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Beate Martiri del Drina

15 dicembre

† Goražde, Bosansko-Podrinjski, Bosnia-Herzegovina, 15 dicembre 1941


Una croata, due slovene, un’austriaca e un’ungherese sono state elevate alla gloria degli altari il 24 settembre 2011 come “le martiri del Drina”. Fanno parte della Congregazione delle Figlie della Divina Carità, che dal 1911 a  Pale, nei pressi di Saraievo, ha un convento, dove, insieme alle consorelle anziane e malate, trovano convalescenza, riposo e nascondiglio poveri, esiliati  profughi, e malati di ogni specie; in estate si distribuiscono anche 60 pasti al giorno per i bisognosi ed a quella porta bussano indistintamente cattolici e ortodossi per avere cibo, sale e petrolio. Anche gli ortodossi diretti a Sarajevo, si sono abituati a fare tappa da quelle suore cattoliche che “sono persone d’oro e piene d’amore”, per rinfrescarsi o ricevere un po’ di cibo. Perché le suore coltivano l’orto e allevano bestiame proprio per avere sempre di che aiutare chiunque ha bisogno. Nel 1941 è abitato da una comunità di cinque suore, la cui superiora è Suor Jula Ivanišević. Ha 48 anni ed è entrata in convento solo quando è morta sua mamma, che l’ha sempre ritenuta indispensabile in casa e perciò non le ha mai dato il permesso di farsi suora. È ammirata dalle consorelle soprattutto per l’obbedienza e la sollecitudine e dicono di lei che “quello che manca alla sua fermezza e alla sua forza, lo supplisce nel suo servizio con la premura, la calma e la pazienza”.  Poi c’è Suor Bernadeta Banja, uno scricciolo di suora, che di anni ne ha 29 ed è la cuoca della comunità, ma così piccola di statura che deve salire su uno sgabello per arrivare all’altezza del pentolone. Arriva da una famiglia devotissima e numerosa, che ha accolto la sua vocazione come una benedizione di Dio; è allegra, gioiosa eppure sempre raccolta e devota. Ha scelto di essere “fedele nel poco” e sta facendo un grande lavoro su se stessa per migliorare il suo carattere e per essere sempre più servizievole ed umile. “Taciturna e diligente come un’ape” è invece Suor Krizina Bojanc, che è entrata in convento solo a 36 anni suonati, quando cioè le condizioni familiari glielo hanno permesso. Adesso ha 56 anni e le consorelle sanno che ha l’occhio vigile, sa scorgere bene le cose, prestare aiuto e consolare perché è una sorella semplice ma “piena di Dio, e come se avesse sempre pensato a Dio”. Suor Antonija Fabjan, 34 anni e qualche malanno alle spalle,  per qualcuno è “un po’ troppo seria” ma per tutte è la suora alla quale “mai dobbiamo chiedere un favore, perché lei scorge prima i nostri bisogni ed è subito pronta ad aiutarci”. Infine c’è Suor Berchmana Leidenix che ha 76 anni, è malata di asma, ci vede poco e cammina a fatica. In gioventù ha fatto scuola, insegnato catechismo, curato i malati ed è stata anche maestra delle novizie, “lottando per loro come una leonessa”. È la più ecumenica del gruppo: ha fatto scuola anche ai musulmani (e per questo la chiamano “Sorella turca”) e non fa alcuna distinzione tra bambini ortodossi e bambini cattolici e così è stata ribattezzata “Madre serba”. Nel 1941 la guerra  rende Pale il luogo meno sicuro, soprattutto per delle suore cattoliche, che tuttavia restano silenziosamente al loro posto, continuando la loro attività di sempre. L’11 dicembre i cetnici irrompono nel convento, lo incendiano e sequestrano le suore, costringendole ad una marcia forzata di quattro giorni in mezzo alla neve. Parcheggiano in una casa Suor Berchmana, che cammina a fatica, mentre le altre sono trasportate nella caserma di Goražde. Vi arrivano il 15 dicembre e sono rinchiuse in una stanza al secondo piano, dove verso la mezzanotte fanno irruzione i soldati, completamente ubriachi. Vogliono violentarle, ma suor Jula, spalancando la finestra e gettandosi da essa, dà l’esempio alle consorelle che la seguono immediatamente. Arrivate a terra malconce e doloranti, sono finite a coltellate dai soldati che si sono precipitati su di esse; poi i loro corpi sono spinti nel fiume Drina che diventa la loro tomba galleggiante. Il 23 dicembre viene uccisa anche Suor Berchmana, la cui tomba non è mai stata ritrovata. Uccise perché suore cattoliche e per aver rifiutato le proposte dei cetnici, quindi martiri per la fede e per la purezza, hanno versato il loro sangue in una Bosnia già martoriata 70 anni fa e adesso la Chiesa le propone come modello di fedeltà ai voti religiosi e di fortezza cristiana.

Ecco le schede delle singole martiri:

97977 - Marija Jula Ivanišević
97978 - Marija Berchmana Leidenix
97979 - Marija Krizina Bojanc
97980 - Marija Antonija Fabjan
97981 - Marija Bernadeta Banja


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2011-10-17

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