Lorenzo De Rusticis nacque a Torino alle 2:40 del 7 luglio 1912, all’epoca festa dei santi Cirillo e Metodio, da una famiglia cristiana e praticante. Venne battezzato tre giorni dopo nella parrocchia della Madonna degli Angeli, con i nomi di Lorenzo Paolo Luigi Carmelo, ma per i cari fu semplicemente Renzino o Renzo. La sua famiglia si trasferì successivamente nel territorio della parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, retta dai padri Cappuccini.
Da bambino si dimostrò sveglio e desideroso di apprendere sempre cose nuove, come appurarono le Suore Francescane Missionarie d’Egitto, che l’ebbero in cura negli anni dell’asilo e fino alla terza elementare, quando si trasferì alla scuola pubblica “Vincenzo Monti”. Anche lì, come alle scuole medie (frequentate anch’esse parte in una scuola cattolica, retta dai padri Rosminiani, parte alla comunale, per garantire un trattamento equo ai suoi fratelli) fu uno studente brillante, sempre promosso a pieni voti, tranne in educazione fisica, dove, a causa della sua costituzione, aveva appena la sufficienza.
Di carattere era gentile ed amichevole ed era molto affezionato ai suoi genitori. Egli stesso, però, ammetteva di essere un po’ “tachis”, vale a dire ostinato nel perseguire i suoi obiettivi. Lo fu anche quando riconobbe di sentirsi chiamato da Dio, come raccontò in alcuni appunti manoscritti, provvidenzialmente giunti fino a noi.
Il giorno in cui iniziò ad avvertirle la vocazione fu mercoledì 18 agosto 1926: mentre si stava dirigendo coi suoi familiari a trovare una famiglia amica presso Moriondo Po, s’imbatté nel parroco del luogo, che invitò i De Rusticis a casa sua dopo pranzo. Quando furono usciti dalla casa del sacerdote, una zia, Margherita, si rivolse al nipote: «Anche tu potresti farti parroco ed avere una parrocchia».
Il ragazzo rimase molto turbato e lo fu maggiormente l’indomani, quando lesse le biografie di san Giovanni Bosco e san Giuseppe Cafasso, all’epoca rispettivamente Venerabile e Beato. Per avere la certezza che fosse davvero volontà di Dio, pregò la Madonna che avvisasse lei suo padre nel lasso di tempo fra il 26 agosto e il 30 settembre, altrimenti avrebbe proseguito gli studi con le scuole complementari. Il foglietto su cui espresse per iscritto quella preghiera andò smarrito la sera del 5 settembre, giorno in cui iniziò a palesare la sua scelta alla madre. L’indomani sentì lei e la zia che parlavano di lui dopo aver menzionato una ragazza che stava per farsi suora; poco dopo, ritrovò il foglietto sulla scrivania del padre. I suoi gli suggerirono, per maggior sicurezza, di attendere un anno prima di decidersi. Non fu una dilazione inutile, perché l’aiutò a comprendere che non doveva diventare sacerdote diocesano, ma religioso nei Cappuccini.
Con una lettera datata 29 maggio 1927 provò a ribattere alle probabili ulteriori obiezioni dei suoi, causate anzitutto dalla salute e dal costo degli studi. «Se il Re mi chiamasse come suo ministro – scrisse – non mi lascereste andare? Certamente sì, e questo Re che mi chiama è nientemeno che il Re dei Re, il Padrone, il Fattore di tutto l’universo». Quanto al perché volesse farsi Cappuccino, lo spiegava con un desiderio di staccarsi dalle cose del mondo, avvertito con forza quando visitò il Monte dei Cappuccini a Torino.
