Il marchese Domenico Fassati (1804-1878) era nato a Casale e discendeva da una delle più nobili famiglie del Piemonte, i Signori di Coniolo. Prese il nome e il titolo di marchese Fassati-Roero-San Severino, dal suo ramo del Casato. Fedele al Re, lo servì da prode in pace e in guerra distinguendosi sui campi lombardi nel 1848-49. Per il suo valore militare venne insignito del grado di Comandante delle Guardie del Corpo di Sua Maestà. Fu poi in intima relazione con Vittorio Emanuele II. La sua sposa, Maria (1824-1905), nata De Maistre, era figlia del Conte Rodolfo del ramo savoiardo e quindi nipote del celebre Giuseppe De Maistre. Dama della regina Maria Adelaide, fu Presidente di tutte le sezioni di Torino delle Dame di San Vincenzo de’ Paoli. I Marchesi Fassati ebbero tre figli: Azeglia, andata poi sposa al barone Carlo Ricci des Ferres, Emanuele, morto tragicamente a soli 22 anni, e Benedetta, morta in tenera età.
Tra i primi «Cooperatori» di don Bosco I marchesi Fassati furono tra i primi «cooperatori» salesiani sin dai tempi di Casa Pinardi, quando il Marchese si prestava come «catechista» dei birichini di Valdocco e la Marchesa si associava ad altre Signore della nobiltà cittadina nel rammendare gli abiti dei ragazzi nella povera cameretta di Mamma Margherita. Come «catechista», il Marchese giungeva puntualissimo nelle feste e tutti i giorni di Quaresima a fare la scuola ai ragazzi. Preciso e ordinato, riusciva molto gradito pur nel suo aspetto serio e militare. Si preparava con cura ed assisteva alle conferenze che don Bosco faceva di tratto in tratto ai catechisti. Regalò agli oratoriani di Valdocco un intero teatrino di marionette, fatte abilmente ballare da Carlo Tomatis negli anni 1849-51. Nominato Priore della Festa di San Luigi nel 1855, offrì ai ragazzi, all’uscita di chiesa, due pagnotelle ciascuno con una grossa fetta di salame; e un anno, a Carnevale, fece confezionare per il pranzo 100 dozzine di agnolotti, provvedendo pure per tutti vino delle sue terre. Si sentiva come un fratello maggiore nella grande famiglia di don Bosco. I marchesi Fassati furono pure munifici donatori di suppellettili per le funzioni sacre nella Cappella Pinardi prima e nella chiesetta di San Francesco di Sales poi, senza pensare a quanto fecero più tardi per la Basilica di Maria Ausiliatrice. Ancora oggi possiamo ammirare nella chiesetta di San Francesco di Sales l’altare dedicato alla Madonna da loro offerto, anche se non tutto corrisponde più a quei tempi. In luogo dell’attuale statua dell’Immacolata posta nella nicchia sopra l’altare, c’era allora una Madonna del Rosario con Bambino proveniente dal Santuario della Consolata. Le stesse colonne e la balaustra in marmo che oggi vediamo erano allora semplici colonne in gesso con balaustra in legno. Tutto era proporzionato alle condizioni di povertà di don Bosco che, come gesto di riconoscenza, nel 1860, stilò un documento con il quale conferiva ai marchesi Fassati il titolo di Patroni della Cappella di Maria SS. (...) dando loro la facoltà di abbellirla... Don Bosco, inoltre, poté godere dell’aiuto dei marchesi Fassati nelle grandi Lotterie che lanciava a beneficio delle sue opere. In tutti i Comitati degli anni 1855, 1857, 1862, 1865, ecc., troviamo sempre incluso il loro nome. A questo punto è spontaneo chiederci come don Bosco sia venuto a conoscere i marchesi Fassati e come mai essi si siano prestati così generosamente ad aiutarlo. Ma è noto che i primi benefattori di don Bosco gli furono mandati da san Giuseppe Cafasso. I Fassati erano figli spirituali di questo santo sacerdote, quindi il passaggio a don Bosco fu più che naturale.
Fatti curiosi e interessanti Il marchese Fassati una volta si lagnò con don Bosco che non andasse mai a pranzo a casa sua e don Bosco si scusò dicendo di essere molto occupato, di aver tante cose da sbrigare e di dovere soprattutto andare sempre in cerca di denaro. Il Marchese allora gli donò 3000 Lire promettendogli di dargliene 100 ogni volta che accettasse di fare pranzo da lui. Pare che in quel mese don Bosco sia andato a pranzo dal Marchese almeno 15 volte! Vien da sorridere, ma conviene anche ricordare le parole dette da don Bosco a don Rua in simile circostanza: – Se tu sapessi quanto mai mi ripugna dover andare a pranzo fuori dell’Oratorio!... Eppure per ottenere qualche elemosina bisogna fare così! Un altro fatto, da non dimenticare, sono le visite di don Bosco a Montemagno Monferrato dove i Fassati avevano la loro villa. Ci andò sovente dietro loro invito, specialmente in occasione della festa dell’Assunta. Nel 1864 andò con don Cagliero a predicare il triduo della festa. Non pioveva ormai da tre mesi e la gente era preoccupata per i raccolti. Don Bosco promise a nome della Madonna che se si fossero preparati alla festa da buoni cristiani togliendo il peccato con confessione e comunione, la pioggia sarebbe venuta. Ma anche nel giorno della festa il cielo rimaneva infuocato. Mentre don Bosco si preparava in sacrestia al suo panegirico, il marchese Fassati gli disse in confidenza: – Questa volta, sig. don Bosco, fa un fiasco. Salito sul pulpito, don Bosco recitò un’Ave Maria ed iniziò il discorso mentre tutti tenevano gli occhi fissi su di lui. Improvvisamente la luce del sole parve leggermente oscurarsi mentre si fece udire il rumore prolungato del tuono. Un mormorìo corse per tutta la chiesa. Don Bosco sospese per un istante in preda alla più viva commozione. I tuoni si succedevano mentre una pioggia dirottissima batteva sulle invetriate della chiesa. Caso fortuito? Così non la pensarono i testimoni. Perché noi la dovremmo pensare diversamente?
Autore: Natale Cerrato
Fonte:
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Il Tempio di Don Bosco
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