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Madre Lorenza (Beatrice) Di Rorai Cofondatrice

Testimoni

Loreo, Rovigo, 9 luglio 1890 – Trento, 14 luglio 1930

Beatrice Di Rorai, giovane maestra nativa di Loreo, in provincia di Rovigo e Diocesi di Chioggia, sentendosi incline alla vita religiosa si affidò alla direzione spirituale di don Mario Venturini, cappellano di Cavarzere, dove si era trasferita coi suoi familiari. Indirizzata da lui verso le Figlie del Cuore di Gesù, fondate dalla Beata Maria di Gesù Deluil-Martiny, entrò nel loro convento di Roma nel 1913, ma, a causa di alcuni problemi di salute, fu costretta a uscirne tre anni dopo. Lasciandosi istruire da don Mario e consigliandolo ella stessa, contribuì alla fondazione della Pia Società dei Figli del Cuore Sacerdotale di Gesù (ora Congregazione di Gesù Sacerdote) e, nel 1929, delle Figlie del Cuore di Gesù, attualmente Istituto di diritto diocesano con Casa Madre a Trento. Morì a Trento, nella casa attigua a quella del ramo maschile, il 14 luglio 1930, cinque giorni dopo aver compiuto quarant’anni. I suoi resti mortali, deposti nel cimitero di Trento, sono andati dispersi durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale.



