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Bruno Parola Laico
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Cuneo, 13 novembre 1935 - 11 novembre 1957
Nasce a Cuneo il 13 novembre 1935; muore l’11 novembre 1957, stroncato da una banale forma influenzale. Cresce nella parrocchia del Sacro Cuore di Cuneo, dove assume la presidenza della GIAC nella locale associazione “Piergiorgio Frassati”. È Delegato Diocesano Aspiranti fino all’ottobre 1956, quando diventa Presidente Diocesano della GIAC, incarico assolto fino alla sua improvvisa scomparsa. Tra le sue iniziative più significative, oltre ai consueti impegni educativi e di dirigente di Azione Cattolica, sono da ricordare il concorso lanciato per la costruzione dell’altare di “San Tarcisio” nella nuovissima Parrocchia del Cuore Immacolato di Maria, lo sviluppo delle varie edizioni del Carnevale dei Ragazzi, con la maschera di “Girònet”, la versione per i bambini della maschera di Cuneo “Gironi”, il lancio e la meticolosa preparazione spirituale della “Carovana di Primavera” che il 7 aprile 1957 ha visto snodarsi, tra Cuneo e il Santuario mariano di Vicoforte di Mondovì, una colonna di circa 1400 giovani. Sono rimasti nel cuore di chi l’ha conosciuto: la fedeltà rigorosa e diligente al lavoro, l’affetto straordinario e religioso verso i genitori e i fratelli, la sua preghiera, il rosario, il suo ampio segno di croce, la dedizione totale, non solo entusiastica, all’ideale dell’Apostolato, la generosità e l’intraprendenza nel lavoro in Centro Diocesano. “Caro Bruno, il tuo Arcivescovo, con le lacrime agli occhi, ti benedice perché sei più vivo che mai, anche se non sei più tra noi; ti ringrazia del dono che a piene mani, in ogni momento, hai saputo dare: la tua splendente giovinezza, messa con umiltà e ardore, al servizio di Dio e della Chiesa; ti addita ai sacerdoti, specialmente agli Assistenti della GIAC, perché prendano da te incoraggiamento a lavorare fiduciosi tra la gioventù, con la fondata speranza di trovare il terreno buono di cui parla la parabola evangelica”. (Mons. Guido Tonetti, Vescovo di Cuneo, omelia ai funerali, novembre 1957) “Il passato, si sa, è legato alle persone che l’hanno vissuto. Anche nella storia di questa parrocchia, innumerevoli sono i testimoni a cui rifarsi per imparare ad essere segni vivi del Risorto. A cinquant’anni della sua morte vogliamo parlare di Bruno Parola, interprete eccezionale di quell’associazionismo che si esprimeva in un “senso di appartenenza” e in una vitale proposta educativa da lasciare in tanti una “nostalgia” e una necessità di non disperdere “ciò che ci è stato trasmesso”. (Don Mariano Riba, Bollettino Parrocchia Sacro Cuore, ottobre 2007)
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Se oggi, a più di mezzo secolo dalla morte, si parla ancora di lui come del “Frassati di Cuneo” è perchè del beato torinese ha saputo incarnare la pietà, lo slancio apostolico e la donazione completa, rassomigliandogli anche nelle modalità della morte, avvenuta per entrambi in modo inatteso e rapido poco oltre la soglia dei vent’anni. Nasce a Cuneo il 13 novembre 1935, in una famiglia semplice che fa sacrifici per farlo studiare e che lui non delude, diplomandosi al Bonelli tanto brillantemente da venir subito assunto dalla sede cuneese della Banca Popolare di Novara. La parrocchia del Sacro Cuore e l’Azione Cattolica sono gli ambienti in cui cresce e si forma: malgrado la guerra, quelli sono infatti gli anni della massima espansione e incisività educativa dell’AC, che sta modellando cristiani autentici sull’onda del trinomio “preghiera, azione e sacrificio”. E, a giudicare dai risultati, stupendo sarà il modo