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Michele Chinellato Giovane scout

Festa: Testimoni

1964 - 1986


Il “vice” lo chiamavano e lui continuò a firmarsi così anche quando divenne capo. Per umiltà e per significare la sua volontà di essere a servizio di tutti, sempre.
A 22 anni e un mese moriva con il sorriso sulle labbra all’ospedale di Vicenza per leucemia Michele Chinellato, studente in Scienze Forestali. Ha vissuto in modo intenso la vita degli scout di Salzano (VE). Possedeva una particolare disponibilità al servizio, umile e generoso: era sempre pronto per tutti. Dopo la morte sono stati scoperti i suoi scritti che costituiscono, senza ombra di dubbio, un autentico “giornale dell’anima”. L’amore per la natura ha coinvolto Michele in una dimensione francescana. Una canzone composta e musicata da lui stesso afferma che l’uomo è parte della terra, la terra è parte di ogni uomo e che questi è parte di Dio. Un’occasione per scoprire “il Dio di ogni tempo, di ogni cosa e di ogni immagine”, come egli scrive in una delle sue più sentite preghiere.
Un punto resta fondamentale nella sua esperienza: Michele non cede mai alla disperazione, nemmeno quando la malattia si aggrava; anzi, con spirito tutto francescano, ringrazia Dio per “sorella Leucy”, guardando in faccia e chiamando per nome con lucidità e forza interiore la sua terribile “nemica-amica” che, se ne rende ben conto, sta portandolo inesorabilmente alla fine. Consapevole del suo cammino verso “sorella morte” e della sofferenza che lo attanaglia, scrive: “So che tu mi aiuterai a seminare e a raccogliere anche nel deserto, e là faremo crescere spighe d’oro, io e te”. Egli prende su di sé una dimensione missionaria nell’abbandono totale in Dio, e ripete con sicurezza “Signore tu vuoi così… il tuo disegno è grande, ed io sono e sarò con te…”.
Pur sopraffatto da lancinanti dolori, egli si abbandona con disarmante docilità al piano che Dio aveva progettato per lui: “Ogni giorno mi accorgo di te, dell’amore, della cura che hai per me, ed anche io, Signore, sento salire dal cuore un tremore: è l’amore per te, o mio Signore… Per i giorni che mi restano, per il dolore che mi regalerai, Signore, grazie!”.
Michele raggiunse il culmine di una fiducia ciecamente riposta nelle mani di Dio quando si espresse con queste parole: “Nelle tue mani, Signore, lascio ogni mia certezza; Tu mi chiami, io rispondo ‘Eccomi!’”. Scrisse queste parole nel “libro delle partenze” al termine dell’esperienza nella branca rover, nel 1985, e gli amici le hanno volute incise sulla sua tomba a suggello di una esperienza incredibile di vita, ancorata alla fede pur nella devastante malattia. Il suo “Eccomi”, puntuale e generoso, richiama alla mente altri “Eccomi” di cui è intessuto il libro Sacro: Abramo per la partenza dalla sua terra e il sacrificio di Isacco; Giacobbe e l’angelo Yavé; Mosé presso il roveto ardente; Samuele dopo il consiglio di Eli… ma soprattutto quello di Maria: “Eccomi sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”.


Autore:
Serena Manoni


Fonte:
www.sdb.org

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Aggiunto/modificato il 2010-09-05

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