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Beato Giusto Fernández González Religioso e martire

Festa: 28 novembre

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Huelde, Spagna, 2 novembre 1916 - Paracuellos de Jarama, Spagna, 28 novembre 1936

Beatificato il 28 ottobre 2007.


Dati biografici

Justo nacque il 2 novembre del 1916 a Huelde, nella provincia e nella diocesi di León.  Questo piccolo paese di montagna sarà, anni dopo, sommerso dalle acque del Pantano de Riaño.
Justo è il più piccolo di 12 fratelli, famiglia umile e semplice di gran lavoratori, profondamente religiosa, fonte di varie vocazioni: dei 12 fratelli, 8 risposero alla chiamata di Cristo, consacrando la propria vita a Dio, di cui due sacerdoti diocesani, due Oblati, un Francescano e tre sorelle della Sacra Famiglia di Bordeaux.
Nel settembre del 1929, Justo vede realizzarsi il suo sogno di entrare anch’egli, come aveva fatto suo fratello Tomás, al seminario minore.
Nel giugno del 1934 si sposta a Las Arenas (Vizcaya) per fare il noviziato e fà anche la professione di fede il 16 luglio 1935. In seguito è mandato a Pozuelo (Madrid) per iniziare gli studi ecclesiastici che lo porteranno fino all’altare. Non appena finisce il primo corso, dopo alcuni giorni di ritiro, Justo si prepara con gli altri novizi a rinnovare la sua oblazione temporanea. Era il 16 luglio del 1936. Soltanto sei giorni dopo, il 22 luglio, sarà arrestato con tutti i membri della comunità oblata di Pozuelo.

Martirio

Dopo due giorni di prigione nel proprio convento, trasformato in carcere, è portato con i suoi compagni al centro di Madrid, Direzione Generale di Sicurezza. Justo, con i suoi fratelli oblati, il giorno dopo sarà rimesso in libertà, ma disorientato nella Capitale spagnola senza saper dove andare. Si rifugia con un suo cugino in casa di una famiglia, finchè sarà arrestato un’altra volta e condotto al carcere di San Antòn. Da qui sarà portato via con altri dodici Oblati il 28 novembre 1936 per essere martirizzato a Paracuellos del Jarama. Aveva appena compiuto 20 anni.

Già da bambino…

Venne al mondo per essere santo e mai perse di vista la sua meta. Condusse una intensa vita di preghiera, coltivando un cuore nobile, buono, pacifico e portatore di pace. Durante l’infanzia, andava a scuola, assisteva tutti i giorni alle catechesi che il parroco teneva sotto al portico della chiesa prima di recitare il rosario. Tutti i giorni aiutava a servir messa e riceveva il sacramento della riconciliazione con frequenza. Due aneddoti possono aiutarci a capire la sua profonda vita di pietà.
Racconta suo cugino e suo coetaneo Julián, che aveva convissuto con lui da bambino: “Ricordo che morì un familiare e quando lo portarono in chiesa, invitò me e un gruppo di bambini ad andare con lui a pregare il Padre Nostro”.
L’altro aneddoto ce lo racconta sua sorella: “A soli otto anni, mi disse un giorno: «Lo sai che Paco è il fidanzato di Constancia (una sorella più grande)?» E io gli dissi: «E il mio chi è?»  E lui mi rispose: «Il tuo è Gesù». Aveva già sentito che io volevo diventare suora…”
P. Olegario Domínguez, che aveva convissuto con lui nel seminario minore, racconta di come lo impressionò: “Tutti i miei compagni li ammirai sempre per la loro precisione, generosità e fedeltà in ciò che gli si chiedeva, specialmente Justo, che fu nominato dai superiori, responsabile dei piccoli. Ricordo che richiamava la nostra attenzione con molta delicatezza e impediva anche che ci fossero dei litigi.”

…e da ragazzo


Già a Pozuelo, Justo si rese conto che l’ambiente ostile era molto teso contro tutto ciò che era religioso , come si poteva appunto constatare dagli incendi e saccheggi di chiese e conventi.
P. Pablo Fernández descrive la crescente avversione nei confronti degli Oblati da parte dei nemici della fede: “Gli Oblati di Pozuelo erano molto apprezzati e valorizzati dai credenti, e convocati ad assistere a riunioni e celebrazioni religiose, sia nelle feste patronali, sia in altre solennità. Erano anche chiamati per gli esercizi spirituali. A questa buona fama tra i credenti, era contrapposta l’avversione e l’inimicizia, dovute all’odio per la fede, di gruppi estremisti, anarchici, ecc… Questo clima ostile era dovuto al fatto che la comunità dei Missionari Oblati promuoveva la vita cristiana non solo a Pozuelo, ma anche nei dintorni: Aravaca, Majadahonda y Húmera”
Riguardo la previsione del martirio, aggiunge: “Nei giorni precedenti al 22 luglio, anche se non uscivano dal convento, senza dubbio erano testimoni di ciò che succedeva intorno: il fumo che vedevano provenire dagli incendi delle chiese e dei coventi di Madrid, l’andare e venire dei miliziani per le strade, le minacce dirette quando passavano davanti al convento, provocandoli, dicendo: “ A morte i frati!” Tutto ciò fece sì che la comunità prevedesse che, da un momento all’altro, sarebbero andati lì per loro. Tanto è vero che quando arrivarono, il fratello custode avvisò P. Delfín Monje dicendogli: ”Sono già qui!”.
Il trattamento che ricevettero in carcere, raccontato da alcuni testimoni oculari, fu spietato, con molto disprezzo, patendo il freddo, la fame, tanta miseria e per di più, pieni di pidocchi. Non ricordo più a quanti interrogatori furono sottoposti. Il comportamento dei Servi di Dio in prigione fu di serenità, di enorme fiducia in Dio, il quale era da loro invocato ripetutamente (…) Voglio sottolineare che i formatori sopravvissuti rimasero sempre a capo di quella piccola comunità anche nella prigionia. Mai si sottrassero alle loro responsabilità. Gli Scolastici, dal loro canto, mantennero sempre, in ogni momento, il rispetto e l’obbedienza ai loro Superiori.
Il loro comportamento prima del martirio fu di enorme serenità, di controllo di sé stessi e di preghiera al Signore. Il movente che li guidava era il desiderio di compiere la propria oblazione, fino al punto che uno dei sopravvissuti mi disse: “Mai sono stato così preparato a morire, come in quei momenti”.


Fonte:
www.martiripozuelo.wordpress.com

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Aggiunto/modificato il 2012-07-07

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