con cui questo programma si incarnerà in lui. A cominciare dagli ideali, che coltiva grandi e nobili, convinto che “un grande ideale vale una vita intera”. Il suo ideale è l’apostolato, da svolgere con ogni mezzo ed in ogni luogo, con l’obiettivo di avere “dei ragazzi in gamba, buoni e santi”. Da ragazzo “in formazione” e, successivamente, a sua volta formatore degli altri, è tenacemente certo che “oggi non è necessario fare delle grandi cose per conquistare il mondo dei ragazzi e portarli a Cristo: è indispensabile soltanto fare bene, molto bene le piccole cose”. Semplice il suo stile di “lavoro” in seno all’associazione: un grande desiderio di santità personale, alimentato nella preghiera e nell’apostolato, una grande attenzione alle relazione umane coltivate nell’amicizia e nel rapporto personalizzato, una generosità immensa e una disponibilità a donarsi senza misura per il bene degli altri, per portare tutti a Cristo. Quella dell’apostolato è un’ansia che sembra divorarlo: “c’è tanto bene da fare in ogni campo, senza rispetto umano; anzi, proprio perché la gente ci guarda, diamo il buon esempio a casa, a scuola, sul lavoro. Parlate e insistete sui Sacramenti: non accontentatevi delle Comunioni generali, cercate di ottenere che almeno gli Aspiranti più in gamba si comunichino tutte le domeniche: però, delegati, cominciate voi!”. Da parte sua precede con l’esempio, dando un ritmo quotidiano al rosario, alla messa e alla comunione e adattandosi ad autentici equilibrismi per conciliare il suo orario di lavoro con la vita associativa, nella fedeltà assoluta a questo ed a quella. Personalmente avverso ad essere “un cristiano all’acqua di rose”, chiede anche agli altri di non essere tali, spronandoli al sacrificio e all’amore “con entusiasmo e coraggio, come Pier Giorgio Frassati, tanto per intenderci, e come Cristo, per capirci meglio”, invitandoli “a vendere ogni giorno la nostra pigrizia e con la moneta del sacrificio compriamo all’altare la Grazia di Dio”. È un impareggiabile organizzatore di eventi ed iniziative che in qualche modo riescano ad attirare i giovani: dalla sua fervida fantasia, solo per citarne alcuni, nascono il concorso per contribuire alla realizzazione dell’altare di San Tarcisio, le varie edizioni del carnevale dei ragazzi, l’invenzione di “Gironet” come versione infantile della maschera di Cuneo “Gironi”, soprattutto l’organizzazione meticolosa e puntuale della Carovana di Primavera che porta 1400 giovani da Cuneo a Vicoforte. Ad ottobre 1956 diventa presidente diocesano della GIAC e in questa veste infiamma i giovani, spronandoli a non “essere cristiani a tempo perso e sprecare la nostra vita… è l’ora di piegare le ginocchia, anche a costo di piegare la riga dei pantaloni ed i piani della nostra comodità”. Non sa di essere quasi al termine della sua corsa: il 7 novembre 1957 avverte i primi sintomi dell’influenza, la temibile “asiatica”, che lo costringe a letto e lo porta alla morte nel pomeriggio del 10. Alcuni mesi prima aveva scritto “Devono passare gli anni per accorgerci che accanto è passato qualcuno migliore di noi….E’ l’ingiustizia di cui noi siamo ricchi: fatta d’invidie, di ripicche, di questioni da nulla e soprattutto di quel non accorgersi dei santi che ci vivono accanto”. Sembra, in chiave profetica, il riassunto della sua vita: difatti ci sono voluti 55 anni per raccogliere di lui testimonianze e ricordi e per cominciare seriamente a parlare della beatificazione di Bruno Parola, il giovane che chiedeva al Signore di “non farci amare le pantofole: non solo quelle dello spirito, ma anche quelle di stoffa”.
Autore: Gianpiero Pettiti
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