Vide la luce Giacomo l’8 giugno 1891 a Finalpia (Savona) da Francesco che esercitava l’arte del calzolaio e da Maddalena Pitto. La pia genitrice le andava instillando, la devozione alla Madonna in modo tale, che, fatto piú grandicello, e poi per tutta la vita al ricordo della madre terrena egli associava come per istinto quello della Madre celeste.
Rimase prestissimo orfano di madre e pochi anni dopo morì anche il padre. Fu accolto ed educato dalla nonna materna.
Il suo sogno era consacrarsi al Signore, e si presentò al P. Rettore dei Calasanziani che risiedevano a Finalborgo che lo accolse di buon animo quale alunno postulante e lo ascrisse studente alla prima classe del Ginnasio. La salute non gli resse e tentate invano varie cure in Collegio, fu rimandato per alcun tempo in famiglia per meglio curarsi e rimettersi di forze, benché assai spiacente di dover troncare cosí sul bel principio gli studi, e uscir di Collegio.
Era il 16 di luglio del 1908, giorno sacro a Nostra Signora del Carmine. Nella parrocchia di Finalborgo è festa solenne. Alla Messa cantata il Peluffo, come di consueto, serviva all’altare. Volle il caso, o meglio diremo, una disposizione divina, che vi si trovasse il Superiore Generale P. Antonio Piccardo a cui non sfuggí l’amabile figura e il devoto contegno del giovinetto. Un incontro fortuito?
Entrò nel Noviziato con una serietà di propositi, con una cosí alta idea della perfezione e vivo desiderio di raggiungerla, da non credersi in quella giovane età. Lo si vide fin dai primi giorni, quando, ricevute dal P. Maestro le regole proprie del Noviziato, vi scrisse su: sine glossa, sine glossa, sine glossa. Il 2 ottobre 1909, con la maggiore solennità, fece la sua professione religiosa.
Cominciò il suo primo anno di liceo all’Apollinare, e non tardò a dar prova, a professori ed alunni, di ingegno pronto, tenace memoria e somma diligenza; passò poi al Nazareno e conseguì, primo della classe, la maturità classica e fu l’unico ad ottenere la licenza ad honorem.
Cosí tra lunghe fatiche e brevi riposi, trascorsi i tre anni del corso liceale passò il nostro Peluffo all’Apollinare per frequentare il corso di propedeutica, che doveva prepararlo allo studio della teologia, ma all’inizio della teologia, volò in Paradiso nel pomeriggio del 1 luglio 1913.
Nella mattina di quel medesimo giorno il P. Piccardo aveva ottenuto da Pio X la facoltà di fargli conferire la tonsura e i due primi ordini minori; ma egli morì poco prima dell’inizio della cerimonia.
La sua parola facile, la sua conversazione piacevole ed arguta, i suoi modi gentili senza affettazione, ovunque egli si trovasse, sia presso dei suoi in paese, o tra i compagni di studio nella scuola, o tra i confratelli nella Congregazione, ne rendevano desiderata la compagnia, amabile il conversare
Il fascino della religiosa modestia e dolcezza che traspariva da ogni suo detto o fatto, non causava meraviglia un insieme di comune allegrezza ed edificazione. I suoi discorsi erano di cose utili e sante, ma sempre piacevoli; la sua presenza portava nella conversazione una nota di giocondità; qualunque fosse il tema dei ragionamenti non si rifiutava di prendervi parte, fino a che in qualche modo non si trasmodasse
Egli coglieva con gioia ogni occasione di onorare la sua cara Madre ed ogni giorno, non contento di recitare in comune la terza parte del Rosano, ne recitava le altre due per conto suo, per offrire intera la corona della sua devozione.
La SS.ma Eucaristia fu l’oggetto precipuo dei suoi pensieri e dei suoi amori, fu la misteriosa calamita che a sé lo attirava con dolce violenza. Di qui quella totale dedizione a Gesú in Sacramento, che gli fece, specialmente negli ultimi anni, vivere quella sua vita che non a torto fu detta eucaristica.
Con gelosa cura custodiva intemerato il giglio della purezza, né fu meno amante della povertà. Capiva che per rendere accetto a Dio il nostro cuore è necessario guardarlo non solo dalle lusinghe del senso, ma ancora staccarlo da ogni affetto ai beni della terra.
Della sua obbedienza abbiamo le piú belle attestazioni dai Superiori e dai confratelli. “Già fin dal noviziato, nota il P. Maestro, verso il Superiore Generale e gli altri Superiori aveva il Peluffo una grande riverenza, rispetto e cieca ubbidienza
Peluffo fu un santo chierico. E vi si attenne con estrema fedeltà, sostenuto da un ardente spirito di preghiera e da una decisa volontà di piacere a Dio, anche nelle più piccole cose.
Fu anche per le sue doti umane una dei più cari e dei più completi fra noi. Il P. Olivari ne scrisse la vita (1930) perché ogni Figlio di Maria conoscesse e imitasse questo suo impareggiabile confratello. Ad essa quindi si rimanda per un vero ricordo di lui.
La sua salma riposa nel cimitero della Congregazione di Porto.
Fonte:
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www.figlidimariaimmacolata.com
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