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Venerabile Jerzy Ciesielski Padre di famiglia

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Cracovia, Polonia, 12 febbraio 1929 - Egitto, 9 ottobre 1970

Papa Francesco lo ha dichiarato Venerabile il 17 dicembre 2013.



Santità genera santità, preti e laici possono reciprocamente aiutarsi e sostenersi: così almeno è stato tra don Karol (il futuro papa Wojtyla) e Jerzy (Giorgio) Ciesielski. Quest’ultimo nasce a Cracovia il 12 febbraio 1929: giovane brillante, dal fisico atletico, appassionato di sport, adesso dicono fosse anche un “gigante dello spirito”. A testimoniarlo, e in modo autorevole, è stato proprio il suo antico curato, al quale oggi è legato da una singolare coincidenza: proprio a pochi mesi dalla canonizzazione di papa Wojtyla, Giorgio ha compiuto il primo significativo passo verso la beatificazione, perché di lui sono state riconosciute le virtù eroiche.
Sprizza gioia, vitalità e sano agonismo da tutti i pori, fa parte della nazionale polacca di basket, ha una grande passione per la montagna e la canoa. Anzi, forse all’inizio sono proprie queste ultime a legarlo a don Karol, a cominciare dal 1949, quando questi inizia il suo ministero di vice-parroco nella parrocchia di San Floriano, per proseguire poi quando due anni dopo diventa cappellano degli universitari. Giorgio, cresciuto nello scautismo, è particolarmente attratto dagli incontri e dalle escursioni di quel gruppo giovanile che in don Karol ha la sua guida spirituale e che subito ribattezzano Wujek (cioè “zio”). “Don Karol stava insieme a noi sia durante le gite sia ai concerti, al teatro, al cinema. Parlavamo in occasione delle escursioni, intorno al falò, durante i colloqui organizzati nelle nostre case. Con lui discutevamo sia i problemi del fidanzamento sia quelli riguardanti la vita coniugale, durante lunghi colloqui individuali. Ancora oggi non riesco a capire come facesse a trovare il tempo necessario”, ricorda oggi la vedova di Giorgio. Questi, del gruppo, per le sue doti organizzative e per il suo dinamismo, anche senza volerlo è l’indiscusso leader e all’interno di esso trova anche il suo amore, innamorandosi di Danuta Plebaczyk.
Infatti, Giorgio “non aveva dubbi che la sua vocazione non era il sacerdozio o la vita religiosa”. Convinto  che “anche i laici sono chiamati a diventare santi” (e questo molto prima che il Concilio lo dichiarasse), non ama le mezze misure, né si accontenta di piccoli traguardi, perché si sente “creato per cose più grandi”, come lo stesso Wojtyla scriverà. “Che io tratti la mia fidanzata come il Tuo dono e la ami con il Tuo amore, il cui esempio ci hai donato mediante il Tuo amore per la Chiesa. Che io prenda a cuore l’ideale del matrimonio cattolico e consideri la sua realizzazione l’impegno principale della mia vita”, annota Giorgio ed in queste parole c’è la sintesi del suo fidanzamento e il programma della sua vita coniugale. Insieme a Danuta prepara con cura la celebrazione del sacramento con l’aiuto di don Karol, che insieme a loro vive anche due giorni di ritiro nell’imminenza delle nozze: entrambi sono convinti, come scrive Giorgio, che “il matrimonio non è soltanto una questione di due persone. È la questione di due persone di fronte a Dio che è il Creatore e il Fine sia di ciascuna di esse, sia della stessa coppia di sposi”. Il matrimonio viene celebrato il 29 giugno 1957 e benedetto dallo stesso don Karol, che anni dopo ricorderà: “Nel vedere come lui stesso si preparava al matrimonio, come rifletteva sul matrimonio, ci convincevamo che veramente il matrimonio e la vita familiare sono una vocazione del cristiano”.
La coerenza di Giorgio, il suo continuo sforzo di far coincidere la vita con la fede professata è per Wojtyla una lezione continua: “ Per me le conversazioni avute con Jerzy su questo argomento sono state una fonte di ispirazione”, specialmente quando al Concilio è in gestazione la Gaudium et spes, come ricorda nel libro “Varcare le soglie della speranza”.  Giorgio si lascia poi conquistare dalla spiritualità dei focolarini e sogna di importarla in Polonia, soprattutto dopo la mariapoli che in forma clandestina riesce ad organizzare a Zakopane nel 1968. All’amico Karol, ormai cardinale, chiede una benedizione particolare sul nascente movimento, ma subito dopo parte per l’Africa. A lui, ingegnere e insegnante del Politecnico di Cracovia, viene offerta una docenza a Kartoum, in Sudan, come visiting professor: all’inizio ci va da solo, poi con la moglie ed i tre figli. Nella notte tra il 9 e il 10 ottobre 1970 il naufragio del battello su cui stanno facendo una vacanza sul Nilo, mentre risparmia Danuta e la figlia maggiore Maria che si trovano sul ponte superiore, si porta via da sottocoperta la vita dei figli Pietro e Caterina insieme a quella di Giorgio, l’uomo che voleva vivere il matrimonio e la famiglia come un vero cammino verso la santità.

