta del nostro tempo, lasciava la sua testimonianza e il suo messaggio, validi oggi per noi. Il mondo crede di farsi umano senza il Cristo? Sarà la disgregazione totale, la bestialità, la morte senza speranza. Non c'è altra salvezza che in Gesù: la messa, la preghiera, il rosario. Un ordine di pazzi: sì, di cristiani cattolici, pazzi di amore, pronti a tutte le battaglie, fino al martirio. Come Gesù. Per una nuova evangelizzazione del mondo, per un'altra riconquista del mondo a Cristo, come quando erano in dodici. Solo allora non ci sarà più il dominio della legge che soffoca lo spirito, ma la vera libertà nel Cristo, morto e risorto, Signore della storia e Dominatore del mondo.
Autore: Paolo Risso
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