Anche se la riforma del Calendario liturgico ha spostato la festa di san Benedetto all’11 luglio, molti ricordano la precedente data del 21 marzo, cui fa riferimento l’ancor utilizzato proverbio «San Benedetto, la rondine torna al tetto», per intendere che in questo giorno comincia la primavera.
Tra i fedeli del santo è molto popolare la medaglia-crocifisso, che viene considerata particolarmente efficace per ottenere una buona e santa morte e, più in generale, come aiuto contro le tentazioni. L’ispirazione per questo oggetto devozionale viene da un episodio tramandato dal biografo Gregorio Magno, che narrò come il santo si era salvato dal veleno che alcuni cattivi monaci gli avevano messo in una bevanda: «Benedetto alzò la mano e tracciò il segno della croce: il santo segno ridusse in frantumi quel vaso di morte, come se al posto di una benedizione vi fosse stata scagliata una pietra».
La rappresentazione più popolare della medaglia è quella cosiddetta «giubilare», fatta coniare a Montecassino nel 1880 per celebrare il XIV centenario della nascita di san Benedetto. Su un lato della medaglia è incisa la figura del monaco, che regge nella mano destra la croce e nella sinistra la Regola benedettina, e tutt’intorno c’è la frase: «Nell’ora della nostra morte saremo protetti dalla sua presenza». Sull’altro lato c’è la caratteristica croce quadrata, attorniata dalle iniziali di sei versetti in rima con invocazioni al Crocifisso e la rinunzia a Satana.
Secondo i racconti dei contemporanei, san Benedetto morì in piedi e con le mani levate verso il cielo, subito dopo aver ricevuto in chiesa la comunione. Santa Geltrude ha raccontato nelle sue Rivelazioni che, durante un’apparizione, il santo le rivelò: «Chiunque mi ricorderà la dignità per cui il Signore ha voluto onorarmi e beatificarmi concedendomi di fare una morte così gloriosa, io l’assisterò fedelmente in punto di morte e mi opporrò a tutti gli attacchi del nemico in quest’ora decisiva. L’anima sarà protetta dalla mia presenza, essa resterà tranquilla, malgrado tutte le insidie del nemico, e felice si slancerà verso le gioie eterne».
Autore: Saverio Gaeta
|