Autore: Gianpiero Pettiti

 


 

Verso gli altari come il suo grande amico e maestro che non ebbe la fortuna di vedere diventare Papa. Quel Karol Wojtyla che - celebrando il suo funerale, dopo un tragico incidente avvenuto durante una crociera in Egitto nel 1970 - confidò nell'omelia di provare la stessa tristezza e angoscia vissuta da Gesù nell'orto degli ulivi. Si può riassumere così la vita di Jerzy Ciesielski, laico e padre di famiglia, di cui nei giorni scorsi Papa Francesco ha firmato il decreto che riconosce l'eroicità delle virtù.
È una storia che racconta il Wojtyla degli anni di Cracovia quella dell'ingegner Ciesielski; con quel gruppo di universitari presto divenuti padri e madri di famiglia, accanto al quale il futuro Giovanni Paolo II maturò alcune delle intuizioni fondamentali che avrebbero segnato il suo Pontificato.
Era nato a Cracovia nel 1929 Jerzy Ciesielski, nove anni dopo Wojtyla. Una differenza di età che lo portò a incontrare quel giovane prete come cappellano al tempo degli studi al Politecnico di Cracovia. La sua è la storia degli incontri alla basilica di San Floriano e dello Środowisko - l'«ambiente» - come tutti cominciarono presto a chiamare quel gruppo di giovani che ruotava intorno a don Karol. Del resto Jerzy - cresciuto nello scoutismo - con il giovane cappellano condivideva anche due grandi passioni: la montagna e la canoa. Ed è nel gruppo di universitari che conobbe anche Danuta - la moglie - che sposò nel 1957, con Wojtyla ovviamente come celebrante.
«Don Karol stava insieme a noi sia durante le gite sia ai concerti, al teatro, al cinema - spiegava qualche tempo fa la signora Danuta, ricordando l'atmosfera di quel gruppo -. Parlavamo in occasione delle escursioni, intorno al falò, durante i colloqui organizzati nelle nostre case. Con lui discutevamo sia i problemi del fidanzamento sia quelli riguardanti la vita coniugale, durante lunghi colloqui individuali. Ancora oggi non riesco a capire come facesse a trovare il tempo necessario».
In quelle discussioni si dicevano anche cose molto impegnative. «Un giorno - ricorderà Wojtyla dopo la morte di Ciesielski - fu proprio Jerzy a dire che anche i laici erano chiamati a diventare santi. Parlavamo insieme del matrimonio come via sacramentale alla pienezza della vita della coppia; e del lavoro come componente essenziale della propria vocazione. E questo succedeva ancora prima del Concilio Vaticano II».
Nel frattempo Ciesielski era diventato un professore in quello stesso Politecnico; la famiglia era cresciuta: erano nati prima Maria, poi Katarzyna e infine Piotr. E soprattutto don Karol era diventato il cardinale Wojtyla, l'arcivescovo di Cracovia. Il legame tra lui e le famiglie dello Środowisko - però - era rimasto lo stesso; fu dunque naturale per Ciesielski nel 1968 andare a parlare al cardinale di una nuova esperienza che aveva conosciuto, quella del movimento dei Focolari di Chiara Lubich. E fu con la benedizione dell'amico di sempre che questo laico si fece personalmente promotore della nascita di una Mariapoli in quella Polonia ancora rigidamente comunista.
Ma c'era anche un'altra esperienza che ormai lo attendeva, un'opportunità professionale importante: andare a insegnare per un semestre all'Università di Karthoum, per formare i giovani ingegneri africani. L'accolse con gioia in quello spirito profondo di unità tra i popoli che nel movimento dei Focolari aveva iniziato a respirare. Ma fu proprio durante questa esperienza che si consumò la tragedia: nell'autunno 1970 l'aveva raggiunto la famiglia e lui, che aveva sempre amato i fiumi, il 7 ottobre volle portare i suoi figli in crociera sul Nilo. Il battello su cui si erano imbarcati si ribaltò: si salvarono solo la moglie Danuta - rimasta in albergo - e la figlia maggiore, che trovandosi sul ponte riuscì a mettersi in salvo. Per Jerzy - che era in cabina insieme ai figli piccoli che dormivano - non ci fu nulla da fare.
Il processo di beatificazione è iniziato nel 1985.


Autore:
Giorgio Bernardelli


Fonte:
Vatican Insider

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Aggiunto/modificato il 2015-10-31

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