Beatrice Di Rorai nacque a Loreo, in provincia di Rovigo e diocesi di Chioggia, il 9 luglio 1890, figlia di Giovanni e Maria Bonandini, che ebbero anche altri quattro figli.
Nel 1900, la famiglia si trasferì a Cavarzere, vicino Venezia, dove il padre fu nominato segretario comunale. Lì Beatrice, soprannominata Bice, intraprese la propria formazione scolastica: dapprima fu allieva delle Madri Canossiane, poi delle Suore Dorotee di Venezia. Dopo aver conseguito una borsa di studio, frequentò le Magistrali e riportò, a pieni voti, il diploma di maestra. Ritornata in famiglia, fu assunta dalla scuola elementare di Cavarzere come insegnante.
Sentendosi chiamata alla vita religiosa tra le Dorotee, decise di consultarsi con il nuovo cappellano (cioè viceparroco), don Mario Venturini, arrivato a Cavarzere il 27 novembre 1910: si presentò per la prima volta al suo confessionale sul finire del maggio 1911. Il sacerdote intuì presto di avere di fronte a sé un’anima non comune, ma non molto preparata al genere di vita che si prefiggeva, così provvide a formarla lui stesso.
In seguito, fece conoscere a Bice la vita e le opere di Madre Maria di Gesù, al secolo Maria Deluil-Martiny, fondatrice della Congregazione delle Figlie del Cuore di Gesù, di vita contemplativa, dedite alla preghiera e alla riparazione per i sacerdoti (Beata dal 1989). Lui stesso si sentiva affine a quella spiritualità, tanto da aver aderito, ancora seminarista, all’Associazione Anime Vittime (oggi Oblazione con Cristo), che permette ai laici di aggregarsi alla preghiera di quelle suore.
Allo stesso tempo, la mise a parte di un’intuizione che aveva avuto mentre, a letto malato, contemplava un dipinto raffigurante Gesù nel Getsemani: «Il dolore più grande che Gesù provò nel suo Cuore nell’agonia del Getsemani – le scrisse – fu il tradimento dei suoi Prediletti», ossia gli Apostoli e, su più larga scala, quei sacerdoti dimentichi della loro missione fondamentale.
È significativo notare come lo stesso don Mario dichiarò che prese a considerare proprio insieme a Beatrice l’opportunità di far nascere un’Opera maschile, con le stesse finalità delle suore della Deluil-Martiny.
Quando ella gli comunicò di aver capito di non essere più decisa a entrare fra le Dorotee, ma fra le Figlie del Cuore di Gesù, ne fu quindi ben lieto. Non dello stesso parere fu Giovanni Di Rorai: facendo valere la sua carica civile, accusò don Mario di aver plagiato la figlia e arrivò perfino a chiedere di farlo rimuovere dal suo incarico.
Beatrice non si lasciò intimorire e, il 21 novembre 1913, arrivò al monastero delle suore a Roma, in via dei Villini; tre giorni dopo, vestì l’abito da postulante. Subito si diede alla vita di contemplazione e riparazione insegnata da madre Maria, scomparsa appena da trent’anni. Appena possibile scriveva a don Mario, per rinnovare la sua promessa di pregare per l’Opera nascente.
Le sante aspirazioni di Bice si scontrarono, tuttavia, con la sua fragile salute. Nell’inverno 1915 si era già ammalata, ma, una volta ripresasi, proseguì il noviziato. Alla fine, il 4 luglio 1916, le fu comunicato che le conveniva tornare a casa. L’indomani, il padre la venne a prendere: le porte del chiostro le furono chiuse per sempre. La giovane lesse quel grande sacrificio a cui era costretta come conseguenza del fatto che Dio aveva accettato la sua offerta: tutto, anche la sua vocazione, la cosa per lei più preziosa, affinché don Mario potesse far sorgere l’Opera.
Dopo l’iniziale scoraggiamento, la giovane riprese la sua vita ordinaria come se fosse in convento. Intensificò la sua preghiera, concretizzandola in un’offerta vittimale di se stessa e della sua vocazione, per i sacerdoti e per l’Opera. Anche don Mario compì un atto analogo, il 3 maggio 1917.
Negli incontri di direzione spirituale, lei stessa gli dava consiglio, anzitutto raccomandandogli il raccoglimento e il silenzio. Dal canto suo, lui le chiese di trascrivere quanto ricordava delle regole delle Figlie del Cuore di Gesù. La vocazione di entrambi, quindi, cresceva in parallelo.
Finalmente, il 7 dicembre 1926, poté iniziare ufficialmente la Pia Società dei Figli del Cuore Sacerdotale di Gesù, a Cavarzere. Per solennizzare quel giorno, Beatrice e alcune amiche, con cui aveva preso a condividere il suo ideale, avevano preparato una pianeta, ricamata da loro stesse, e tutto l’occorrente per la celebrazione della Messa. Nel 1928 don (ormai “padre”) Mario e i suoi primi compagni si trasferirono a Trento.
Il 3 gennaio 1929 Bice si fece visitare da un medico perché soffriva d’inappetenza e di strani disturbi: la diagnosi fu di un fibroma sotto l’intestino. Aveva paura, ma si affidò all’intercessione di madre Maria Deluil-Martiny e affrontò l’operazione il 18 aprile, a Piove di Sacco (Padova).
Per la convalescenza, le Suore di Carità di Maria Bambina, che l’avevano in cura, le suggerirono di chiedere ospitalità nei paesi di Malé e Caldonazzo, in Trentino. Dietro consiglio di padre Mario, scelse il secondo, alloggiando presso una famiglia vicina alla casa delle suore, in compagnia di sua cugina Ernesta.
Col tempo, prese a chiedersi se non fosse volontà di Dio che quello fosse il luogo della nuova fondazione. La casa di Caldonazzo, però, risultò aver bisogno di lavori e, in aggiunta, era troppo lontana da Trento. Alla fine dell’estate, le aderenti alla piccola comunità rientrarono in famiglia, ma solo per prepararsi alla definitiva partenza: il 30 agosto l’Arcivescovo di Trento, monsignor Celestino Endrici, approvò la loro forma di vita.
Il 9 novembre, quindi, Beatrice e compagne arrivarono a Trento e si stabilirono nella casa lasciata libera dai Figli del Cuore Sacerdotale di Gesù, che nel frattempo si erano trasferiti nella casa di via dei Giardini. Iniziarono a frequentare le chiese del vicinato per la Messa e, silenziosamente, si preparavano al loro momento.
Infine, l’8 dicembre, a tre anni e un giorno dalla fondazione del ramo maschile e con la benedizione del Vescovo, sorse la Pia Società delle Figlie del Cuore di Gesù, composta da Beatrice (madre Lorenza), l’amica di sempre Zaira Zampieri (suor Maria Stefania) e altre due compagne, cui si sarebbe aggiunta in seguito la cugina Ernesta. Alle loro cure fu affidata in seguito l’anziana mamma di padre Mario, Carlotta. All’evento si erano preparate con quattro giorni di Esercizi, predicati dallo stesso Fondatore.
La loro vita prese a scorrere tranquillamente, in sinergia con gli scopi della comunità maschile. Madre Lorenza, personalmente, era convinta che non avrebbe mai fatto davvero parte dell’Istituto, perché, offrendo la sua vita, aveva sacrificato anche la vocazione religiosa.
Verso il maggio 1930, la sua salute ebbe un nuovo tracollo: gli esami clinici dimostrarono che si trattava di tubercolosi intestinale. Dopo un infruttuoso ricovero in ospedale, fu riportata a Trento, in una nuova abitazione attigua a quella del ramo maschile.
Nei suoi ultimi giorni, madre Lorenza dispensò senza sosta consigli alle sue consorelle, anche il giorno del suo quarantesimo compleanno. In quella circostanza, invitata da padre Mario, diede le sue raccomandazioni finali. Nei giorni successivi, il Fondatore ritenne opportuno portarle l’Olio Santo, finché ella era ancora in grado di seguire il rito dell’Unzione degli Infermi. L’intervento fu tempestivo, dato che il 12 luglio entrò in agonia.
A causa dell’avanzare della malattia, non poteva essere spostata, ma necessitava ugualmente di essere accudita. Mentre veniva leggermente sollevata per le operazioni di pulizia, madre Lorenza emise un rantolo lunghissimo. Richiamato dalle grida delle suore, padre Mario accorse per prepararla al trapasso e la dispensò dall’ “ubbidienza” che le aveva dato precedentemente, ossia d’impegnarsi a guarire. Infine, verso le 11, la si udì emettere tre ultimi brevi respiri. I suoi resti mortali, deposti nel cimitero di Trento, sono andati dispersi durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Il 28 novembre 1933, padre Mario Venturini presentò a monsignor Endrici una relazione sulla prima comunità e il 28 aprile 1934 l’Arcivescovo riconosceva benevolmente la comunità religiosa e ne approvava gli statuti, confermati dal successore monsignor Carlo de Ferrari con decreto del 6 novembre 1941. Dal 2 giugno 1978, le Figlie del Cuore di Gesù sono un Istituto di diritto diocesano, le cui regole rinnovate sono state approvate dall’Arcivescovo di Trento monsignor Luigi Bressan l’8 dicembre 2001. Collaborano con quella che ora è chiamata Congregazione di Gesù Sacerdote in tutti i campi previsti dal Fondatore, dedicandosi in maniera speciale alla preghiera per i sacri ministri.


Autore:
Emilia Flocchini e suor Chiara Curzel

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Aggiunto/modificato il 2014-06-12

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