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Giacomo Mellerio Conte

Testimoni

Domodossola, Novara, 9 gennaio 1777 – Milano, 10 dicembre 1847


Il rilancio dei nostri Oratori nell’Ottocento ebbe nell’umile barbiere di San Babila, Giuseppe Figino, l’intuizione iniziale, che fu raccolta e sostenuta da altri laici del tempo, generosi allo stesso suo modo.
Penso al conte Giacomo Mellerio (1777-1847), munifico benefattore, di raffinata cultura, dalla sconfinata ed intelligente carità. Era stato provato dalla vita: nessuna delle tre figlie desiderate
sopravvisse. Eppure ripeteva sempre: «Abbiamo a che fare con un Dio tutto bontà». Decise di rendere suoi figli tutti i ragazzi poveri e le ragazze bisognose, tutti i poveri e i diseredati e coloro che donavano la loro vita al loro servizio. Sostenne le Marcelline e le Canossiane, donando loro gli edifici nei quali ancora abitano, le Figlie di Maria e le Suore del Buon Pastore, gli Oblati di Rho e quelli di Milano: chiunque si dedicasse ai poveri se lo trovava vicino e di sostegno. A lui dobbiamo i primi Oratori milanesi, quelli di San Luigi, di San Carlo e di Santa
Maria degli Angeli, così come quello costruito a Domodossola per l’amicizia che lo legava ad
Antonio Rosmini: «Sono di una tranquillità singolare - gli scrisse il 16 febbraio 1829 - e capisco di doverla in gran parte alla lettura dei vostri libri. Ho riletto or ora l’opuscolo sulla Provvidenza, e vedete che lo metto a profitto!». Egli era, infatti, convinto che «Il Signore vede
i nostri bisogni ed esaudirà le nostre preghiere, provvedendovi meglio di come noi sapremmo immaginare».
C’era un vincolo preciso nelle sue donazioni: educare i ragazzi, formare i giovani, diffondere il Vangelo in terre lontane. Fu, in effetti, generoso sostenitore di Propaganda Fide in Roma e dell’Opera per la Propagazione della Fede di Lione, dei missionari inviati da Rosmini in Inghilterra e di John Henry Newman dopo il suo passaggio alla Chiesa romana, dei cattolici irlandesi ancora oppressi dalle leggi di discriminazione e dei Luoghi Pii di Terrasanta. Ciò che lo animò nel suo inesausto desiderio di bene, lo confidò lui stesso e può servire anche a noi: «Fare quello che si può, e confidare in Lui come se nulla si fosse fatto; ecco la vera filosofia
cristiana, i cui principi cerco di imprimermi bene nel cuore e nella mente, come quelli che solo possono mantenermi nell’impegno».


Autore:
Ennio Apeciti


Fonte:
Milano Sette, 11 novembre 2012

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Aggiunto/modificato il 2012-12-09

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