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Carora, Venezuela, 21 ottobre 1895 - Camaiore, Lucca, 7 settembre 1944
Salvador Montes de Oca, nacque il 21 ottobre del 1895 a Carora, Estado Lara, dopo gli studi nel seminario di Barquisimeto fu ordinato sacerdote nel 1921, ed a soli 32 anni fu nominato come secondo Vescovo di Valencia in Venezuela. Questo mandato lo svolse tra il 20 giugno 1927, ed il 22 dicembre 1934 tra tante peripezie, difatti dopo soli due anni dalla sua nomina monsignor Montes de Oca a causa della pubblicazione di un articolo sul giornale “La Religione” di Caracas, riguardante la posizione della Chiesa contro il divorzio, venne espulso dal suo paese accusato di ribellione contro la “sovranità nazionale”. Tale provvedimento fu voluto dall’allora Presidente Juan Bautista Pérez., che fece arrestare il religioso, imbarcandolo successivamente su di un battello e costringendolo ad andare in esilio a Port of Spain a Trinidad. Sia quando era in patria, sia durante il periodo del suo esilio monsignor de Oca, non smise mai di sostenere il suo popolo offrendo protezione e solidarietà ai perseguitati del regime politico, che presieduto da Pérez, era in realtà governato dal dittatore Juan Vicente Gomez. La notizia dell’espulsione del vescovo dal Venezuela, aprì un conflitto tra il vescovado dell’intera nazione ed il regime, ciò risultò estremamente scomodo politicamente per il governo Gomez, quindi egli stesso, nel frattempo diventato Presidente, decise sotto pressione, di sospendere l’esilio autorizzando il rientro in patria del combattivo Vescovo. Dopo esser ritornato in Venezuela Montes de Oca scelse però di rinunciare al suo incarico, e pur mantenendo il titolo onorario di Vescovo Emerito di Valencia decise di trasferirsi in Italia, ma soprattutto optò di entrare nell’Ordine certosino. Questa scelta radicale lo portò a giungere in Toscana, per entrare nella certosa di Farneta, a Maggiano, presso Lucca. In questo luogo vi entrò come novizio prendendo il nome di Bernardo, e dove visse in austerità, meditazione e preghiera nel silenzio claustrale. Purtroppo però il suo destino era segnato, poiché sfuggendo alla dittatura del suo Paese non immaginava che immerso nella quiete dell’eremo certosino, potesse trovarsi coinvolto nei tragici eventi legati alle barbarie naziste. Rimase infatti coinvolto nella strage nazista compiuta nei confronti della comunità monastica di Farneta, rea di aver dato ospitalità a diversi perseguitati politici. Fu ucciso da una mitragliata il 7 settembre 1944, all’età di 49 anni, ed il suo corpo fu gettato in una fossa comune dove fu poi ritrovato nel 1947. I suoi resti mortali furono riconosciuti, e poi trasferiti in Venezuela, dove riposano nella Cattedrale di Valencia. In onore del martire certosino, a Valencia vi sono diverse strade a lui intitolate, nonché una piazza con al centro una splendida scultura in marmo e bronzo per tener viva la sua memoria. Il suo ricordo resta vivo, grazie anche alle periodiche celebrazioni che avvengono nella sua città e che voglio mostrarvi con il video che allego, tratto dal 65° anniversario della sua morte occasione dalla quale è partita la causa di beatificazione sostenuta dall’episcopato venezuelano.
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I primi anni
Salvador Montes de Oca nacque nella cittadina di Carora, nel comune di Torres, a poca distanza da Barquisimeto, capoluogo dello Stato di Lara in Venezuela, il 21 ottobre 1895; era uno dei cinque figli di Andrés Montes de Oca Zubillaga e di Doña Rosario Montes de Oca Perera.
