La recita dell’Angelus Domini è profondamente radicata nella devozione del popolo cristiano. L’uso di salutare la Vergine ogni sera, al suono delle campane di compieta (ora in cui si riteneva fosse avvenuto l’annuncio dell’angelo), cominciò a diffondersi verso la metà del Duecento. Nel 1724 papa Benedetto XIII concesse l’indulgenza plenaria mensile a chi avesse recitato l’Angelus in ginocchio al rintocco delle campane.
Il testo in latino fu approvato nel 1884 da papa Leone XIII, mentre la traduzione italiana ufficiale si trova nel Manuale vaticano delle indulgenze. Consiste in tre strofe alternate: «L’angelo del Signore portò l’annunzio a Maria. Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo». «Io sono la serva del Signore. Si compia in me la tua parola». «E il Verbo si è fatto uomo. E venne ad abitare in mezzo a noi». Quindi ci sono l’invocazione «Prega per noi, santa Madre di Dio. Rendici degni delle promesse di Cristo» e la preghiera finale.
Nel tempo di Pasqua, secondo quanto prescritto da papa Benedetto XIV nel 1742, l’Angelus viene sostituito dall’antifona Regina caeli, composta da un autore ignoto nel X secolo. Il testo, che si recita a cori alterni, comincia con la strofa: «Regina dei cieli, rallegrati, alleluia: / Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia, / è risorto, come aveva promesso, alleluia».
Strettamente legata alla memoria dell’annunciazione alla Madonna è la Santa Casa, la camera in muratura – custodita all’interno della basilica di Loreto – dove secondo la tradizione Maria viveva quando giunse da lei l’arcangelo Gabriele. A mezzogiorno del 25 marzo (ma anche in altri momenti dell’anno liturgico), i devoti della Madonna di Loreto recitano una Supplica che fra l’altro afferma: «L’umanità è sconvolta da gravi mali, dai quali vorrebbe liberarsi da sola. Essa ha bisogno di pace, di giustizia, di verità, di amore e si illude di poter trovare queste divine realtà lontano da tuo Figlio. O Madre, tu portasti il Salvatore divino nel tuo seno purissimo: ottienici la grazia di cercare lui e di imitare i suoi esempi che conducono alla salvezza».
Autore: Saverio Gaeta
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