Infine i suoi cedettero e in autunno, probabilmente il 19 settembre, giunse al Seminario Serafico, all’epoca a Revello, accompagnato dai suoi e da alcuni amici. Dopo aver partecipato ai solenni festeggiamenti per il settimo centenario della morte di san Francesco, sia a Ceva che a Revello, iniziò la scuola l’11 ottobre. Anche lì si distinse per ottimi risultati in tutte le materie, desideroso com’era di entrare in noviziato quanto prima. Non perse il suo carattere allegro, come testimoniano le lettere spedite ai familiari.
Il trasferimento in noviziato, presso Racconigi, venne deciso per il 17 settembre. Il 22 i nove futuri frati intrapresero i loro Esercizi Spirituali, al termine dei quali, il mattino del 30, vestirono il saio ed il cordone francescano. Il nuovo nome con cui Lorenzo si sarebbe chiamato da allora in poi fu Luigi.
Nell’anno di noviziato canonico fra Luigi si comportò con esattezza in tutti i suoi doveri, ma ogni tanto appariva lievemente distratto. Fu anche molto generoso verso i confratelli e verso quelli che entrarono in noviziato dopo di lui.
Lunedì 1 ottobre 1929 i sette novizi (due avevano lasciato, ma si fecero religiosi altrove) emisero la loro Professione Semplice e la settimana successiva partirono per Villafranca, dove frequentarono il Liceo e gli studi di Filosofia Scolastica. Nel secondo anno lì trascorso, si notò un cambiamento nel contegno di fra Luigi: non guardava più in giro durante i momenti di preghiera in comune, ma teneva gli occhi bassi. Ogni occasione, per lui, era utile per compiere piccoli atti di amor di Dio o per far visita a Gesù nel Santissimo Sacramento. Più che lunga, la sua preghiera era intensa e frequente.
Quanto alle devozioni, amava il Sacro Cuore, ma senza sentimentalismi, confidava nel materno aiuto della Vergine Maria. Nell’Ordine cui apparteneva, s’impegnò ad imitare san Francesco d’Assisi e pregava per la beatificazione di padre Ignazio da Santhià, che da pochi anni era stato dichiarato Venerabile.
Nel 1932, passati brillantemente gli esami, il giovane fu ammesso a frequentare il corso di Teologia a Busca. Tempo dopo, la sua famiglia affrontò alcuni disagi finanziari: quando i genitori vennero a trovare il giovane, li invitò il padre a pregare con lui.
Superata quella prova, ne venne un’altra ancora più terribile. Fra Luigi, che non era mai stato di fibra robusta, si ammalò di quella che al medico del convento appariva una comune influenza. Condotto a Cuneo per effettuare alcune radiografie, apprese di avere la tubercolosi: tutti e due i polmoni erano stati intaccati. Accolse la diagnosi con tale serenità che, quando un compagno venne a trovarlo in lacrime, commentò: «Abbiamo studiato tanta Teologia… a cosa che servirebbe se non sapessimo farne uso nelle prove?».
Il 15 marzo 1934 lasciò quindi Busca per il sanatorio San Luigi di Torino, luogo che non godeva di ottima fama quanto a guarigioni. Non gli dispiaceva tanto di morire, quanto di far soffrire i suoi familiari. I medici tentarono tutte le cure possibili per salvargli la vita, incluso un pneumotorace ad entrambi i polmoni, ma quando il paziente ebbe un versamento pleurico non ci fu più nulla da fare.
Il 10 novembre ricevette l’Unzione degli Infermi. In una lettera dettata l’indomani e diretta al Padre Direttore, oltre a lasciare alcuni suoi libri a certi confratelli, dichiarò: «Ora sono completamente contento e preparato a qualsiasi cosa». Ormai era così affaticato da non poter nemmeno leggere, ma volle ugualmente un Vangelo.
Fra Luigi morì alle sei del mattino del 2 dicembre 1934, in silenzio. I suoi resti mortali riposano presso il Convento del Monte dei Cappuccini di Torino.
Per informazioni:
Convento del Monte dei Cappuccini
Piazzale Monte dei Cappuccini, 3
10100 Torino
Autore: Emilia Flocchini
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