Dopo gli studi primari nella città natale, allievo di Lucio Montes de Oca, entrò nel seminario di Barquisimeto e, dopo essere stato notato per le notevoli qualità sia personali che di studio dal suo vescovo diocesano Aguedo Felipe Alvarado Liscano, nel 1914 fu da lui accompagnato a Roma per continuare la preparazione presso il Pontificio Collegio Pio Latino Americano. Si trattenne in Italia diversi anni per poi fare ritorno in Venezuela, terminndo gli studi presso il Seminario arcivescovile "Santa Rosa da Lima" di Caracas.
Ordinato sacerdote il 14 maggio 1922 a Barquisimeto dal vescovo Alvarado Liscano, celebrò la prima Messa a Carora, sua città natale. A Barquisimeto divenne segretario del vescovo, direttore spirituale del seminario diocesano "della Pastora" e cappellano del Santuario della Paz.
Vescovo di Valencia
Alla morte del primo vescovo di Valencia, Francisco Antonio Granadillo, avvenuta il 23 gennaio 1927, il Congresso venezuelano inserì il nome di Salvator Montes de Oca nella terna di nomi presentata al papa, nonostante fosse ancora trentaduenne e fossero trascorsi appena cinque anni dalla sua ordinazione sacerdotale; fu quindi nominato da papa Pio XI il 20 giugno di quell'anno secondo vescovo di Valencia, capitale dello Stato di Caraboto e terza città del Venezuela. La consacrazione avvenne il successivo 23 ottobre per mano del nunzio apostolico Fernando Cento, arcivescovo titolare di Seleucia Pieria e futuro cardinale, assistito da Marcos Sergio Godoy, vescovo di Zulia, e da Enrique María Dubuc Moreno, vescovo di Barquisimeto.
Nei due anni successivi Montes de Oca assunse delle nette posizioni di difesa dei perseguitati politici e dei carcerati per gli stessi motivi, scontrandosi con le autorità sia locali che nazionali. Il 4 ottobre 1929 fece leggere in tutte le parrocchie della sua diocesi il suo scritto Istruzione sul matrimonio, nel quale ricordava la posizione della Chiesa sull'indissolubilità dello stesso. Il testo fu pubblicato anche, sul giornale diocesano El Observador, provocando uno scontro frontale con il governo venezuelano presieduto da Juan Bautista Pérez, insediatosi il 30 maggio 1929 ma considerato un governo fantoccio in realtà controllato dal ventennale potere dittatoriale di Juan Vicente Gómez, comandante in capo dell'esercito e già presidente della Repubblica. Tale scontro portò all'espulsione di Montes de Oca, con atto firmato da Pérez, l'11 ottobre successivo, con l'accusa di ribellione contro la sovranità nazionale.
Il vescovo, che aveva portato una copia del suo scritto al quotidiano La Religión di Caracas affinché fosse pubblicato e avesse così una più ampia diffusione, fu arrestato a Los Teques e obbligato a imbarcarsi nel porto di La Guaira su un vapore diretto a Port of Spain, nell'isola di Trinidad, all'epoca colonia appartenente al Regno Unito. Qui fu accolto fraternamente dall'arcivescovo di Port of Spain, il domenicano irlandese John Pius Dowling, e dai Padri Domenicani dell'isola, e prese la decisione di occuparsi dell'assistenza spirituale dei circa quattromila cattolici di lingua spagnola residenti a Trinidad; successivamente però fu costretto a partire per l'Europa.
L'espulsione del vescovo di Valencia creò una forte tensione tra il governo e l'episcopato del Venezuela: il nunzio apostolico, Fernando Cento, presentò al presidente della Repubblica una nota di protesta il 12 ottobre, giorno successivo al decreto di espulsione, cui seguì il 16 ottobre quella dell'arcivescovo di Caracas Felipe Rincón González. A tal proposito ebbe inizio una lunga serie di incontri tra le parti nel tentativo di trovare una soluzione al problema, che risultava estremamente scomodo per il governo venezuelano. La questione fu risolta soltanto quando, rimosso dalla presidenza Pérez, tornò al potere il 13 luglio 1931 il generale Juan Vicente Gómez che, sotto forti pressioni interne, il successivo 3 agosto revocò l'espulsione di Montes de Oca e lo autorizzò a tornare in patria. Il 10 ottobre 1931 Salvador Montes de Oca sbarcò quindi nel porto di La Guaira per poi riprendere la sua attività pastorale.
Il 18 marzo 1934 partì per Roma per la visita ad limina a papa Pio XI, ma soffrì di un violento attacco di peritonite. Nel frattempo iniziarono a giungere in Vaticano una serie di calunnie contro di lui, aventi origine nella stessa Valencia, che lo portarono il 22 dicembre 1934 a lasciare, da Roma, il governo della diocesi, che rimase vacante per quasi tre anni fino al 29 agosto 1937, quando venne nominato come suo successore Gregorio Adam Dalmau; fu tuttavia nominato vescovo titolare di Bilta.
In Italia entrò prima nella Congregazione del Santissimo Sacramento, meglio conosciuta come Padri Sacramentini, ma successivamente, desiderando una vita più austera dedicata alla preghiera e alla solitudine e al silenzio, optò per l'ordine certosino. Nel 1940 rinunziò anche al titolo vescovile di Bilta.
La morte
Nel 1943 diventò novizio con il nome di padre Bernardo presso la Certosa dello Spirito Santo a Farneta, a sette chilometri da Lucca.
In quel periodo, nei pressi della Certosa si venne a trovare un reparto di rifornimento della 16. SS-Panzergrenadier-Division "Reichsführer-SS" e spesso i soldati tedeschi si recavano dai monaci per chiedere del cibo; inoltre si servivano saltuariamente del contributo come interprete del maestro dei novizi, dom Pio Egger, svizzero di lingua tedesca, anche al di fuori del monastero. Durante gli anni della seconda guerra mondiale i monaci della Certosa non esitavano ad aprire le porte del monastero a sfollati, ebrei e perseguitati politici, senza distinzione di partiti, di nazionalità e di religione; i tedeschi si insospettirono per alcune presenze ritenute "non permesse dalle leggi germaniche" all'interno del cenobio.
Alle 23:15 della notte tra il 1º e il 2 settembre 1944, mentre i monaci si apprestavano a cantare il mattutino, bussò al portone della Certosa il sergente Eduard Florin, conosciuto dall'anziano fratello converso portinaio Michele Nota; con la scusa di consegnare un pacco urgente si fece aprire, e subito un drappello di una ventina di soldati fece irruzione perquisendo l'intero complesso e radunando i monaci e i civili, che non riuscirono a fuggire o a nascondersi, in una stanza della portineria. Il mattino seguente i militari tedeschi obbligarono i religiosi a togliersi il saio e ad indossare abiti civili; quindi un gruppo, composto dal priore don Martino Binz e da padre Egger, viene trasferito con un camion a Nocchi di Camaiore, nel capannone di un vecchio frantoio, dove, la sera stessa, furono raggiunti dagli altri prigionieri provenienti dalla certosa.
Per alcuni giorni i reclusi furono sottoposti ad atti di violenza nel vecchio frantoio, e solo la mattina del 6 settembre il gruppo dei monaci certosini venne diviso in due gruppi: quelli "abili al lavoro", da deportare in Germania, e gli invalidi, da eliminare. Il padre priore, il maestro dei novizi, oltre al procuratore don Antonio Costa e al novizio Bernardo Salvador Montes de Oca, furono condotti alla Rocca Malaspina di Massa, usata all'epoca come carcere. Il giorno seguente, 7 settembre, i prigionieri furono costretti ad affrontare un lungo percorso a piedi, nel corso del quale il priore Binz e don Bernardo, con i polsi legati dal fil di ferro, furono uccisi a colpi di mitra alle spalle perché incapaci di camminare: i loro corpi furono cosparsi di benzina e dati alle fiamme, poi gettati in un fosso e coperti da poche palate di terra.
Gli altri dieci certosini, in età compresa tra i 39 e i 74 anni, furono trucidati la mattina del 10 settembre in quello che è conosciuto come la strage di Farneta, parte di una più ampia operazione di sterminio dei prigionieri denominata strage delle Fosse del Frigido che avvenne proprio nei giorni 10 e 16 settembre: in gruppetti di due o tre per volta furono prelevati con una camionetta e trasportati nel luogo designato, fatti scendere e uccisi con un colpo alla testa dopo essere stati impiccati con del filo spinato.
I certosini presenti a Farneta al momento dell'irruzione tedesca erano 28. Di essi 16, riconosciuti validi al lavoro, dopo essere stati rinchiusi nella caserma Dogali di Carrara dove furono sottoposti a violenze, furono poi avviati al campo di concentramento di Fossoli. Il vescovo di Carpi, il cappuccino Vigilio Federico Dalla Zuanna, ottenne dal comando tedesco che partissero per la Germania solamente i dieci "fratelli laici", pratici del lavoro manuale, i quali furono deportati a Berlino per essere liberati solamente nel febbraio del 1945; gli altri, sacerdoti o studenti, furono affidati in custodia al vescovo e quindi salvati.
Il sergente Florin, processato dal Tribunale militare di Bologna nel 1948, fu assolto per non aver commesso il fatto; il tenente Hermann Langer, diretto superiore di Florin, assolto in primo grado dal Tribunale militare di La Spezia il 10 dicembre 2004, in appello fu riconosciuto colpevole e condannato in contumacia all'ergastolo, sentenza emessa nel 2005 da un tribunale militare italiano a Roma.
Nel 1954, a dieci anni dai tragici avvenimenti di Farneta, il Comune di Lucca fece apporre una lapide alla porta principale della Certosa con il seguente testo: “Nei tristi giorni della servitù, vi fu chi cercò salvezza dalla incombente minaccia di morte fra queste mura, che solo conoscono la pietà e la vita dello spirito, ma ogni speranza fu travolta e alla cecità della violenza si aggiunse la beffa del lusinghevole inganno e del cinico tradimento.
Nel decennale della Liberazione il Comune di Lucca e il Comitato cittadino.”
La notizia della tragica uccisione di Salvador Montes de Oca giunse in Venezuela l'anno successivo, provocando un'ondata di commozione e di sincero dolore tra quanti lo avevano conosciuto.
Il ritrovamento del corpo e la sepoltura
Nel 1947, dopo lunghe ricerche in vari cimiteri della zona, in quello di Montemagno, frazione di Camaiore in provincia di Lucca, con la collaborazione di don Antonio Palazzi, certosino sfuggito al massacro, e al paziente lavoro del medico, dottor Andrea Mariotti, furono identificati i resti del padre priore e del vescovo venezuelano, quest'ultimo identificato soprattutto attraverso il calco dentale e gli oggetti a lui appartenuti, quali il breviario che aveva con sé al momento dell'assassinio.
Dopo un rito funebre celebrato nella chiesa parrocchiale di Montemagno, i pochi resti furono riportati in Venezuela da monsignor Rotundaro, che fu, a suo tempo, uno dei seminaristi del vescovo di Valencia, giungendo, nel porto di La Guaira l'11 giugno 1947. Un solenne rito funebre fu celebrato prima a Caracas e successivamente anche a Valencia, dove i resti furono inumati sotto l'altare maggiore della Cattedrale diocesana di Nostra Signora del Soccorso.
Numerose vie e una piazza di Valencia con una grande statua in marmo e bronzo furono titolate al suo nome, e il 5 settembre 2001 Montes de Oca ricevette la medaglia d'oro al merito civile postuma, concessa dal Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi.
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